ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
(Sezione:      Pag.   )
Mercoledì 31 Luglio 2002

NANDO SANTONASTASO

IL SOTTOSEGRETARIO ALL’INTERNO

Mantovano: chi sbaglia deve pagare



 

Alfredo Mantovano, leccese, 44 anni, sottosegretario di An all’Interno, già magistrato e membro della Commissione parlamentare sulle frodi comunitarie, non è sorpreso dalla proposta di Tessitore. «È simile alla svolta pedagogica che c'è stata negli ultimi anni - ha detto ieri a Caserta, dove ha presieduto la riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica - Prima si diceva che ai figli si doveva far fare di tutto perché altrimenti si veniva considerati retrogradi. Oggi gli stessi pedagoghi scrivono libri tipo "I Nokia aiutano a crescere". Al di là delle considerazioni generali, l'approccio al problema della sicurezza non può che essere un approccio complessivo. In questa complessità, uno spazio importante che non può mai mancare è quello della repressione. È un dato di carattere naturale: chi sbaglia deve pagare. E se non paga questo getta una crisi di credibilità su tutte le istituzioni. Purtroppo a Napoli si è ingenerata la convinzione, in parte sbagliata ma in parte fondata su alcuni processi che non terminano più e su termini di custodia cautelare che scadono, che si può anche sbagliare e non è detto che la sanzione intervenga comunque in tempi rapidi».

Dunque Tessitore ha ragione? La repressione è l'unica risposta?
«In termini concreti i processi per fatti di criminalità organizzata non possono non avere la precedenza nei confronti degli altri processi. E precedenza non significa solo trattarli prima ma anche in modo efficace, senza dilazionare le udienze, tenendo conto del fatto che ci sono dei termini che scadono. Questo impone se necessario di fare qualche ora di lavoro in più ma di intervenire prima di produrre un danno di credibilità, che deriva dal fatto che un soggetto individuato come responsabile di gravi reati poi si trova a circolare liberamente».

Caso Napoli senza fine? Emergenza chiama emergenza?
«Esiste un caso di ritardo della giustizia in generale. Che nelle zone a forte concentrazione criminale si accentua, si acutizza. Il discorso non può non riguardare Napoli».

Ma il cittadino ha qualche motivo per essere più ottimista sulla sua sicurezza?
«L'ottimismo, come il pessimismo, è una categoria dello spirito. Io preferirei essere realista e far presente che il lavoro sul territorio viene fatto, che le risposte ci sono anche se non soddisfano mai, ma questo è fisiologico in una zona come Napoli. Che soprattutto vi è un ventaglio di risposte che 4-5 anni fa non esistevano: il testimone di giustizia 4-5 anni fa veniva parificato al pentito e mal trattato. Oggi non è più così. 4-5 anni fa non esisteva la legislazione antiracket che c'è adesso, che applicata dalla figura del commissario nazionale antiracket consente dei risarcimenti in tempi rapidissimi. In passato si aspettavano anni per ricevere dei no. Esistono anche disposizioni per le vittime della criminalità di tipo mafioso. Tutto ciò non rende poco impegnativa la collaborazione con le forze di polizia e la giustizia; però non la rende un salto nel buio com'era in passato».


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