ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA
(Sezione: Politica  Pag.   10   )
Sabato 20 Settembre 2003

Virginia Piccolillo

Un pool di giudici all’Aja consulterà i documenti sul contratto. Il ministro della Giustizia Batic: ascolteremo tutti i testimoni già entro fine mese

Fassino, arrivata la querela

Ancora scontro tra i Ds e il Guardasigilli Castelli: da voi solo farneticazioni Violante: smentisca ma non offenda


ROMA - Detto, fatto. A due giorni dall’incontro con Roberto Castelli, il ministro della Giustizia serbo, Vladan Batic, annuncia che aprirà un’inchiesta su Telekom Serbia. Un team di magistrati con poteri speciali che fanno capo direttamente al procuratore generale Djordjie Ostojic, volerà nella prossima settimana all’Aja per consultare 50.000 pagine di documenti sull’ affaire . Carte che, secondo l’agenzia di stampa Tanjug, appartengono al processo contro il dittatore jugoslavo Slobodan Milosevic. Un’inchiesta rapida. «L’intento del governo - dichiara il ministro serbo - è di ascoltare i nostri testimoni entro la fine di settembre». L’annuncio di Batic è fatto a fini interni: raccoglie consenso l’ipotesi di recuperare parte del denaro italiano, utilizzato in minima parte per scopi sociali e finito in larga misura sui conti esteri di Milosevic. Ma la notizia rimbalza subito in Italia dove l’opposizione, passata «al contrattacco», soffia sul fuoco delle polemiche. A tenere banco sono due sospetti. Il primo è quello che l’improvvisa voglia di collaborazione giudiziaria serba nasconda un patto segreto stipulato tra Batic e Castelli per ottenere l’estradizione di Emir Sisic, il pilota serbo che abbattè in Croazia un elicottero in missione per conto della Cee con 4 italiani a bordo. Castelli ieri è tornato a smentirlo accusando il centrosinistra di «farneticazioni». Immediata la replica di Luciano Violante (Ds): «Non capisco perché risponda offendendo. Vada a smentire Il Tempo che l’ha scritto, perché deve smentire l’opposizione?».

Il secondo sospetto riguarda Igor Marini. Ai giudici di Lugano aveva dichiarato: «Ora lavoro con mia moglie nell’ambito del programma di protezione, per soli 652 euro mensili per me e 652 per mia moglie». Frasi, citate dall’ Espresso , che hanno spinto Massimo Brutti (Ds) a presentare un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno, per sapere se risponda a verità che Marini sia protetto e retribuito. «La notizia non ha fondamento», assicura il sottosegretario Mantovano. Nessuna autorità giudiziaria lo ha neppure richiesto.

Intanto proseguono le code giudiziarie dello scontro tra i poli. A Torino va avanti l’indagine sulla fuga di notizie riguardo all’interrogatorio di Igor Marini. Si analizza l’episodio relativo a Willer Bordon: il nome del presidente dei senatori della Margherita venne battuto dalle agenzie di stampa, ma lo stesso difensore di Marini, l’avvocato Luciano Randazzo, ha sempre negato che sia stato pronunciato dal superteste. I pm torinesi vogliono sapere chi lo sussurrò ai giornalisti. Intanto oggi viene di nuovo interrogato Thomas Mares, il titolare della Zara International. Secondo Marini si tratta del prestanome di Romano Prodi e Piero Fassino. A sentire Guido Calvi, capogruppo ds in commissione Telekom, è facile che sia la Serbia ad accertare prima di noi la verità: «Visto che non si presenteranno in Jugoslavia Zagami e Marini - dichiara - e mi auguro non vi siano depistatori e burattinai». In realtà lo scenario politico in Serbia non è fra i più sereni ed è recente l’assassinio del capo del governo Zoran Djindjic. L’apertura dell’inchiesta serba, comunque, viene salutata con favore in Italia da maggioranza e opposizione. «Mi sembra giusto che anche Belgrado faccia chiarezza su questa sciagurata operazione», dichiara il capogruppo di An in commissione, Giuseppe Consolo. E Michele Lauria (Margherita) aggiunge: «Già prima dell’avvento di Marini circolavano voci su presunte tangenti su un versante diverso dall’Italia. Infatti si parla del "gatto, la volpe e l’ippopotamo", che sarebbero due serbi e un italiano».

Il centrodestra comunque fa affidamento sulla disponibilità serba alla collaborazione giudiziaria. Le due tornate di interrogatori a Belgrado, già fissati dalla Commissione, aiuteranno nella comprensione dei meccanismi che precedettero e accompagnarono l’accordo. In più ci sono altri testimoni che si vorrebbe sentire. Le indiscrezioni sui 12 testimoni concessi da Batic a Castelli parlavano di Beko, il ministro delle privatizzazioni fedele a Milosevic. Ma circola anche il nome di Ristic, commediografo e affarista molto vicino all’ex presidente jugoslavo. I radicali suggeriscono di sentire Dragan Tomic, che capeggiava la delegazione di affari serba arrivata a Torino nel ’94 e nel ’96 per stabilire i dettagli dell’accordo. Era proprio lui, poi, a gestire il fondo per lo sviluppo della Serbia su cui confluirono i soldi dell’acquisizione Telecom.

È arrivata alla Procura di Bologna la querela del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nei confronti di Piero Fassino in relazione alle dichiarazioni fatte dal segretario ds alla Festa dell’Unità. Riferendosi al caso Telekom Serbia e alle dichiarazioni del teste Igor Marini (nella foto), Fassino aveva detto: «Il burattinaio è a Palazzo Chigi». Nella querela non compaiono i giornalisti che hanno riportato le dichiarazioni di Fassino, ma soltanto il nome di chi ha pronunciato le frasi ritenute diffamatorie.


    

 

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