ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su LA SICILIA
(Sezione:     LA SICILIA     Pag.    4.)
LUNEDÌ 4 LUGLIO 2005

MIlena Di Mauro

 

 Fini fa mea culpa e ritrova il partito

L'ASSEMBLEA DI AN. Sfiorato lo strappo dopo una notte di fronda. Poi il segretario avvicina i luogotenenti e sul palco tende la mano


 

Roma. L'assemblea nazionale di An si è chiusa senza la frattura nel partito, fino a ieri mattina minacciata dalla Destra sociale di Alemanno e Gasparri. Tutti attendevano la replica del leader di An Gianfranco Fini all'indomani di una prima giornata di lavori dell'Assemblea nazionale del partito che era stata a dir poco rovente e si era chiusa in nottata con un fallito tentativo di mediazione. Il presidente non ha deluso i «colonnelli» ribelli: dopo la guerra scatenata allo stato maggiore del partito, ha impegnato per oltre un'ora il palco dell'Hotel Ergife di Roma per spiegare, soprattutto a Francesco Storace (che aveva minacciato di dimettersi da ministro), che lui «non ha mai avuto intenzione di fare una relazione di rottura». «Chiedo scusa se ho offeso qualcuno». E' partita proprio da qui, dalle scuse di Gianfranco Fini alle «correnti metastasi», la ricomposizione sul filo di lana dell'unità in Alleanza nazionale. Pace alla fine fatta: il partito vota la fiducia a Fini, Fini vota l'ordine del giorno unitario di tutte le correnti dopo una estenuante trattativa sul codicillo in cui si impegna An a «non modificare la legge 40, se non all'esito della sperimentazione prevista dalla legge». Alemanno e Mantovano accettano di cancellare la versione originaria, che imponeva di «non modificare la legge 40, la cui concreta verifica di applicazione compete al ministero della Salute». Una differenza di non poco conto che, al di là dei toni assai concilianti di Fini, segna un punto netto a suo favore. Ma tant'è. All'epilogo unitario si arriva dopo che nella notte si era davvero rischiata la catastrofe. Storace e Alemanno annunciavano di voler votare contro la fiducia a Fini, fallite le trattative su un ordine del giorno unitario proprio a causa delle «irricevibili» modifiche chieste dal vice premier sul referendum. Stamattina però era stato proprio Fini a volere un lungo colloquio con i colonnelli, finito con la firma del vice premier e delle tre correnti sul documento unitario finale. Che, tra l'altro, vincola An ad un superamento del correntismo.

Un impegno che arriva dopo la sfida di ieri e le formali scuse di Fini ai suoi colonnelli. «Chiedo scusa se ho offeso qualcuno - fa ammenda il vice premier in replica -, ho il massimo rispetto e stima per i dirigenti che hanno guidato il partito in questi anni. Non volevo mettere loro sul banco degli imputati. Le metastasi non sono le correnti e i capi correnti. La metastasi è la degenerazione del meccanismo correntizio, di cui io sono il primo responsabile». Non finisce qui il mea culpa di Fini. E tutto ciò che aveva negato sabato ai suoi dirigenti, nella relazione, lo ha concesso ieri. Chiamandoli per nome ad uno ad uno, citando passi dei loro interventi come a rinsaldare un vincolo affettivo mai spezzato. Il referendum? «La scelta di libertà di coscienza è stata foriera di grandi problemi. E' stato un errore». E poi spiega: «La scelta della libertà di coscienza era sbagliata nel modo in cui l'abbiamo presa. Avremmo dovuto riunire l'organismo del partito e dopo averne discusso, forse, saremo giunti alla stessa conclusione. Quindi dico che sul referendum abbiamo sbagliato tutti sul metodo». Fiuggi? «Quando parlo dei nostri valori mi riferisco a Fiuggi e nessuno è autorizzato a dire il contrario». I toni non sono quelli di sabato. Si gira pagina, si guarda alla conferenza programmatica d'autunno, alla rivitalizzazione degli organi statutari, al decalogo di cose da fare da qui a fine legislatura. Nel quale Fini recepisce buona parte delle richieste venute dal partito: difesa dell'identità e dell'interesse nazionale per risolvere la crisi europeista, sicurezza, lotta all'immigrazione clandestina, approvazione del Ddl sulla droga, attenzione a famiglie, anziani e forze dell'ordine.

«Non c'è un presidente che non ha fiducia nel suo partito, non c'è un partito che non ha fiducia nel suo presidente». Fine delle ostilità. «Nessuno ha fatto passi indietro, abbiamo fatto tutti un passo avanti», afferma Fini sapendo di dire una mezza verità. Comunque, niente più sfide, niente divisioni. «Le vivrei come una sconfitta personale e non irrilevante», assicura Fini. Poi se ne va dall'assemblea «molto soddisfatto di come si è superato un momento delicato». Fini si è detto molto soddisfatto per il dibattito e per la sua conclusione che ha visto una «sostanziale unità». Il leader di An, in una conferenza stampa al termine dell'assemblea, ha spiegato che il partito ha superato un momento difficile e che l'unità trovata dimostra la concreta volontà di superare le correnti. Fini ha anche sottolineato come è stato definito il progetto politico che prevede «la volontà di rilanciare l'azione della destra, ma sempre nell'ambito della coalizione»


    

 

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