ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO
(Sezione:         )
Domenica 16 Novembre 2003

di ANNA MARIA SERSALE

L’INTERVISTA

«I tossicodipendenti potranno evitare il carcere»

Mantovano, sottosegretario all’Interno: la detenzione sostituita dal “percorso di recupero”


 

ROMA - Antiproibizionisti e partiti dell’opposizione accusano: «La nuova legge sulla droga avrà effetti devastanti, ci saranno più morti, più mafia, più Aids». Sostengono che «spacciatori e consumatori sono stati messi sullo stesso piano» e che «lo spinello è stato considerato alla stregua dell’eroina». «Le droghe - dicono - non sono tutte uguali». Le critiche non vengono solo dal Centro-sinistra. Alfredo Biondi, vicepresidente forzista della Camera, non accetta quasi nulla di questa legge ed è convinto che sia inutilmente repressiva. L’iter parlamentare, dunque, non si presenta nè facile, nè breve. Sui problemi della riforma abbiamo intervistato il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano.

La legge Fini è accusata di essere repressiva. Che cosa risponde?
«E’ vero esattamente il contrario. Non si può parlare nè di proibizionismo, nè di repressione fine a se stessa. Nè, ovviamente, di antiproibizionismo. E’ stata scelta una terza via, che spinge con forza verso il recupero e il reinserimento».

Mantovano, lei parla di recupero. Ma c’è un innegabile giro di vite, pene più severe e anche chi ha in casa spinelli rischia il carcere. Non è così?
«Probabilmente è sfuggito un passaggio importante della legge. Se nell’articolo 72 si afferma il principio della punibilità con il carcere, poiché si parte dall’assunto che usare droga non è un esercizio di libertà, negli articoli successivi si parla dei verbi “coltivare”, “produrre”, ”fabbricare”. Intendo dire che, sì, l’uso è punito, ma soprattutto sono puniti la produzione e lo spaccio. Inoltre si afferma con chiarezza che esistono alternative al carcere».

Può spiegare quali sono le alternative?
«La pena del carcere può essere sospesa, se il tossicodipendente accetta di affrontare in Comunità un percorso di recupero. Se non accetta, nel caso in cui la pena non superi i 6 anni, viene data un’altra chance: il lavoro sostitutivo con un’attività utile».

I “domiciliari” in Comunità?
«Non mi esprimerei così. Per il tossicodipendente la Comunità è alternativa alla cella per scopi di recupero. Quanto alle Comunità queste avranno un ruolo importante: come i Sert certificheranno lo stato di tossicodipendenza e progetteranno i percorsi di recupero.

E’ scontro anche sulle quantità tollerate. Con i 500 mg di principio attivo per la cocaina e i 250 mg della cannabis sembra che ci sia indulgenza proprio per le droghe più pesanti
«I limiti prescritti nelle tabelle sono stati fissati dai migliori tossicologi forensi. Come indicatore è stato preso, per ciascuna sostanza, l’effetto drogante. Non è affatto vero che la cocaina sia più tollerata della cannabis. Ci premeva superare i concetti di “dose media giornaliera” e di “modica quantità”. E’ vero che devono essere anzitutto puniti il traffico e lo spaccio, ma le formule utilizzate nel passato si fondano sulla possibilità di detenere la droga. Il punto di vista ora è diverso. Si parte dalla presunzione di pericolosità delle sostanze. Il tossicodipendente viene punito perché la droga fa male a lui e alla società».

 

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