ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL SUD
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Venerdì 5 marzo 2004

Natalia La Rosa

Clelia Fiore, presidente dell'Associazione antiracket messinese, snocciola da ti e amonisce: chi ha chiesto aiuto l'ha trovaato senza mai subire ritorsioni

 

 Solo denunciandi gli estorsori si può smettere di avere paura


MESSINA - Chi ha denunciato tramite le associazoni non ha mai subito ritorsioni: è il gruppo a farti capire che non sei solo, e che puoi dire basta a questa tremenda schiavitù nella quale prima o poi ogni cosa che abbia un valore finisce per essere fagocitata. Clelia Fiore, presidente dal 2000 dell' Asam, l'associazione messinese antiracket, non ha dubbi: il coraggio di dire no deve nascere dal profondo dell'animo di chi subisce un taglieggiamento, ma in tutto ciò viene dopo, sarà l'associzzione ad assicurare il sostegno morale indispensabile per andare avanti in una scelta dalla quale è impossibile tornare indietro. Il sodalizio messinese (la sede è in via Magazzini Generali, 17 tel. 090/661218, aperta ogni mattina da lunedì al venerdì e nei pomeriggi di martedì, mercoledì e giovedì) è nato nel novembre del '96 con la presidenza di Antonio Fiore, al quale è subentrata nel 2000 Clelia Fiore, nominata dall'assemblea di quasi trecento soci, operatori economici della città, commercianti, piccole imprese e artigiani. L'associazione si mantiene con le quote sociali e da due anni, anche con un contributo che la Regione da per le attività, non per la gestione. «Viviamo in una città - spiega la Fiore - in cui aderire all'Asam non è come partecipare ad un'associazione qualunque. Significa premdere l'impegno di denunciare un'eventuale estorsione e ne fanno parte solo le persone che lo hanno già in atto o che comunque non rimarrebbero mai in silenzio. È in se stesso un atto di prevenzione, particolarmente significativo dal punto di vista sociale: la maggior parte dei trecento soci ha già subito un taglieggiamento, o lo sta ancora subendo». E nel '96 l'associazione è nata proprio grazie all'iniziativa di un gruppo di imprenditori sotto estorsione, ad iniziare dal suo stesso presidente, che ancora fa parte del direttivo; «non voglio parlare di grosse percentuali come l'80 o il 90% - avverte la Fiore -, ma di certo una grossa fetta di piccole e medie imprese paga il pizzo».

Come si svolge la vostra attività
«Lungo due direttrici; una pubblica, per la parte legata alla culatura, all'educazione ed è l'attività svolta nelle scuole con progetti mirati. Per esempio nelle Medie consegnano le borse di studio, con supporti didattici e libri al temine di una serie di incontri durante l'anno. Teniamo anche incontri settimanali con le scuole elementari per parlare della legalità, mentre negli istituti superiori sono le stesse direzioni che ci chiamano per partecipare ai progetti avviati con le classi (e prorpio alcuni gruppi di questi studenti saranno presenti oggi nel corso dell'incontro che si terrà alle ore 9 alla facoltà di Giurisprudenza con l' on, Mantovano, il prefetto Ferrigno e le auatorità cittadine)». Grazie all'azione capillare di prevenzione e approfodimento con i giovani sono più volte venute fuori situazioni di disagio, con ragazzi che conoscevano benissimo la condizone dei taglieggiati evedentemente avendola vissuta in famiglia. Ma oltre a questa attività pubblica di prevenzione e cultura ce n'è un'altra più riservata: è l'approccio con gli operatori con gli operatori dai quali tra l'altro provengono indicazioni preziose su quello che accade sul territorio, magari al vicino di saracinesca che però non ha la forza di parlare.

In che cosa consiste esattamente il supporto dell'Associazione Antiracket?
«Anche se non c'è stata una vera estorsione, ma si è solo stati avvicinati da qualcuno che ha chiesto qualcosa, l'associazione assiste e accompagna dal momento della denuncia fino all'eventuale processo in cui il commerciante può costituirsi parte civile, ma può farlo anche la stessa associzione, che è legittimata a stare in giudizio con il negoziante facendogli sentire che non è solo. Lo accompagniamo anche nella domanda di rimborso ai sensi della legge 44 del '99, in caso di danno dimostrato e legato all'estorsione, anche se compiuto da ignoti».

Cos'è cambiato nelle modalità estorsive?
«Il taglieggiamento è l'attività criminosa più redditizia, a costo zero: una rapina è molto più rischiosa. In passato però l'approccio era molto più pesante, con richieste enormi. Ora invece si inizia con richieste di piccolo taglio, e il commerciante magari spesso pensa di potercela fare senza troppe grane. Però non importa la cifra: una volta che ci sottomette al pizzo non si è più al sicuro e le richieste sono destinate ad aumentare. Ci sono poi anche altre forme più subdole, come l'imposizione di assunzioni, fornitori, subappaltatori, e quindi più difficili da combattere»

Come si fa a vincere la paura delle minacce e delle vendette? Cosa spinge a scegliere la strada della lagalità?
«La paura si vince facendo capire che accettare l'estorsione significa diventare schiavi di un meccanismo che mette a rischio la propria attività, comuniciando che si è persone controllabili. Ciò che possiamo dire con certezza, invece è un dato obiettivo chiunque ha denunciato non da solo ma attraverso un sodalizio legittimato dallo Stato a pretendere attenzione, non ha mai subito una ritorsione. Meglio ripiegare (ed è una considerazione davvero triste ndr) sui tanti altri che pagano in silenzio e che, dunque, sono assolutamente indifesi, invece che insistere su più persone che sono al riparo, sottoponendosi alla tutela delle forze dell'ordine».

Per il momento però, purtroppo, questa è la minoranza.
«È vero, il reato di estorsione non è per nulla estinto, anzi è quello che meglio ti permette il controllo del territorio e la criminalità lo sa bene: gli operaori pagano, le imprese pagano e c'è solo una nicchia di fortunati che non ha mai avuto richieste. Ma agli altri noi diciamo: denunciate se ci tenete agli affetti, all'attività, alla libertà, alla serenità. Pagare significa togliere denaro alla famiglia, avere sempre paura, lavorare e fare sacrifici non per se ma per una sanguisuga, in un settore dove, poi magari, si finisce con l'essere schiacciati anche dalle tasse, dalla concorrenza. Quindi per guadagnare di più aumenti i prezzi , perdi i clienti e poi vuoi far lavorare i dipendenti in nero: s'innesca un meccanismo perverso d'illegalità e lo vediamo con operatori che hanno pagato per tanto tempo, e poi si sono irrimediabilmente compromessi».

E il presidente di un'associazione antiracket come vive le sue giornate? Paura per sè o i suoi famigliari?
«La paura può nascere in tanti casi. Per una rapina ad esempio, ma non per questo smettiamo di uscire. La sensazione che ho invece è di conforto quando si lavora insieme con altre associazione nazionali, creando poi rapporti con le istituzioni locali. Credo invece che ancora non sia stata messa nella luce giusta la preocupazione da noi manifestata rispetto agli interessi che si sono scatenati intorno alla costruzione del Ponte. Non voglio entrare nel merito dell'opera, ma documenti e affermazioni anche di alti magistrati hanno evidenziato gli appalti della grossa criminalità su questa opera. Non è possibile che ci sia ancora siulenzio»


    

 

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