ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL TEMPO
(Sezione: Politica       Pag.     )
martedì 14 giugno 2005

di GIULIA CERASOLI

 

  

 «Gianfranco, prenditi un anno sabbatico»

Gaetano Rebecchini, uno dei fondatori di An, già presidente della Consulta etico-religiosa, chiede il conto al leader


 

COME padre fondatore del partito e garante dei presupposti fondanti di Alleanza nazionale, non può tollerare che proprio ora tutto finisca con una pacca sulle spalle. Adesso che i referendari hanno pure perso, secondo lui, Fini non può passarla liscia. Gaetano Rebecchini, ex presidente della Consulta etico-religiosa di An e «grande vecchio» del suo partito, punta il dito sul «capo» in persona. Fini ha sbagliato e Fini deve fare qualcosa, subito, di grande, di fondamentale. Come andarsene o azzerare tutto e ricominciare. Oppure il partito non esisterà più. È spacciato. È troppo grave infatti ciò che ha fatto a lui personalmente e al partito, secondo Rebecchini.

Insomma, intende dimettersi?
«Io? Assolutamente no. L’ho fondato io questo partito. Mi sono autosospeso l’8 giugno, il giorno in cui Fini mi ha offeso per la seconda volta dicendo che gli astensionisti sono "diseducativi". Ma come si permette? Io ho ottant’anni e conosco a memoria i principi su cui è stato fondato questo partito. Che riguardano anche l’embrione, la vita e la morte. Con il suo atteggiamento ha messo in discussione cose di questo tipo. Pesanti. Quasi una sfida antropologica la sua...».

Ma le aveva chiesto scusa.
«Dopo l’annuncio del voto, con una lettera, un incontro e pure la promessa di rimanere in silenzio fino al voto. Ma poi ha rotto il patto e ha fatto quell’intervista! Non ci sono scuse ora».

Che farà adesso?
Alemanno si è dimesso da vicepresidente, mentre Mantovano se n’è andato dall’esecutivo politico. Il partito si sta sciogliendo?
«Sto alla finestra. Rimango sospeso e aspetto di vedere che cosa decideranno gli organi direttivi, domani nell’ufficio politico e poi a luglio con l’assemblea. Poi deciderò, ma sicuramente non passerò da un partito all’altro. E soprattutto mi aspetto qualcosa da Fini. Questa sua frattura con i cattolici è pesante, soprattutto per i contenuti. Uno dei quesiti, il terzo, era il più pericoloso, quello sui diritti dell’embrione. Beh, su quello anche molti laici non potevano essere d’accordo e non lo sono stati infatti...».

Ma ha perso. «È vero ma non può finire così. Lo strappo c’è stato e rimane. Ha contestato i principi fondanti del suo partito. Quindi o non c’è più il partito o non c’è più lui». Per lei, quindi, deve dimettersi?
«Ci sarà un redde rationem molto duro. Per forza. O si dimette da leader o si fa un nuovo partito. Per Fini sarebbe più dignitoso se si azzerassero le cariche e si facesse un nuovo partito. Oppure deve sciogliere il partito e aderire a questo progetto del partito unico del centrodestra».

Insomma, è la fine di An?
«Dipende tutto da Fini. Non tollererò però, comunque vadano le cose, che finisca a tarallucci a vino. Tocca soprattutto a lui trovare un modo per uscirne. Magari si prende un anno sabbatico, che sò... Bisogna vedere che cosa viene deciso nel corso delle prossime riunioni. Se verranno confermati i presupposti originari o se si farà un altro partito con altri principi etici tutti da discutere. Sta tutto sul tappeto. L’esistenza di Alleanza nazionale con i suoi principi e le sue ragioni e anche l’esistenza del suo leader....».


    

 

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