ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su la Repubblica
(Sezione:   pag. 4)
Mercoledì 15 giugno 2005

ALESSANDRA LONGO

Il sottosegretario all'Interno è da sempre collaboratore di Fini: "Il rapporto ormai e finito"

 

 

 L'amara rottura di Mantovano

"Non è il Gianfranco che conosco"


 

ROMA - «Non vivo bene questa situazione. La trovo dilaniante, dolorosa. Umanamente mi sta costando molto. Sul piano politico mi aspetto delle risposte, sul piano personale è inutile pensarci, inutile sperarci. Il rapporto con Gianfranco si è estinto. Lo dico con amarezza, con disagio». Alfredo Mantovano, sottosegretario all'interno, uno degli uomini più rispettati da Fini, ex magistrato fuori dalle correnti di partito, consigliere di An sulla giustiziaun tempo inviso a Berlusconi, collaboratore principe di leggi come quelle sull'immigrazione e la droga, parla da persona ferita, non da leader della rivolta. Non cerca spargimenti di sangue, non chiede la testa del Capo, come altri sono tentati di fare, vuole solo capire che cosa è successo: come mai, lui, cattolico integralista, difensore lancia in resta dei diritti dell'embrione, si è ritrovato un presidente che ha votato tre volte Si al referendum, sparigliando più di sempre, più di Fiuggi, più di Israele?

Non se ne capacita, non sa spiegarselo: «Questo non è il Fini che io ho conosciuto!». Mantovano si è sentito in dovere di dissociarsi pubblicamente («La gente ci guarda»). Dimissioni da coordinatore del partito in Puglia, dimissioni da membro dell'esecutivo. Il posto al governo, quello no, quello l'ha tenuto, «perché sono stato indicato dal premier e noncredo di aver demeritato in questi anni».

La rottura è tutta in una lettera di congedo, vergata con scrittura minuta, ordinata («Da magistrato ho imparato a lasciar fuori le emozioni quando decido»). Fini non l'ha chiamato, non si sono più sentiti. Che cosa potrebbero dirsi del resto?

«Sono costretto a guardare alla sostanza - spiega Mantovano - e la sostanza è una sola: la posizione del leader di An sul referendum va nella direzione opposta diquello che la destra itallana ha sostenuto per decenni.

Penso agli atti fondativi di Fiuggi, alla conferenza di Verona, alla Carta dei valori. al contributo di Gianfranco al programma elettorale del 2001. Quegli atti sono lì, nessuno li ha dichiarati decaduti».

E' come un incubo: «In tutte le assemblee pugliesi che ho organizzato di recente non ho trovato un solo iscritto che la pensasse come Fini. Io l'ho difeso, senza che lui me lo chiedesse, al tempo del voto sugli immigrati, del pellegrinaggio a Gerusalemme. Ho trovato quelle iniziative in linea con An ma questa volta no, nel centrodestra non c'è spazio per chi sposa tesi relativiste.

Bush non ha avuto alcun timore a presentarsi accantoa ai ragazzi, ex embrioni congelati, scampati alla distruzione. Bush non è relativista, sta combattendo un braccio di ferro mortale con il Congresso sui fondi per le staminali». Ecco dunque il punto, «la tragedia di oggi», secondo Mantovano: non si può scindere An da Fini, «perché lui è dentro il simbolo, più della Fiamma», ma non si può nemmeno far finta di niente, nascondere l'abissale distanza che si è venuta a creare tra il Capo e le sue truppe.

Una distanza che non è di ieri: «Il referendum è stata la miccia che provoca la deflagrazione - spiega il braccio destro "tradito" - ma io adesso mi chiedo che cosa pensa Fini sulla droga.
Durante la stesura del disegno di legge, ci sentivamo quasi ogni giorno, eravamo in perfetta sintonia. Ma poi la legge è stata abbandonata a se stessa. Ora Gianfranco potrebbe aver cambiato idea. Quel che ha detto sulla fecondazione assistita corrisponde a una dichiarazione a favore della legalizzazione della droga. E poniamo che il centrosinistra metta all'ordine dei giorno un provvedimento sull'eutanasia. Cosa farebbe Fini, invocherebbe la libertà di coscienza?».

No, non è chiaro come andrà a finire. Nelle ultime ore. il presidente di An ci ha messo del suo a peggiorare il clima: «Ha detto che un partito politico deve occuparsi di economia. Se questa è la sua sintesi della situazione, nonè una bella sintesi». Trvail Capo e il suo braccio destro ci sarà ancora spazio per una ricomposizione? Mantovano non ci conta troppo («Certe ferite non si rimarginano»), consegna l'immagine di un rapporto finito: «Non è come quando un soffio dì vento spegne all'improvviso una candela, il lumicino si è estinto da solo, poco a poco».



 

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