SOTTOSEGRETARIO DI STATO
AL MINISTERO DELL'INTERNO
Dipartimento della Pubblica Sicurezza


Interventi Pubblici

 

 

 

Intervento di saluto del Sottosegretario all'Interno
on. Alfredo Mantovano al convegno Qualità della giustizia
organizzato da OUA e ANM - Lecce, 30 maggio 2003


 

Il convengo di oggi è su un tema di notevole rilievo, perché tocca temi che rientrano direttamente nell'amministrazione quotidiana della giustizia, e quindi nella vita di quei cittadini per i quali la giustizia dovrebbe essere un servizio, e non un supplizio.

Il mio è solo un saluto, e non vuole andare oltre. Sarebbe però surreale spendere anche poche parole sul merito del convegno se ignorassi il contesto nel quale tale convegno interviene: non il contesto territoriale, ma quello generale, istituzionale e dei rapporti fra istituzioni. Sarebbe strano se Lecce, che sono grato agli organizzatori per avere scelto quale sede del convegno, diventasse una sorta di mondo a sé, del tutto svincolato dalla realtà, come se niente fosse accaduto o accadesse al di fuori delle mura della città.

Dico questo con disagio e con amarezza, perché, al di là delle distinzioni ideologiche, credo di aver sempre tentato sui temi della giustizia di perseguire una linea di confronto e di dialogo su questioni concrete. Il disagio nasce dal fatto che oggi, a prescindere dalle intenzioni soggettive, questa linea (che è la sola che consente di cogliere dei risultati non solo condivisi ma anche effettivi) sembra non avere respiro.

Sarebbe facile elencare i fatti corrispondenti ai macigni posti sul cammino del confronto. Facile quanto inutile: sia perché sono questi macigni sotto gli occhi di tutti, sia perché un discorso impostato in questi termini somiglierebbe troppo a una controversia civile fatta di una serie infinita di riconvenzionali.

Dico soltanto, e con rammarico, che ci sono state e ci sono polemiche furibonde. Ma c'è stato un momento in questa legislatura, che su tema che incide sulla qualità del servizio più di qualsiasi altro, la riforma dell'ordinamento giudiziario, ha visto un confronto reale, e anche uno sforzo per avvicinare posizioni inizialmente antitetiche. Questo confronto aveva prodotto come risultato una bozza di articolato che recepiva molte delle istanze della magistratura associata. Questo confronto è stato interrotto bruscamente dalla decisione della magistratura associata di proclamare lo sciopero: una decisione che, per una istituzione dello Stato, dovrebbe avere i caratteri della eccezionalità e dovrebbe essere fondata su motivazioni altrettanto eccezionali, soprattutto in presenza dei pressanti inviti a recedere formulati in quella circostanza dal Capo dello Stato.

Non è mio compito approfondire la riflessione sul punto. Ho solo una curiosità: se, in presenza di un testo che aveva accolto proposte provenienti dalla magistratura e di un contesto che manifestava disponibilità in questa direzione, si è deciso di scioperare, che cosa accadrà quando, fra breve, la riforma dell'ordinamento giudiziario entrerà nel vivo della discussione in Parlamento, e quindi andrà verso l'approvazione? quali strumenti politici o sindacali (lo sciopero è uno strumento politico e sindacale) verranno adottati dalla magistratura?

Non vado oltre, anche se queste considerazioni mi sembravano doverose , come è doverosa la chiarezza, che è uno dei presupposti della serietà. Il merito di questo convegno è di focalizzare l'attenzione uno degli aspetti più importante del lavoro quotidiano nei palazzi di giustizia: parlare di qualità della giustizia significa parlare di qualità dei soggetti (ed è la prima parte del convegno), e quindi di quel fattore umano senza del quale la giustizia non funzionerà mai, anche se ogni magistrato avesse a disposizione tre computer, due macchine e 10 collaboratori . La sentenza è del giudice, e nessuna norma di per sé è capace di garantirne la qualità se la qualità di chi la emette lascia a desiderare.

Per questo la riforma dell'ordinamento giudiziario è di importanza fondamentale - anche se non promette i miracoli che normalmente sono assicurati da certe riforme processuali (con riserva di verifica postuma) . Il ddl del governo aveva il merito di affrontare i problemi veri: reclutamento, formazione, valutazione della professionalità, disciplina (forse dovrebbe includere il tema dell'etica giudiziaria, che è cruciale per l'imparzialità). Che gli strumenti da alcuni fossero ritenuti insoddisfacenti non toglie che questi siano i problemi cruciali della nostra istituzione giudiziaria.

Sembra una ovvietà a dirlo, ma non lo è nei fatti: senza magistrati e giudici migliori è illusorio pensare a una giustizia migliore.

L'augurio che rivolgo sinceramente ai partecipanti al convegno è che si individuino contributi tecnici qualificati in questa direzione, ma anche che si facciano passi in avanti significativi verso il mutamento del contesto cui prima facevo cenno.

 

 

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