ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL TEMPO
(Sezione:        Pag.     )
venerdì 29 luglio 2005

di FABRIZIO DELL’OREFICE

 

  

 Si chiude un’era Schiaffo a Fini




 

Lo schiaffeto l’ha preso. L’ha anche dato, in verità. Ma intanto l’ha incassato. Il primo. E sembra non sarà l’ultimo. La direzione nazionale di An di ieri mattina si è conclusa con due voti all’unanimità. Il primo sulla relazione di Fini, il secondo su un ordine del giorno che, dopo un lungo tira e molla, finisce con il sancire una piccola bocciatura per il leader da parte dei colonnelli. Ma il dato che emerge da tutta la riunione della direzione del partito di destra è una distanza sempre più incolmabile tra il leader e l’intera classe dirigente. Una distanza che plasticamente si può riassumere nella fotografia della conclusione. I colonnelli che escono e assieme vanno a pranzo in un ristorante; il leader che resta con i giornalisti e i pochi fedelissimi per una conferenza stampa.

Il tutto dopo una mattinata di punzecchiate, colpi bassi e qualche battuta salace. In un clima surreale in cui tutti parlano di politica e tutti evitano l’argomento principale che comunque aleggia per tutta la mattinata: la questione interna, un partito sempre più in crisi. È forse per questo che più che l’inizio o l’esito, di tutta la direzione, diventa più importante quello che accaduto in mezzo. Fini si presenta ai cento che dirigono il suo partito con una relazione da leggere: una novità anche questa perché il presidente di An, anche nei momenti più difficili, ha sempre parlato a braccio. I capi delle due principale correnti, Destra protagonista (Gasparri e La Russa) e Destra sociale (Alemanno e Storace), invece, si presentano con un ordine del giorno in cui dettano la linea del partito. Nel documento, in verità, non ci sono particolari punti di divergenza con Fini. Si ribadisce la linea per il maggioritario con qualche apertura per il proporzionale, via libera al tatarellum. Viene sancito il via libera alla costituente del partito unico. E poi difesa della vita, valorizzazione dell’idea di patria, nuova impulso per la sicurezza dei cittadini, rilancio della lotta agli stupefacenti. Il punto di maggior divisione avviene sull’assetto interno. Nell’ordine del giorno le due componenti (ma è una richiesta che arriva soprattutto da Destra protagonista) puntano a togliere un potere al presidente, quello di nomina dei coordinatori regionali. Si chiede di «avviare gradualmente la più volte annunciata "regionalizzazione" del partito (richiamata dal presidente Fini nell’ultima assemblea nazionale) che in attesa di compiute riforme statutarie, potrebbe prevedere sperimentalmente l’elezione diretta dei coordinatori regionali in alcune regioni pilota». I leader regionali, al momento, sono di nomina diretta e fiduciaria di Fini. Togliere a lui quel potere sarebbe un po’ spuntargli le armi, un po’ come sfilargli in parte il partito di mano.

Il vicepremier capisce tutto e si batte per far cancellare quell’inciso dal documento. In altri tempi e in altre occasioni avrebbe ordinato e basta. Stavolta è costretto a fare la voce grossa, a usare toni gravi: «Con tutto il rispetto, penso di avere una proposta più seria da fare». E cedere un po’, e incassare lo schiaffetto. Non è un punto secondario quello dei coordinatori regionali. Fini ne ha rimossi alcuni colpendo indirettamente i dirigenti del suo partito. Ha tolto di mezzo Alfredo Mantovano dalla Puglia, «reo» di aver criticato nella questione dei referendum, e piazzando Adriana Poli Bortone, sindaco di Lecce, una donna di ferro che non ama il suo predecessore. Anche se la situazione più delicata resta quella della Lombardia, feudo indiscusso di La Russa, dove è stato mandato a casa il larussiano Massimo Corsaro per far posto alla nemica di La Russa Cristiana Muscardini: si prevedono scintille. Forse fuoco e fiamme. La novità più sostanziosa però è nel fatto stavolta che i colonnelli vanno avanti lo stesso, raccolgono le firme e riescono a farsene mettere ben 55 sui 108 componenti della direzione. Ottengono così la maggioranza. Una maggioranza che per la prima volta viene messa nera su bianco, sancita su carta come non accadeva dalla fondazione di An. Fini sente puzza di bruciato, cerca di far sparire quella frase ma i firmatari non mollano e gli ribattono colpo su colpo. Il documento viene corretto, la parte critica viene edulcorata nella speranza che il capo si schiodi dal no secco.

Ma non ci sono risultati e viene depositata la versione strong. Alla fine, lo steso leader, è costretto a trovare una mediazione con la quale la proposta dell’elezione diretta verrà decisa dalla prossima riunione dell’assemblea nazionale che si terrà in autunno. Per il resto la relazione del leader della destra mantiene un profilo basso, evita di toccare punti che possono essere di divisione. Ribadisce che An aderisce al progetto della costituente del partito unico. Ma ci tiene subito a precisare: «Non possiamo commettere passi falsi. Almeno per me - sottolinea - è impossibile, perché sarebbe elettoralmente pericoloso considerare l’ipotesi di arrivare al voto senza i simboli dei partiti». Per farlo, se l’ipotesi dovesse affacciarsi veramente, servirebbe un congresso nazionale straordinario. E dice anche di non credere troppo a un’Italia caratterizzata dal bipartitismo: «È un’ipotesi che vedo come la via di mezzo tra l’impossibile e il remoto».

Spiega che alla costituente del partito delle libertà che si apre domani, parteciperanno per la formazione di via della Scrofa una delegazione al massimo livello. Fini propone una delegazione istituzionale, con il vicepresidente del Senato Fisichella, i ministri, i capigruppo, i presidenti delle commissioni e i membri del comitato di Todi, Maurizio Gasparri, Adolfo Urso e Gennaro Malgieri. Quindi ribadisce, sul piano interno, lo stop alle correnti. Annuncia che prima della nuova direzione di settembre nominerà l’esecutivo politico nazionale. E aggiunge, a braccio, che i componenti di quell’organismo «saranno scelti senza alcun riconoscimento politico delle correnti e delle componenti interne».


    

 

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