ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO
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Domenica 4 Giugno 2006

R.P.

 

  D’Elia, ex terrorista segretario alla Camera. E’ polemica
Il deputato della Rosa nel pugno scrive a Bertinotti e ai colleghi: non sono ostaggio del mio passato


 

ROMA Tornano a infiammarsi i rapporti tra i due Poli, questa volta per le nuove critiche mosse dal centrodestra all'elezione, mercoledì scorso, alla carica di segretario di presidenza della Camera, di Sergio D'Elia, esponente della Rosa del pugno e presidente dell'associazione «Nessuno Tocchi Caino», che in gioventù fece parte di Prima Linea e fu condannato per l'azione in cui morì l'agente Fausto Dionisi.

La questione, rilanciata ieri dal quotidiano ”Libero”, nei giorni scorsi era stata sollevata dal centrista Carlo Giovanardi, che ha confermato le sue ragioni anche oggi, viene ripresa da Maurizio Gasparri e da Alfredo Mantovano di An. Il primo dà del «terrorista» all'esponente della Rosa nel Pugno, mentre il secondo chiama in causa la formazione che lo ha portato in Parlamento: «Credo che l'opportunità o meno della presenza di Sergio D'Elia in Parlamento - ha detto l'ex sottosegretario all'Interno - debba essere valutata anzitutto da chi l'ha proposto nelle proprie fila, il quale dovrebbe essere chiamato a spiegare quale sia il senso di questa candidatura».

Il centrosinistra stigmatizza le critiche dell'opposizione all'insegna di una considerazione: D'Elia ha scontato la pena inflittagli ed ha compiuto un percorso di riabilitazione morale che lo porta ad avere i requisiti per sedere alla Camera. Quest'ultimo aspetto è sottolineato sia dal ministro Emma Bonino, che dal capogruppo dei Verdi, Angelo Bonelli. Franco Grillini, dei Ds, afferma che le polemiche «sono strumentali e rivelatrici di una cultura punitiva e vendicativa della giustizia». Sarebbe quindi, «veramente disumano pensare che un detenuto una volta uscito dal carcere si porti come marchio e come condanna perenne un processo senza fine».

E il senatore della Quercia Cesare Salvi, afferma che, proprio a causa di questa sua maturazione e impegno nel sociale, «D'Elia ha tutti i titoli giuridici, politici e morali per svolgere le funzioni alle quali è stato eletto dai cittadini e dal Parlamento». Salvi, peraltro, esprime parole di solidarietà ai familiari dell'agente Dionisi, così come il ds Valdo Spini che ha telefonato alla vedova della vittima, mentre il senatore della Margherita, Natale D’Amico, parla di «sciacallaggio politico».

D’Elia, da parte sua, ormai non-violento convinto, protagonista della campagna contro la pena di morte, ha scritto una lettera al presidente della Camera, Fausto Bertinotti, e ai colleghi deputati, raccontando la sua militanza in Prima linea «fino a quando fui arrestato in un bella giornata di maggio del ’78 e fu una liberazione, anche se non ho mai sparato a nessuno, certo per puro caso». Quindi, spiega che la sua elezione «non è una vergogna, ma la parabola felice di una storia di cui lo Stato italiano può andare fiero, perchè dimostra che l’uomo della pena può divenire un uomo diverso da quello del delitto.

Accetto che si dica ancora oggi di me, ”è un terrorista di Prima Linea, mi rifiuto però di credere che qualcuno pensi davvero che sia il termine giusto, vero o esatto per dire, non solo quello che sono io oggi, ma anche quello che sono stato ieri. La mia identità politica e la mia lotta degli anni Settanta possono forse essere approssimate alle idee ”libertarie” (il che non vuol dire: nonviolente) di un anarchico dell'ottocento, non certo assimilate al terrorista suicida e omicida degli anni Duemila. Ora- conclude il parlamentare della Rosa nel Pugno- sono disposto ad accettare anche il giudizio inappellabile di quel severissimo tribunale della storia che è l'opinione pubblica. Quel che non accetto è di rimanere ostaggio perpetuo della memoria, del mio passato e di ciò che ho fatto trenta anni fa».


    

 

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