SOTTOSEGRETARIO DI STATO
AL MINISTERO DELL'INTERNO
Dipartimento della Pubblica Sicurezza


Interventi Pubblici

 

 

Intervento del Sottosegretario all'Interno on. Alfredo Mantovano al convegno sul tema: "Minori e disagio"

Cooperativa Sociale solidarietà salento della Fondazione Rico Semeraro

Lecce, 28 maggio 2004


 

Fra le manifestazioni di disagio minorile, soprattutto dei minori stranieri, vorrei soffermarmi su quella particolare forma di sfruttamento costituito dall'impiego dei minori nell'accattonaggio: un fenomeno che percepiamo tutti in modo evidente quando, per esempio, ci si ferma a un semaforo…

Un fenomeno disomogeneo: che conosce un profilo di inserimento in vere e proprie attività criminali, ma la cui parte più consistente e più complessa chiama in causa i modi di vivere delle comunità Rom. Senza entrare in digressioni sociologiche, vorrei ricordare che le "pratiche" in uso nelle comunità Rom fanno ritenere l'accattonaggio una attività assolutamente "lecita": non vi è, cioè, la consapevole percezione del danno che esse possono procurare nei soggetti che le praticano. Nella cultura - intesa in senso lato, come modello di vita e di comportamento - delle popolazioni nomadi l'accattonaggio è "normale", alla pari del "furtarello", ritenuto una necessità di sopravvivenza a vantaggio della famiglia dell'autore. Per questo l'accattonaggio praticato dai figli non è vissuto dai genitori come "ripugnante", bensì come un modo per assicurare la sopravvivenza del nucleo familiare, se non proprio come un avviamento alla vita.

Lo stesso carattere nomade di tali comunità non giova al radicamento su una porzione stabile del territorio; non giova allo sviluppo di attività lavorative e scolastiche continuative; non giova a programmare qualsiasi tipo di interventi sociali.

Se tutto questo è vero, la prevenzione e il contrasto a un fenomeno che presenta queste peculiarità non produrrà effetti significativi se sarà limitata alla semplice applicazione del codice: se, cioè, le comunità dei nomadi non si stabilizzeranno in un contesto definito, facendone proprie, nei limiti del possibile, le regole ed i comportamenti.

Al di fuori del contesto Rom, una percentuale inferiore di minori impiegati nell'accattonaggio sono di origine marocchina, rumena e albanese: spesso questi bambini sono ceduti dalle famiglie a organizzazioni criminali, per lo più di origine balcanica, che li utilizzano in Italia: i margini di profitto arrivano fino a 100 euro al giorno per bambino. Con frequenza questi minori sono adoperati anche per il traffico di stupefacenti, per il contrabbando, e per altre attività illecite.

Nel 2003 sono state diramate direttive ai Questori, con l'obiettivo di intensificare i servizi di prevenzione e di repressione dell'impiego di bambini ed adolescenti nell'accattonaggio. Ricordo, in particolare, la circolare del 14 febbraio 2003, con la quale è stata segnalata l'opportunità di curare, in sede locale, intese tra le Forze di Polizia, le Polizie Municipali e i Servizi Sociali dei Comuni, per definire gli interventi più adeguati ad arginare il fenomeno. Il coinvolgimento delle polizie municipali è essenziale, per la vicinanza di tali corpi alle realtà territoriali e per i collegamenti più diretti che essi hanno con i servizi sociali presenti nella zona.

Nell'ottica del coinvolgimento degli Enti territoriali, ricordo qualcuna delle intese promosse sul territorio, che miglioreranno l'efficacia dell'azione delle Forze dell'Ordine. La Prefettura di Torino ha siglato, il 19 giugno 2003, un Protocollo di collaborazione con il Comune e con le Autorità consolari della Romania per il rimpatrio dei minori rumeni vittime di sfruttamento, per il reinserimento nelle famiglie di origine. A Napoli il Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza si è occupato della problematica in due riunioni tenute lo scorso mese di settembre, nel corso delle quali sono state individuate alcune strutture di accoglienza e di assistenza dei minori costretti all'accattonaggio, specie dei più piccoli. Per sottolineare il carattere assistenziale e non meramente repressivo delle operazioni programmate, si è convenuto che le Forze di Polizia intervengano, in collaborazione con la Polizia Municipale, in abiti civili e con mezzi che non abbiano i colori di istituto.

Da ultimo ricordo l'inaugurazione, a Roma il 2 febbraio di quest'anno, del "Centro di accoglienza alla mendicità minorile", istituito dal Comune per accogliere ed assistere, con personale specializzato, i minori trovati in strada a mendicare.

Tra le operazioni di contrasto con le quali si è data applicazione alla nuova legge contro la tratta delle persone (L. 11 agosto 2003 n. 228), vorrei ricordare l'operazione "Spezzacatene" dell'Ufficio Minori della Questura di Cosenza, che si è conclusa il 16 ottobre 2003, con la sottoposizione a fermo di 13 cittadini della ex Jugoslavia, indagati per associazione per delinquere finalizzata alla commissione del reato di riduzione in schiavitù nei confronti di numerosi minori, impiegati nell'accattonaggio. Significativa è stata pure l'operazione "Infanzia violata", effettuata tra il 30 ottobre ed il 15 dicembre 2003, che ha interessato l'intero territorio nazionale: nel corso di questa operazione sono state arrestate 22 persone.

Da un punto di vista statistico gli unici dati interforze esistenti sono quelli afferenti al numero di denunce inoltrate all'autorità giudiziaria per la violazione dell'art. 671 del codice penale (si tratta della contravvenzione di impiego di minori di anni 14 nell'accattonaggio), e delle persone denunciate per il medesimo reato. Si tratta di dati censiti solo a partire dal 14 maggio 2002; precedentemente la voce di reato non era prevista nella banca dati interforze.

Dal 14 maggio 2002 sono state denunciate in Italia 847 persone. Nel corso del 2003 sono state denunciate 524 persone: solo nel primo trimestre di quest'anno le denunce sono state 91. Le Regioni dove il fenomeno è risultato più frequente sono state la Lombardia (203 persone denunciate dalle Forze dell'Ordine all'Autorità Giudiziaria), il Lazio (105 persone), la Campania (83 denunciate), il Veneto (72), la Liguria (66) e l'Emilia-Romagna (60), la Toscana(53) e la Puglia (46).

Fra i progetti per le vittime della tratta curati dal Ministero dell'Interno, ricordo quelli relativi al ritorno volontario assistito e alla reintegrazione nel paese di origine , che ultimamente ha reso possibile il rimpatrio assistito ogni anno di 80 vittime di tratta. Le destinazioni di rimpatrio hanno riguardato in particolare la Romania, la Bulgaria, la Moldavia, la Russia, l'Ucraina, e la Nigeria. Una parte delle vittime rimpatriate erano minorenni.

Un altro progetto, denominato "Prevenzione Tratta", ha trovato attuazione a partire dal dicembre 2002 in quattro Paesi dell'Europa centro-orientale: Albania, Romania, Ucraina e Moldavia, particolarmente interessati dal fenomeno. Con questo progetto sono state finanziate attività di prevenzione e di informazione, e tavoli di lavoro comuni con gli operatori e i funzionari delle Amministrazioni locali, tesi a stimolare forme di cooperazione continuative.

 

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