ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su il manifesto
(Sezione:        Pag.     )
Giovedì 2 giugno 2005

STEFANIA GIORGI

 

  

 Quorum da rifare, Chiesa sotto accusa

D'Alema: la soglia del 51% va rivista, l'astensione è un trucco che la Democrazia cristiana non avrebbe consentito. Nuovi dubbi sulla legalità dell'invito delle gerarchie vaticane a disertare le urne: due norme del '57 e del '70 lo vieterebbero


 

Il comandamento della Chiesa cattolica all'astensione sul referendum - ossequiato nel centrodestra ma anche da esponenti del centrosinistra - chiama in campo a pochi giorni dal voto lo stesso istituto referendario. Che un'istituzione plurisecolare come la chiesa di Roma - per bocca di Ruini e viatico papale - su un tema da essa stessa definito cruciale chiami al non voto non poteva che avere questo esito. A innescare la miccia sono arrivati in coppia - sulla Stampa -, l'intervista a Massimo D'Alema, con un giudizio politico sull'appello a disertare le urne, e un intervento del costituzionalista Michele Ainis, con un giudizio tecnico. Ainis chiama in causa due leggi - quella del 1957 attinente alle elezioni politiche e quella del 1970 che estende tali norme ai referendum - che puniscono con la reclusione (dai 6 mesi ai 3 anni) la propaganda astensionista «se fatta da persone che ricoprono un incarico pubblico o da ministri di culto». Il presidente della Quercia non si nasconde dietro giri di parole: «L'appello della Cei per l'astensione è senz'altro lecito, ma io lo ritengo un errore. Perché difendere una legge è un trucco, un trucco attraverso il quale una minoranza pretende di imporre un punto di vista sfruttando quel 25 o 30 per cento di italiani che regolarmente non va a votare. La Chiesa ha il diritto e il dovere di proporre i suoi valori e di offrire il suo insegnamento morale, che io rispetto, ma in questo caso rischia di associarsi a chi ricorre a trucchi elettorali». «Trucchi» fatti propri anche da alte cariche istituzionali. Una scelta «sconcertante» per D'Alema che sugli astensionisti del centrosinistra dice: «E' negativo e grave che ciò sia avvenuto, un passo indietro rispetto alla concezione laica dello Stato che è stata propria dei cattolici democratici e della stessa Dc. Ho molti dubbi che di fronte alla Dc i vescovi avrebbero potuto lanciare senza contraccolpi il loro appello all'astensione».

Attacca i «toni arroganti e supponenti» del «cardinal D'Alema» Clemente Mastella, «irriguardoso» per Francesco Giro, responsabile Fi dei rapporti con il mondo cattolico. E Mauro Fabris, capogruppo dei popolari Udeur al senato, si appella ai padri costituenti, che «non hanno immaginato alcun trucco» stabilendo un quorum per la validità del referendum.

Ma l'appello di D'Alema «è giusto e si deve tradurre in un impegno da parte nostra a modificare in Costituzione la soglia del quorum comunque vada questo referendum, anche se il 50% più uno verrà raggiunto» per Pecoraro Scanio. Quanto al richiamo di Ainis, commenta: «Non sono d'accordo a ricorrere a una norma penale, ma è evidente che chi è nelle condizioni di influenzare i diritti politici degli elettori debba abbassare i toni».

Non abbassa di certo i toni il ministro Giovanardi che attacca Ainis e Capezzone, reo di aver fatte proprie le indicazioni del giurista: «stravaganti» le tesi del primo, un «colpo di caldo e di stress» le parole del secondo. Si risveglia pm Di Pietro: «La Cei e Ruini hanno semplicemente espresso un proprio orientamento sul referendum. Con queste norme invece si punisce chi abusando delle proprie attribuzioni costringe gli elettori ad astenersi». Interviene Marco Olivetti, costituzionalista del comitato «Scienza e Vita». «Non è giuridicamente sostenibile» la tesi secondo cui sarebbe sanzionato come un reato l'invito all'astensione nei referendum da parte di ministri di culto e pubblici ufficiali». «Fra i paradossi di questa campagna referendaria c'è anche quello che libertari doc come Capezzone invochino il carcere per preti e cardinali» commenta Alfredo Mantovano, sottosegretario all'interno.

La norma, anzi la doppia norma, richiamata da Ainis, esiste. Ma la giurisprudenza sulla legittimità a spendersi a favore del non voto non è così cristallina. L'articolo 48 della Carta parla di «dovere civico» del voto, ma sulla propaganda astensionista il terreno è di certo più complicato e scivoloso. Nell'85 Craxi, sul referendum sulla scala mobile, sollecitò gli elettori ad «andare al mare». E non vi è traccia di pronuncia da parte della Corte di Cassazione su quell'invito.


    

 

vedi i precedenti interventi