SOTTOSEGRETARIO DI STATO
AL MINISTERO DELL'INTERNO
Dipartimento della Pubblica Sicurezza


Interventi Pubblici

 

 

 

Intervento del Sottosegretario all'Interno
on. Alfredo Mantovano al Forum P.A. 2003
"La sicurezza dei cittadini nello stato federale"

Fiera di Roma 9 maggio 2003


 

Credo che il punto focale di questa tavola rotonda, "Sicurezza dei cittadini e stato federale", sia capire, così come sottolineava nel suo intervento l'Assessore della Liguria, che cosa significa polizia locale e come si coniuga questa espressione nel testo del nuovissimo art. 117 Cost. (dico nuovissimo perché il 117 assomiglia per certi aspetti al Digesto: abbiamo la versione nuova e la versione nuovissima; e vedremo quale aggettivo si conierà in futuro a fronte di una possibile ulteriore versione): in tale testo, infatti, si ritrova sia l'espressione polizia locale sia l'espressione polizia amministrativa locale. Evidentemente non hanno il medesimo significato, se prendono posto in commi e in lettere diverse, benché all'interno della stessa norma costituzionale.

Va immaginata, come sostengono alcuni, la costituzione di nuovi corpi di polizia su base regionale, con contestuale attribuzione di competenze specifiche? Oppure si possono razionalizzare i compiti delle polizie già esistenti, che non sono pochissime, sia a livello nazionale che territoriale? Questo è l'oggetto del dibattito ed è l'interrogativo di fondo, al quale è possibile dare una risposta se si parte dal presupposto che la sicurezza è un sistema complesso (si parlava prima di "rete"), al cui interno operano realtà diversificate per funzioni e per territori. Due corollari sono collegati a tale affermazione: innanzitutto, queste realtà vanno coordinate al meglio per evitare da un lato lacune, dall'altro sovrapposizioni. L'altro corollario, che credo sia scontato per chi mi ascolta, ma non lo è nella percezione diffusa, è che i soggetti che operano sul fronte della sicurezza si distinguono per ruoli ma non certamente per dignità; mentre, per esempio, la vulgata vedrebbe nella polizia municipale una sorta di polizia di serie B.

In tutto questo va tenuto presente il contesto, che oggi non è certamente né quello di dieci né quello di cinque anni fa: ci sono stati e sono in corso dei mutamenti significativi, che vanno tenuti in seria considerazione e che non devono provocare timore; talora l'effetto potrebbe apparire di grande confusione, ma l'importante è tener sempre presente la direzione di marcia. Vediamo quali sono questi mutamenti, o almeno i più significativi. Certamente, rispetto a pochissimi anni fa, c'è un maggior coinvolgimento degli enti territoriali sul fronte della sicurezza: dieci anni fa la partecipazione del Sindaco e del Presidente della Provincia ai Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza era una graziosa concessione del Prefetto su argomenti specifici e delimitati. Oggi l'assenza del Sindaco o del Presidente della Provincia è un'eccezione, la regola è che ci siano stabilmente. Mi è capitato proprio ieri sera di discutere su questo aspetto con alcuni amministratori, che a Viareggio partecipano al convegno dei comandanti delle polizie municipali: l'idea è di non tentare di forzare lo strumento del Comitato per l'ordine e la sicurezza per ottenere più di ciò che può dare effettivamente, perché è nato in un certo modo, come raccordo tra i vertici delle forze di polizia con il coordinamento del Prefetto, e si è esteso in corso d'opera; però oggi ci sono delle esigenze diverse ed ulteriori, che forse consigliano di prendere in considerazione, per lo meno come ipotesi di scuola da approfondire, altre forme di raccordo. Da parte degli enti territoriali viene manifestata l'esigenza di discutere, in una chiave di assoluta trasparenza e chiarezza, anche circa la dislocazione sul territorio delle forze di polizia. Sono convinto che non debbano esserci ostacoli per un percorso teso ad arrivare a questo, poiché la chiarezza e la trasparenza (a cui ovviamente si deve accompagnare, senza invadere la sfera del Garante, la riservatezza da parte di tutti) sono beni sempre più preziosi perché sempre più rari. La condivisione di certe scelte, o quantomeno il fatto di metterle sul tappeto, crea una base più ampia di consenso sulle scelte medesime. Ogni riferimento alla dislocazione territoriale dei Centri di Permanenza Temporanea è qui assolutamente voluto. In questo senso, il fatto che gli enti territoriali presenti in una determinata regione affrontino il problema della presenza di un CPT, valutando se crea più costi o più benefici, se rappresenta un assorbimento di forze o piuttosto un investimento, sicuramente può facilitare la soluzione dei problemi; se c'è la buona volontà di tutti si possono stemperare le tensioni invariabilmente connesse a scelte di questo tipo.

Che cosa è cambiato in questi ultimi anni? L'attività che svolgono le polizie municipali certamente è cresciuta, pur nel rispetto della loro identità: in alcune zone del territorio nazionale, sulla base di protocolli condivisi, le polizie municipali svolgono in esclusiva interventi di infortunistica stradale. Si sta diffondendo la buona pratica di affidare, sempre in esclusiva, alle polizie municipali gli interventi in materia di contraffazione: reati rispetto ai quali le polizie municipali sono più adeguate e capaci di azioni dall'immagine meno traumatica rispetto ad altre forze di polizia.

Un altro punto è il coordinamento tra polizie municipali di centri limitrofi: un comune che ha un'entità territoriale circoscritta e una popolazione limitata non avrà più di dieci persone come corpo di polizia municipale. Il servizio che questo corpo può rendere sarà sicuramente più limitato e meno efficace rispetto a quello che si può ottenere mettendo insieme tre o quattro comuni che hanno più o meno al stessa dimensione e sorgono su un territorio omogeneo; questa unione consentirà di realizzare non soltanto un servizio più efficace ma anche funzioni particolari: il turno di notte, per esempio, che è inimmaginabile con un corpo molto ristretto. L'attività di formazione è essenziale: le regioni hanno ruolo fondamentale da questo punto di vista e alcune lo stanno già esercitando. Quando si parla di formazione si affronta non soltanto un problema di professionalità, ma anche di motivazione, che è un elemento essenziale per tutti, soprattutto per chi opera nella sicurezza.

Vi è poi la moltiplicazione degli accordi di legalità tra il Ministero dell'Interno, le regioni e i municipi. Questi accordi non contengono parole in libertà ma impegni precisi, assunti reciprocamente su una base di pari dignità, senza alcuna sovraordinazione, e puntano a scendere sempre più nel concreto, a individuare protocolli operativi compatibili, a far sì che si realizzi l'interconnessione non soltanto tra le sale operative delle polizie di dimensioni nazionali ma anche, dove le risorse lo consentono e quindi nelle grandi città, tra queste e le sale operative delle polizie municipali.

Da ultimo, compiti più estesi, più precisi, più definiti, vanno affidati alla vigilanza privata. Questi compiti sono già in parte entrati nella prassi: pensiamo alla sorveglianza sui varchi aeroportuali, o a quella esterna ai palazzi di giustizia, che permettono di destinare le forze di polizia nazionale a compiti più specifici. Com'è a tutti noto, il Consiglio dei Ministri, da oltre un mese, ha varato un disegno di legge che dopo all'incirca settant'anni prende in considerazione in modo organico il sistema della vigilanza privata. Questo disegno di legge, che ha superato l'esame della Conferenza Unificata Stato-Regioni per i profili di diretta competenza delle regioni, a cominciare da quello della formazione, si muove nell'ottica della sicurezza sussidiaria. Rivelo un segreto che è tale solo per modo di dire: originariamente la prima bozza di questo disegno di legge recava il nome di sicurezza secondaria. Era un brutto aggettivo che è stato cancellato e sostituito, ma non è soltanto un problema lessicale e terminologico, è un problema di sostanza.

Questi che ho enumerato sono alcuni tra i terreni operativi (insieme, certamente, all'uso più ampio dei sistemi di vigilanza fissa con le polizie municipali, con gli enti territoriali, con gli istituti di vigilanza, con le regioni) che possono riempire di contenuto l'espressione "polizia locale", mentre gli studiosi e i giuristi cercano di capire di che cosa si tratta dal punto di vista dogmatico. Non va trascurato ovviamente il poliziotto di quartiere e le potenzialità di estensione del poliziotto di quartiere a raccordo con il vigile di quartiere. Torniamo al quesito iniziale: che cosa significa questa espressione nel nuovissimo 117? Intanto mi permetto di contestare quello che secondo alcuni è il presupposto di questa espressione, e cioè la distinzione tra macro-criminalità, che sarebbe di competenza delle polizie nazionali, e micro-criminalità, che verrebbe affidata alle cure di una istituenda polizia regionale; mi permetto di contestarlo perché la criminalità si muove secondo dinamiche che sfuggono a catalogazioni precise e nette. Per fare un esempio che si ricava dall'esperienza quotidiana, dieci anni fa, nelle zone ad alta densità criminale, l'estorsione era in genere praticata da pochi soggetti di rilevante spessore criminale nei confronti di pochi operatori di rilevante spessore economico per cifre consistenti, normalmente attraverso attentati dinamitardi o incendiari. Oggi, tranne alcune eccezioni, nelle stesse zone l'estorsione viene praticata da una fascia più ampia di soggetti, di spessore criminale non necessariamente rilevante, nei confronti di una fascia altrettanto ampia di destinatari, non necessariamente imprenditori o grossi esercenti (anche, per esempio, giovani avvocati che si avviano alla professione); le cifre richieste sono limitate e normalmente non si fa uso di bombe o incendi (altrimenti la tariffa salirebbe perché le "spese" verrebbero incluse nell'impresa). Questa modalità attuale di esercizio dell'estorsione realizza un introito considerevole per le organizzazioni criminali, che continuano ad esistere e che sono micro per le modalità operative e macro per i destinatari dei proventi criminali. Poiché c'è una discreta incertezza nell'identificare la linea di confine, viene il sospetto che questa linea non esista affatto, e che quindi non sia il caso di perdersi in quello sforzo che si fece dopo la prima guerra mondiale per le nazioni africane, di disegnare confini netti e lineari a tavolino, con le conseguenze che si sono patite nei decenni successivi. Concludo dicendo che al momento dobbiamo accontentarci di constatare che cosa non è la polizia locale, aspettando il contributo dei giuristi e di chi l'ha proposta per capire che cos'è. "Polizia locale" sicuramente non vuol dire sicurezza ed ordine pubblico locale perché, come ha ricordato il Ministro Pisanu nel discorso pronunciato in occasione dell'ultima Festa della Polizia, unico è il codice di procedura penale, unico è il sistema delle leggi di pubblica sicurezza, unica è l'esigenza che deriva dall'unità nazionale di ordine pubblico e di sicurezza. Si deve invece e si può approfondire il tema delle politiche integrate di sicurezza con tutti quegli strumenti che sono già in corso di realizzazione e che ovviamente l'esperienza, l'approfondimento ed il contatto sempre più stretto tra i vari enti territoriali e lo Stato consentiranno di perseguire al meglio.

 

 

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