ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su la Padania
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Mercoledì 11 agosto 2004

 

Pronta una bozza d’accordo con Tripoli

 

 INTANTO IL VIMINALE SPINGE PER LA FINE DELL’EMBARGO


 

Da una “cooperazione operativa” tra Forze di polizia ad un accordo politico di più ampia portata con la Libia, continuando contemporaneamente a spingere affinché l’Unione europea revochi l’embargo e decida finalmente di farsi carico del problema. A tre giorni dalla tragedia al largo di Siracusa, il Viminale accelera e già nei prossimi giorni sarà sul tavolo di Gheddafi la bozza d’accordo che gli esperti in tema di immigrazione stanno mettendo a punto per cercare di arginare l’ondata di disperati che dal paese nordafricano partono alle volte dell’Italia. Tra qualche giorno, infatti, il direttore centrale per l'immigrazione e la polizia di frontiera, prefetto Alessandro Pansa partirà alla volta di Tripoli: alle autorità libiche porterà la bozza di accordo che si sta mettendo a punto in queste ore e che integra e migliora i protocolli già in vigore tra i due paesi, mettendo nero su bianco quanto concordato a livello politico tra lo stesso Pisanu e il suo omologo libico Naser al Mabruk Abdallah negli incontri avuti nei mesi scorsi. L’intesa punta all’approvazione di “ulteriori misure di collaborazione”: in pratica prevede che le forze di polizia italiane si rechino in Libia per addestrare il personale locale e la fornitura di mezzi (motovedette, jeep, tecnologie, radar, elicotteri) per controllare le coste e i confini interni del paese. Prevista anche l’istituzione di campi di raccolta per immigrati in Libia, sul modello dei centri di assistenza temporanea presenti sul territorio italiano. E proseguirà lo scambio di informazioni e di intelligence tra i due paesi, così come la lotta ai mercanti di schiavi che organizzano il traffico di esseri umani, come previsto dall’intesa operativa raggiunta un anno fa.

A spingere affinchè l’accordo vada in porto non è soltanto l'Italia: le autorità libiche, nei diversi incontri con i rappresentanti del governo italiano, hanno fatto sapere che l'entrata in vigore dell’intesa sarebbe un ottimo punto di partenza per un paese che, su cinque milioni di abitanti, conta 2,5 milioni di immigrati clandestini. E d’altronde, i segnali che arrivano dall’altra sponda del Mediterraneo, sono tutti in questa direzione: soltanto tre giorni fa il vice ministro della sicurezza nazionale Salah Rajab ha detto chiaramente che la Libia ha la volontà di combattere l’immigrazione clandestina, che «pregiudica la sicurezza e gli interessi del paese» e ha informato gli altri paesi africani della sua intenzione di affrontare concretamente il fenomeno dei clandestini. Restano però i problemi pratici. La Libia ha infatti duemila chilometri di coste e quattromila chilometri di frontiere nel deserto: impossibile, senza mezzi adeguati, controllarli tutti. Per questo nei giorni scorsi l’ambasciatore libico in Italia Abdulati Ibrahim Alobidi è tornato a chiedere la revoca dell’ embargo decretato dall’Unione Europea. «Per far fronte al problema - ha detto - devono toglierci l’embargo. Abbiamo bisogno di elicotteri per controllare i confini nel deserto e mezzi di avvistamento notturni».

Gli altri Paesi dell’Unione, ha proseguito, «premono sull'Italia come se fosse responsabile per questi immigrati, e l’Italia si rivolge a noi. In realtà è un problema di tutti e, come dice Gheddafi, ci vorrebbe un vertice tra Europa e Africa». Sulla stessa linea da ormai più di un anno si sta muovendo il Viminale, consapevole che la collaborazione con la Libia è “prioritaria” per contenere il fenomeno dell’immigrazione, visti anche i buoni frutti che sembrano dare gli accordi bilaterali con Tunisia e Marocco. «I problemi con la Libia - ha detto qualche giorno fa il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano - vanno oltre la buona volontà delle autorità libiche. Il Paese africano subisce infatti una pressione migratoria enorme sulle sue frontiere meridionali» che non può essere affrontata senza mezzi. Un problema che sembra dunque essere risolvibile soltanto con la fine dell’embargo.


    

 

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