ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO
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Domenica 10 Luglio 2005

di FEDERICA RE DAVID

L’INTERVISTA  

 Calderoli rilancia: «Votiamo lo stato di guerra»

Antiterrorismo e nuove norme, è scontro. Cicchitto (FI): «Nervi saldi e ascoltiamo Pisanu»


 

ROMA - «Portiamo il Parlamento al voto sull'articolo 78 della Costituzione, quello che prevede lo stato di guerra, perché noi siamo un Paese sotto il tiro del terrorismo, che è guerra. Il principio introdotto dal ministro Pisanu è corretto ed è già attuato in tutti i Paesi colpiti. Le leggi speciali non sarebbero uno stravolgimento per la democrazia, ma il Parlamento non le voterebbe mai. Per questo bisogna andare oltre». Così, il ministro leghista Calderoli, porta all’apice i toni del dibattito aperto dalla parole del titolare del Viminale sull’opportunità di varare leggi speciali. E, dopo aver per una volta applaudito il ”nemico” Pisanu, passa all’attacco del «buonismo su cui il terrorismo ha costruito la propria libertà di azione, che impedisce l'approvazione delle leggi speciali in Parlamento». E avverte: «L'Islam integralista ci ha dichiarato guerra. E quando c'è una guerra il Parlamento si riunisce in seduta comune e dichiara lo stato di guerra, conferendo al governo tutti i poteri per fronteggiare l'emergenza. Questo si deve fare. Chi negherà il proprio appoggio, negherà l'evidenza, creando i presupposti perché il prossimo bersaglio sia l'Italia».

Ma che Palazzo Chigi accolga con freddezza la sparata di Calderoli, lo dimostra la dichiarazione di Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia e stretto collaboratore del premier: «Senza fare alcuna sottovalutazione di una situazione assai seria, è il momento di tenere i nervi a posto e di ascoltare quello che dirà al Parlamento il ministro dell'Interno». E Landolfi, An, prende le distanze anche più nettamente: «Dico no alle leggi speciali, allo stato di guerra e a chi supera il confine tra un giusto allarme e l’allarmismo». Dall’opposizione, il ds Chiti invita Berlusconi a smettere di ignorare «il modo in cui la Lega squalifica il governo e l’Italia» e a dimissionare Calderoli. Mentre Franceschini, Margherita, ironizza: «Forse il ministro leghista, nella sua infinita fantasia, sa che lo stato di guerra è l'unico modo per rinviare le elezioni politiche...».

Sulle leggi speciali, comunque, il dibattito è aperto anche nella maggioranza, con qualche voce contraria e l’udc Ronconi che chiede di affrontare la questione solo dopo «un confronto molto serio e propositivo con l’opposizione». Opposizione che, con Fassino, chiede appunto che sul tema ci si confronti in Parlamento. E che nel frattempo si mettano in campo tutte le risorse per garantire la sicurezza dei cittadini. E la credibilità del governo su questo impegno, secondo il centrista Enrico Letta, si vedrà nella prossima Finanziaria, «perché se continuano le riduzioni di stanziamenti alle forze dell’ordine, tutti questi ragionamenti non hanno senso».

Intanto, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano rilancia l’ipotesi di cui si era parlato al vertice di venerdì: «E’ venuto il momento dell'istituzione di un raccordo tra le singole procure». Cioè di creare una superprocura nazionale antiterrorismo, o in alternativa di integrare gli attuali poteri di coordinamento della procura nazionale antimafia alla materia del terrorismo. «E’ soprattutto sul fronte dei magistrati giudicanti che bisogna agire. È indispensabile che un pm specializzato nel contrasto al terrorismo abbia come interlocutore un giudice con analoghe caratteristiche, per evitare le interpretazioni fantasiose che ci sono state negli ultimi tempi, come quelle di gip che hanno distinto tra guerriglia e terrorismo», dice riferendosi al caso del giudice milanese Clementina Forleo. «E’ dal ’99 che ne parlo. Se ci pensavano prima era meglio: ora non ci credo più», taglia corto Pier Luigi Vigna, capo della Direzione nazionale antimafia alla vigilia della pensione. Ci crede invece in parte il suo collega Stefano Dambruoso, consulente giuridico dell’Onu e Vienna e per anni titolare a Milano della più importanti inchieste contro il terrorismo fondamentalista islamico: «Sarebbe quantomai opportuno un ufficio di coordinamento delle procure che faccia circolare le informazioni». Ma non andrebbe oltre questo ruolo: «Sono per un'autorità centrale di coordinamento e non di titolarità esclusiva delle indagini, che va invece mantenuta a livello territoriale».


    

 

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