ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA
(Sezione:  Primo piano      Pag.    3)
lunedì 1 agosto 2005

Gianni Santucci Fiorenza Sarzanini

 

 Caccia ad altri fiancheggiatori in Italia

In cella a Brescia il secondo fratello di Hamdi, aveva distrutto dei documenti


 

In carcere un altro fratello di Hamdi Adus Issac, il terrorista bloccato a Roma per gli attentati del 21 luglio. Fheti Issac, 31 anni, etiope, è stato arrestato a Brescia. L’accusa: distruzione di documenti che gli inquirenti definiscono «rilevanti» ai fini dell’indagine. «Non sono un terrorista e non sapevo che mio fratello fosse un terrorista», avrebbe detto Fheti di fronte agli uomini della Digos. Gli investigatori stanno cercando di inquadrare il suo ruolo nella rete di «appoggi» che ha coperto la latitanza dell’attentatore. Sabato pomeriggio, Ospitaletto, piccolo centro nell’hinterland bresciano. Fheti Issac è in casa della compagna Elvisa, bosniaca, 22 anni. Sta giocando con la figlia di un anno quando arriva la polizia: Fheti ed Elvisa passano il pomeriggio in questura. Lei torna a casa in serata, lui viene trattenuto. Ieri mattina l’arresto, che segue quello di Remzi, l’altro fratello del terrorista già in carcere a Roma.

Fheti Issac, una scia di piccoli precedenti per reati di droga, da anni vive a Brescia. Nessuna residenza fissa. Un permesso di soggiorno non rinnovato.
Giovedì scorso il giovane etiope invia il suo passaporto a Roma. «Era scaduto a febbraio - spiega Elvisa - e lo ha spedito al fratello per farlo rinnovare, ne abbiamo bisogno per i documenti della bambina». Sarebbe per questa pratica che Fheti, venerdì, chiama il fratello al telefono. I contatti coincidono però con l’arresto a Roma di Hamdi, il terrorista che arriva da Londra. È su questi tasselli che si concentrano i sospetti degli inquirenti.

La rete di appoggi che Hamdi Issac ha trovato in Italia «conferma la presenza nel nostro Paese di cellule islamiche autonome, difficili da individuare, che potrebbero rappresentare una minaccia concreta», spiega il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano. Il padre dei fratelli Issac vive ad Addis Abeba. L’uomo arrestato ieri prende le distanze dall’attentatore: «Lui fa la sua vita, io la mia». «Non si sentono dal Capodanno di 2 anni fa - conferma la compagna - e in questi giorni non sono arrivate telefonate».

Sul versante romano dell’inchiesta, ieri gli inquirenti hanno sottoposto Hamdi Issac a un lungo «colloquio investigativo», passaggio previsto dalla legge sul terrorismo appena entrata in vigore. Obiettivo: scoprire se il gruppo del 21 luglio avesse altri componenti oltre i quattro arrestati, kamikaze non entrati in azione o fiancheggiatori. La speranza è che Hamdi inizi a collaborare, per questo gli sono stati prospettati i benefici previsti dalla legge. Domani la convalida dell’arresto.

Si attende invece il verdetto per la richiesta di estradizione avanzata dal governo di Londra. La speranza degli inquirenti romani è di trattenere il terrorista in Italia il più a lungo possibile. Anche se venisse accolta, l’estradizione avrebbe comunque tempi piuttosto lunghi, qualcuno parla di un anno.

Dalla Gran Bretagna filtra l’ipotesi che la mente degli attentati del 21 luglio sia in Arabia Saudita. A sostenere questa tesi ci sarebbe anche uno dei contatti in mano all’attentatore arrestato a Roma: un telefonino saudita intestato a una donna


    

 

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