ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
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Martedì 16 settembre 2003

ANTONIO MASTELLA

 

IL CONVEGNO AL BELVEDERE DI SAN LEUCIO



«Perché molto spesso la gente, che vede commettere un illecito, guarda dall'altra parte?». Domanda volutamente retorica, dalla risposta scontata, capace di fissare lucidamente lo stato del rapporto tra il cittadino e le istituzioni preposte alla lotta contro la malavita, sciolta od organizzata che sia. A porla è stato Carlo Fucci, segretario nazionale dell'Associazione Magistrati ieri nel dibattito su «Sicurezza partecipata per un territorio più vivible». Organizzata da «Ad iustitiam pro libertate», l’associazione creata e presieduta da Giulio Letizia, già ispettore di polizia, ora a riposo, la manifestazione ha centrato il suo obiettivo, anche grazie ai contributi del prefetto Carlo Schilardi, del questore Enzo Roca, di docenti universitari, del segretario nazionale dell'associazione di Polizia urbana Mattarelli, del sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano e del responsabile nazionale Siulp Felice Romano. «E' innegabile che il senso civico - ha detto Fucci - è condizionato dalla paura, la cui profondità può essere ridotta o meno dalla maggiore o minore idoneità a perseguire i propri obiettivi da parte del sistema preventivo e repressivo che lo Stato pone in campo»'. E questo accade pur in presenza di uno sforzo straordinario che forze dell'ordine e magistratura garantiscono da queste parti. C'è insomma un persistente senso di incertezza sulla strada della collaborazione le cui cause vanno rimosse. Come? «Con la polizia di prossimità» ha ipotizzato il presidente della provincia Riccardo Ventre, che è «un istituto - ha spiegato - molto vicino al poliziotto di quartiere».

Mai rituale, il prefetto ha sottolineato con chiarezza come «la Polizia debba essere liberata da ogni altra incombenza che non sia quella istituzionale della prevenzione e della lotta senza quartiere». E sulla necessità di giungere a «nuovi moduli operativi» si è detto d’accordo il questore. «I nostri uomini devono essere messi in condizione di offrire la massima visibilità attraverso la capillarità degli interventi. Insomma - ha concluso - non solo azione anticrimine ma anche funzione sociale». «C'è anche una carenza di organici da colmare» ha sottolineato ancora Fucci, pensando, e a ragione, a quello ridotto all'osso del tribunale sammaritano. Ed è tanto vero che il sottosegretario ha ricordato come il Governo abbia deciso di reclutare mille nuovi agenti. «Ma è chiaro - ha avvertito - che la partecipazione non nasce da un appello ma deve essere il frutto dell'efficienza, in ogni settore, del sistema se si vuole cancellare la sfiducia del cittadino». «Occorre lavoro» ha evidenziato a sua volta il sindaco Falco. E tuttavia neanche si raggiunge l'obiettivo se non si compie un salto di qualità. Dirompente sotto questo profilo l'ipotesi del segretario nazionale dei caschi bianchi Luciano Mattarelli: «Basta con i cinque corpi di polizia. Ne bastano due: uno statale e l'altro regionale. E se questo non è possibile si realizzi un vero coordinamento tra chi opera a difesa della convivenza civile».

È indispensabile altresì un nuovo approccio culturale, un’integrazione operativa con il mondo accademico. «Vanno individuate geograficamente le cause del crimine con una mappatura che sia di supporto all'azione di intelligence di polizia e magistratura» ha dichiarato Fabio Pollice docente a Scienze politiche presentando il piano «Urban Crime». «Vanno aggiornate e rese più sofisticate le tecniche di analisi sotto il profilo sociologico» ha aggiunto il suo collega Lello Savonardo. «Ma il salto si compie - ha chiarito Fucci - quando si smetta di delegittimare e si riducano i margini dell'assenza dello Stati, che generano l'assenza del senso dello Stato».


    

 

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