ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
(Sezione: Primo Piano       Pag.    9 )
Domenica 23 ottobre 2005

ELENA ROMANAZZI

 

 

 

Provenzano confidente dei carabinieri

Il pentito Giuffrè sui rapporti tra il boss e le istituzioni dopo le rivelazioni del Procuratore Grasso


 

Roma. Provenzano? Un confidente dei carabinieri. Il sospetto che serpeggiava tra gli affiliati di Cosa Nostra, lo rivela Antonino Giuffrè, pentito di mafia, durante l’udienza nell’aula bunker di Milano. Gettando una nuova luce sulla figura del boss ma anche su quell’intervista rilasciata dal procuratore antimafia Piero Grasso che ha sollevato polemiche e critiche. Il pentito di mafia - per due giorni nel capoluogo lombardo dove si è trasferito il processo palermitano avviato contro il direttore del Sisde, Mario Mori e il «capitano Ultimo» il colonnello Sergio De Caprio, con l’accusa di favoreggiamento aggravato per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina - parla del boss dei boss. Spiega Giuffrè: «C’erano persone, all’interno di Cosa Nostra, che mettevano in dubbio l’integrità di Provenzano, nel senso che si sospettava che fosse un confidente dei Carabinieri». «Una voce - aggiunge - che proveniva da Catania, dal gruppo dei Mazzei, già negli anni ’90 e, se non ricordo male ne parlarono anche i giornali. Provenzano in più d’una occasione mi chiese se credevo a questi sospetti. Ed io gli risposi che non ci credevo».

Le parole del pentito che parla anche dei rapporti tra l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino e Riina, scuotono l’aula. Giuffrè infatti riferisce voci secondo le quali «Ciancimino avrebbe avuto contatti con personaggi delle Forze dell’ordine, non istituzionali ma per sistemare la situazione all’interno di Cosa Nostra». Una vera e propria «missione» quella svolta da Ciancimino, voluta da Provenzano preoccupato per le contrapposizioni con i fedelissimi di Riina, aumentate dopo l’arresto del boss. Provenzano, dunque, confidente dell’arma. Uno scenario che si aggiunge a quello delineato dal neoprocuratore Antimafia Piero Grasso, secondo il quale - ed è tutto documentato - il superlatitante sfuggì alla cattura grazie alla protezione di politici, imprenditori e forze di polizia.

La Commissione nazionale antimafia ha intenzione di ascoltare il procuratore. Lo annuncia il presidente Roberto Centaro: «Sentiremo Grasso non solo per le sue dichiarazioni perché è stato chiaro». Di altro parere Luigi Bobbio di An: «Cominciamo bene... Sono sconcertato dalla parole di Grasso: non mi sembra un bell’esordio. Il mio timore è che anche in lui si manifestino, purtroppo i sintomi di una degenerazione politica qualunquistica, preferibilmente di sinistra tipica di gran parte della magistratura italiana». Parole dure, quelle di Bobbio, non condivise da Alfredo Mantovano, sempre di An, sottosegretario al ministero degli Interni: «Grasso merita sostegno e incoraggiamento, insieme con quella collaborazione istituzionale che è la carta vincente per la cattura dei latitanti pericolosi». Quanto dichiarato da Grasso - aggiunge Mantovano - rappresenta niente più del bilancio dell’opera da lui svolta al vertice della Procura di Palermo». Si dice preoccupato, l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga: «Stimo il procuratore e mi auguro che chiarisca le accuse di fronte alla Commissione antimafia, altrimenti si rende indispensabile un provvedimento di urgenza avente valore legislativo per trasferire nell’ambito del territorio siciliano compiti e funzioni di polizia all’Arma dei carabinieri».


    

 

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