SOTTOSEGRETARIO DI STATO
AL MINISTERO DELL'INTERNO
Dipartimento della Pubblica Sicurezza


Interventi Pubblici

 

 

Intervento del Sottosegretario all'Interno on. Alfredo Mantovano al convegno sul tema: "Recupero dei bambini Rom. Iniziative a confronto delle municipalità di Torino, Roma e Napoli"

Osservatorio sul lavoro minorile

Campidoglio Roma, 11 marzo 2004


 

L'accattonaggio è giunto alla ribalta in un passato relativamente recente -per una certa sottovalutazione diffusa - allorché è stato collegato ad attività rientranti nella tratta degli esseri umani e a modalità particolari di sfruttamento criminale dell'immigrazione clandestina.

Il fenomeno dell'accattonaggio evidenzia peculiarità che ne mettono in evidenza la disomogeneità: si pensi, infatti, all'origine del fenomeno ed alla sua successiva evoluzione, con forti differenze sul piano sociale, ma anche in ordine alla individuazione della migliore azione di prevenzione e di contrasto.

L'accattonaggio emerge in Italia verso la seconda metà degli anni ottanta, interessando principalmente minori slavi di origine Rom.

Non mi soffermo su digressioni di carattere sociologico. E' però opportuno ricordare che le "pratiche" in uso nelle comunità Rom fanno ritenere l'accattonaggio una attività assolutamente "lecita": non vi è, cioè, la consapevole percezione del danno che esse possono procurare nei soggetti che le praticano.

Nella cultura delle popolazioni nomadi l'accattonaggio è normale, talvolta pure il "furtarello", ritenuto da quelle comunità un espediente praticato per necessità di sopravvivenza a vantaggio della famiglia di chi ne è l'autore.

Ne discende che, in questo contesto, l'accattonaggio praticato dai figli non è vissuto dai rispettivi genitori come "ripugnante", bensì come un modo per assicurare la sopravvivenza del nucleo familiare, e persino come un avviamento alla vita.

Lo stesso carattere nomade di tali comunità non giova al radicamento su una porzione stabile del territorio o allo sviluppo di attività lavorative e scolastiche dotate di qualche radicamento .

In relazione a tanto, l'attività di "contrasto" al fenomeno, che ha queste peculiarità, difficilmente produrrà effetti duraturi se sarà limitata alla mera applicazione del codice: se, cioè, le comunità dei nomadi non si radicheranno in un definito e determinato contesto, facendone proprie, nei limiti del possibile, le regole ed i comportamenti.

La complessità delle cause sottostanti al fenomeno, e la difficoltà di acquisire informazioni certe sui singoli casi hanno limitato l'efficacia dell'azione di contrasto, anche se l'Amministrazione dell'Interno ha seguito con attenzione tutte le forme di sfruttamento e, più in generale, di abuso sui minori, sviluppando attività di contrasto.

Nel corso del 2003 sono state diramate specifiche direttive ai Questori, con l'obiettivo di intensificare i servizi di prevenzione e di repressione dell'impiego di bambini ed adolescenti nell'accattonaggio.

Ricordo, in particolare, la circolare del 14 febbraio 2003, con la quale è stata segnalata l'opportunità di curare, in sede locale, ulteriori intese tra le Forze di Polizia, le Polizie Municipali e i Servizi Sociali dei Comuni, al fine di definire in sede tecnica gli interventi più adeguati ad arginare il fenomeno.

Il coinvolgimento delle polizie municipali è essenziale, per la vicinanza di tali corpi alle realtà territoriali e per i collegamenti più diretti che essi hanno con i servizi sociali presenti nella zona.

Con l'entrata in vigore della legge n. 228 dell'11 agosto 2003, recante "Misure contro la tratta di persone", è stata diramata, il 29 dicembre, una nuova direttiva ai Questori, che aggiorna quella del 14 febbraio 2003.

La nuova direttiva, nel richiamare l'attenzione sulla fattispecie criminosa prevista dall'art. 600 del codice penale -modificato da tale legge - ha sottolineato la necessità di interventi di prevenzione e repressione del fenomeno, attraverso attività informative e investigative, e appositi servizi di controllo del territorio.

La circolare ha, inoltre, segnalato l'opportunità di definire intese con le istituzioni interessate (Tribunali per i Minori, enti locali, ecc.), all'interno dei Comitati Provinciali per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, per affrontare in modo organico i profili strettamente operativi, di competenza delle Forze dell'Ordine, e i profili legati al recupero sociale dei minori e alle procedure di rimpatrio assistito nei casi praticabili.

Un ruolo importante può essere svolto dagli Enti territoriali attraverso, ove se ne ravvisino le necessarie condizioni, interventi mirati di politica sociale.

In questa ottica, ricordo brevemente le intese promosse sul territorio, che miglioreranno l'efficacia dell'azione delle Forze dell'Ordine.

La Prefettura di Torino ha siglato, il 19 giugno 2003, un Protocollo di collaborazione con il Comune e con le Autorità consolari della Romania per il rimpatrio dei minori rumeni vittime di sfruttamento, per il reinserimento nelle famiglie di origine.

Anche a Napoli il Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica si è occupato della problematica in due riunioni tenute lo scorso mese di settembre, nel corso delle quali sono state individuate alcune strutture di accoglienza e di assistenza dei minori costretti all'accattonaggio, specie dei più piccoli.

Per sottolineare il carattere assistenziale e non meramente repressivo delle operazioni programmate, si è convenuto che le Forze di Polizia intervengano, in collaborazione con la Polizia Municipale, in abiti civili e con mezzi che non abbiano i colori di istituto.

Da ultimo ricordo l'inaugurazione, a Roma il 2 febbraio di quest'anno, del "Centro di accoglienza alla mendicità minorile", istituito dal Comune per accogliere ed assistere, con personale specializzato, i minori trovati in strada a mendicare dagli operatori di polizia.

Tra le operazioni di contrasto con le quali si è data applicazione alla legge 11 agosto 2003 n. 228, ritengo di evidenziare l'operazione "Spezzacatene" dell'Ufficio Minori della Questura di Cosenza, che si è conclusa il 16 ottobre 2003, con la sottoposizione a fermo di indiziato di delitto di 13 cittadini della ex Jugoslavia, indagati per associazione per delinquere finalizzata alla commissione del reato di riduzione in schiavitù nei confronti di numerosi minori, impiegati nell'accattonaggio.

Il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, anche alla luce delle disposizioni contenute nella legge 228/2003, ha emanato direttive ai Comandi Provinciali per organizzare servizi di contrasto dei fenomeni di abbandono, sfruttamento ed abuso dei minori, incaricando gli stessi Comandi di riferire gli esiti periodicamente.

Significativa è l'operazione "Infanzia violata", effettuata tra il 30 ottobre ed il 15 dicembre 2003, che ha interessato l'intero territorio nazionale: nel corso di essa sono state arrestate 22 persone.

Da un punto di vista statistico gli unici dati interforze esistenti sono quelli afferenti al numero di denunce inoltrate all'A.G. ai sensi dell'art. 671 C.P. (reato di natura contravvenzionale di impiego di minori di anni 14 nell'accattonaggio), nonché al numero delle persone denunciate per il medesimo reato, e sono censiti solo a partire dal 14 maggio 2002; precedentemente, infatti, la voce di reato non era prevista nella banca dati interforze.

Dal 14 maggio 2002 sono state denunciate in Italia 823 persone: nel secondo semestre del 2003 (dal 1 luglio al 30 dicembre) le denunce sono state 288 di cui 9 arresti.

Le Regioni dove il fenomeno è risultato più frequente sono state la Lombardia (191 persone denunciate dalle Forze dell'Ordine all'Autorità Giudiziaria), il Lazio (104 persone), la Campania (81 denunciate), il Veneto (67), la Liguria (62) e l'Emilia-Romagna (54).

Quanto alle iniziative sul piano internazionale ed europeo, ricordo che l'Italia è sempre stata in prima linea nella lotta allo sfruttamento minorile, con leggi che mirano a colpire le organizzazioni criminali che ne traggono profitto, impegnandosi perché la questione sia all'ordine del giorno nei fori internazionali.

Sui progetti per le vittime della tratta curati dal Ministero dell'Interno, il "Progetto per assicurare il ritorno volontario assistito e la reintegrazione nel paese di origine delle vittime della tratta" si è concluso nel settembre 2002, rendendo possibile il rimpatrio assistito di 80 vittime di tratta.

La Commissione interministeriale per l'attuazione dell'art. 18 del T.U. Immigrazione, istituita al Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, ha disposto per l'anno 2003 il rifinanziamento dell'iniziativa, al fine di accogliere le richieste delle vittime di tratta che denunciano il loro trafficante e/o sfruttatore, e per consentire il ritorno nel Paese di origine.

La seconda annualità del Progetto ha avuto avvio con la stipula della Convenzione sottoscritta il 4 aprile 2003 tra il Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Ministero dell'Interno e l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, che collabora alla realizzazione dell'iniziativa.

Da quella data fino ad oggi sono stati autorizzati ed effettuati in totale 58 nuovi rimpatri, sugli 80 programmati: di questi 39 hanno interessato la Romania, 6 la Bulgaria, 2 la Moldavia, la Russia e l'Ucraina, 1 la Polonia e la Lettonia e, per la prima volta, 5 la Nigeria.

Delle 58 vittime rimpatriate 6 erano minorenni (tutti rumeni), e 5 erano già in possesso del permesso di soggiorno ex art. 18 della legge sull'immigrazione.

Il secondo progetto, denominato "Prevenzione Tratta", ha trovato attuazione a partire dal dicembre 2002 in quattro Paesi dell'Europa centro-orientale: Albania, Romania, Ucraina e Moldavia, particolarmente interessati dal fenomeno.

Con questo progetto sono state finanziate attività di prevenzione e di informazione, e tavoli di lavoro comuni con gli operatori e i funzionari delle Amministrazioni locali, tesi a stimolare forme di cooperazione continuative.

 

 

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