ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Il Piccolo Domenca 17 febbraio 2002

Gigi Furini

Il 17 febbraio del 1992 le prime manette scattarono a Milano: in cella finì il socialista Mario Chiesa

 

Tangentopoli dieci anni dopo
Il leader dell’Italia dei valori propone un pacchetto giustizia


 

MILANO «Una risata vi seppellirà». Piercamillo Davigo, ormai, la butta sul ridere. Di Pietro, invece, è serio e tutto preso nelle vesti di leader dell’«Italia dei valori» e allora parla di referendum, di nuove leggi, di «pacchetto giustizia». Di Pietro e Davigo sono stati, per anni, insieme nel Pool di Mani Pulite, prima che arrivassero Colombo, Ielo, Greco e Ilda Boccassini. Le prime manette di Tangentopoli portano la loro firma e loro si sono divisi questo sabato milanese che cade a dieci anni esatti dall’arresto del socialista Mario Chiesa. Di Pietro ha smesso la toga e fa il politico. Per questo vorrebbe raccogliere le firme e proporre un referendum. Lo scopo? Cambiare la legge per negare la possibilità di essere eletto a chi ha subito condanne, soprattutto per corruzione. «Speriamo che il Parlamento intervenga prima di noi, approvando una legge sacrosanta», dice. I dieci anni di Mani Pulite, per l’ex Pubblico ministero, sono anche l’occasione per presentare il «pacchetto giustizia», una serie di riforme «per evitare il ripetersi di errori che possono essere stati fatti in questi anni».

«Nessuno di noi si è mai sognato di fare una festa per i dieci anni di Mani Pulite - tiene a precisare Di Pietro - e affermazioni del genere sono calunniose perché le azioni giudiziarie sono atti dovuti che non hanno bisogno di ricorrenze». L’ex senatore, poi, respinge le accuse secondo le quali la stagione di Mani Pulite aveva solo un fine politico. «Ci sono provvedimenti giudiziari, amministrativi e parlamentari - dice - che sottolineano come noi avessimo fatto solo il nostro mestiere e che l’inchiesta, quindi, era solo giudiziaria e non politica».

Piercamillo Davigo, invece, non cerca consensi e voti alle prossime elezioni. Non ha proposte da portare al Parlamento e, alla presentazione del numero di Micromega, si scatena con alcune battute. «Non c’è da preoccuparsi: quanto sta accadendo non è una tragedia ma una farsa. Per quel che mi riguarda, mi viene in mente uno slogan: una risata vi seppellirà». Davigo, che è magistrato in Corte d’Appello, si riferisce alle recenti riforme in materia di giustizia, come la revisione del reato di falso in bilancio o la nuova disciplina in materia di rogatorie. «Nelle riforme proposte da questa maggioranza non c’è profondità di pensiero - dice - ma solo un tornaconto personale. La nuova legge sul falso in bilancio - aggiunge - ci allontana da qualunque criterio di trasparenza nei mercati e, quindi, dal mondo occidentale. L’azione penale si potrà fare solo su denuncia di un socio. Una cosa mai vista in tanti anni. Rendere il falso in bilancio perseguibile a querela è come rendere il furto perseguibile a querela del ladro».

Un intervento critico sulla corruzione è anche quello di Alfredo Mantovano (An), sottosegretario all’Interno. «Dieci anni fa la corruzione c’era, era diffusa, e con Mani Pulite è emersa, sia pure in parte ed entro certi limiti. Oggi la corruzione c’è, è diffusa, ed emerge solo episodicamente».
Mantovano traccia un quadro poco rassicurante e aggiunge: «In questi dieci anni non è aumentato il livello dei controlli, anzi. E gli uffici giudiziari sono impegnati in misura minore in indagini sulla pubblica amministrazione e sui politici. Talvolta lasciano correre per quieto vivere, spesso per inefficienza».

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