ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO VENETO Martedì 19 febbraio 2002



Dalla televisione pubblica ai clandestini

 

Difficoltà su vari fronti per il capo del governo


 

ROMA – Gianfranco Fini, il vice-premier, che lo blocca e costringe a fare marcia indietro sulle nomine Rai. Il presidente della Camera dei deputati, Pier Ferdinando Casini, che si permette di tenere il punto. Il leader della Lega nord e ministro delle riforme, Umberto Bossi, che minaccia per quanto riguarda la legge sull’immigrazione che arriva oggi in aula al Senato. E ancora il Ccd-Cdu che presenta un emendamento, sulla riforma dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori (licenziamenti), che assomiglia a un cavallo di Troia sulla cui sella è naturalmente balzato il centro-sinistra.

Silvio Berlusconi, capo del governo, scalpita a Palazzo Chigi e per la prima volta si trova nella condizione, davvero insopportabile per lui, di dover fare i conti con la propria coalizione. Per il Cavaliere del «ghe pensi mi», sentirsi richiamato a idee come la «collegialità», come ha fatto ieri il leader del Ccd, Marco Follini, esser costretto a restare giorni, forse settimane, senza riuscire a nominare il nuovo consiglio di amministrazione della televisione pubblica è anche più di un affronto personale. E’ un colpo al cuore della sua stessa immagine. Per questo le due settimane che ha di fronte il governo sono all’improvviso diventate molto delicate. Forte della lezione del 1994, dal suo ritorno a Palazzo Chigi Silvio Berlusconi ha prestato assai più attenzione alle intemperanze di Bossi. Di trovarsi Fini di traverso, in tema di divisione di poltrone chiave, l’aveva probabilmente messo in conto. Ma di essere impegnato in un braccio di ferro istituzionale con Casini questo proprio no, non riesce a mandarlo giù. Da giorni il presidente della Camera è così diventato il vero avversario, l’epicentro di tutti i malumori del presidente del Consiglio dei ministri.

Come finirà il braccio di ferro? A Palazzo Chigi, ieri, assicuravano che Berlusconi è pronto a tenere duro sulla candidatura di Carlo Rossella, direttore di Panorama, alla presidenza della Rai. Anche – e, anzi, soprattutto – per far vedere chi comanda. Ma Casini non sembra disposto a cedere, almeno per adesso: innanzi tutto, nomine Rai soltanto dopo la prima votazione in commissione sul conflitto di interessi; e poi un presidente che sia meno «dipendente» del premier.

A chi sottolineava la differenza fra le posizioni del presidente della Camera e Fini sui tempi delle nomine (prima o dopo giovedì, cioè al primo voto sul conflitto di interessi), i collaboratori di Casini replicavano con un lampo negli occhi: «Sì, c’è disaccordo, ma è lui che firma le nomine».

C’è disaccordo, al momento, anche sui licenziamenti. «Nessuna proposta nuova del governo», assicura Berlusconi. Ma per ora resta l’emendamento del Ccd, che chiede lo stralcio della riforma dell’articolo 18. Come i sindacati, Cgil in testa. La legge sull’immigrazione arriva quest’oggi a Palazzo Madama apparentemente con una ricucitura politica, con il Carroccio che minacciava di andare da solo alle prossime amministrative se si fosse concessa una sanatoria per le colf straniere che lavorano regolarmente in Italia (come vorrebbe An). Ma ci arriva anche con un Casini che ieri ha ribadito la «necessità di accettare la società multi-razziale» e con un Alfredo Mantovano, An, sottosegretario agli interni, che ha proposto «più immigrati per il Sud». Per il Cavaliere, insomma, è tempo di esami in politica. Tema: come si tiene insieme una coalizione senza appannare la propria immagine.

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