ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su QN
IL GIORNO Il Resto del Carlino LA NAZIONE

(Sezione:  Il Resto del Carlino - Bologna   Pag.     )
Giovedì 10 Aprile 2003

ri. ba.

 

Scusi, ma lei si sente un carceriere?

 


 

Scusi, ma lei si sente un carceriere? «Ma per favore...». E' un poliziotto. Uno dei tanti 'comandati' alla Chiarini. Il nome no, neanche a parlarne. L'esperienza sì. L'esperienza e il giudizio, maturato un turno dopo l'altro. Anche perché lì dentro il tempo per pensare non manca.

Nella cittadella per stranieri di via Mattei, spiega, funziona così: «La Croce Rossa sta da una parte; le forze di polizia dall'altra; in mezzo gli ospiti». Uno schema non solo fisico. Una divisione che tradisce diverse filosofie di vita. Ufficialmente, nessuno lo ammetterebbe mai. «Non è vero — attacca il poliziotto — che l'umanità sta tutta dalla parte loro, voglio dire del gruppo che lavora per la Croce Rossa. Non siamo i cattivi, non siamo i carcerieri. Stiamo in una palazzina all'ingresso, a controllare chi entra. Non siamo neanche i più fiscali...».

L'ultima grana per i poliziotti che lavorano all'ex caserma Chiarini è arrivata dopo la notte 'scalmanata' del 2 marzo. Prima un tentativo di fuga bloccato, degenerato poi rapidamente in una rivolta generale, «con gli immigrati armati di schegge di ghisa, pezzi di ferro e vetro. Ci sono stati feriti da una parte e dall'altra. I miei uomini si sono semplicemente difesi». Questa è la ricostruzione del questore Romano Argenio, dopo il polverone sollevato dall'interpellanza di Titti De Simone, deputato di Rifondazione Comunista. Su quell'episodio, la magistratura ha aperto un fascicolo conoscitivo. Il 13 marzo il sottosegretario Mantovano ha risposto in aula. Se chiedi al poliziotto: ma questo centro serve o no? La risposta è schietta: «Magari potrebbe funzionare meglio. Le espulsioni continuano ad essere troppo laboriose. Capita che non si riesca a identificare gli immigrati in sessanta giorni. Allora vengono rimessi in libertà». E resta la polemica sulle botte del 2 marzo ma il poliziotto ammette: «Non siamo assolutamente protetti, quando la Croce Rossa ci chiama per intervenire. Quella è gente che non ha niente da perdere, quasi sempre».

In regime di calma, l'unico contatto tra guardie e ladri è all'ingresso. I nuovi arrivati vengono accompagnati a fare la doccia, al guardaroba e dal medico. Se una donna aspetta un bambino, ad esempio, viene subito rimessa 'in libertà'. In caso di malattia, scatta il ricovero all'ospedale. Per un certo periodo, in tanti avevano sfruttato lo stratagemma di improvvisarsi matti per evitare il soggiorno.

«Faccio quello che mi è stato assegnato — è la filosofia del poliziotto —. Devo evitare le fughe e mantenere la tranquillità. Il centro non è un posto piacevole, ma non si può chiamare carcere. Va beh, sei sempre limitato nella libertà ma puoi telefonare, fare ricreazione e giocare a calcio. Qualcuno si metteva in cortile a fare ginnastica anche quest'inverno. Alle quattro del mattino».


 

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