ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su HPRESS
Agenzia Giornalistica internazionale
dei portatori di handicap

(  Anno VII- Numero 13    Pag.  23-25  )
Lunedì 15 luglio 2002

di Anna Lisa Fumagalli

Intervista
Onorevole Alfredo Mantovano Sottosegretario di Stato all'Interno


Nei palazzi della politica italiana, quanto spesso e in che termini si parla di handicap?
L'attenzione alla problematica dell'handicap costituisce un aspetto sicuramente presente, ma altrettanto sicuramente da incrementare nel mondo politico e delle istituzioni. Si tratta di un tema di assoluto rilievo, perché si inquadra in quell'area di questioni su cui da sempre si scontrano e si qualificano visioni del mondo diverse ed essenzialmente opposte, quelle riguardanti il senso della vita umana e la sua dignità. Solo una visione del mondo rispettosa della persona come soggetto irripetibile costituito di spirito e di materia, e della vita come dono ricevuto e da custodire, rende ragione di una tutela senza eccezioni per la vita umana innocente, fin dal momento del suo concepimento e a prescindere dal fatto che rientri in determinati standard morfologici, di efficienza psichica o di salute. In questa ottica ho sempre guardato con attenzione ai portatori di handicap, come risorsa importantissima per una comunità che può anche riconoscere in loro fattivamente il suo rispetto per la vita.

Molti invalidi, a tutt'oggi, vengono respinti dal mondo della produzione, del lavoro, in quanto ritenuti improduttivi, lenti, spesso scomodi. Si sprecano, così, nell'abbandono, nell'indifferenza, migliaia di ottimi cervelli, che se venissero utilizzati arricchirebbero notevolmente il patrimonio culturale e spirituale del nostro Paese. Qual è la sua opinione?
Viviamo in un mondo pieno di contraddizioni, perché privo di punti fermi e di solidi riferimenti etici, sradicati da un lavorio plurisecolare di prospettive materialistiche, utilitaristiche e sostanzialmente relativistiche. Al di là di vuoti proclami, oggi una mentalità molto diffusa che è divenuta cultura e si è incarnata nell'ordinamento giuridico, sta producendo un razzismo di tipo eugenetico assolutamente agghiacciante. Un esempio per tutti è la pratica spesso consigliata dell'amniocentesi, intervento estremamente invasivo e pericoloso, asseritamente funzionale ad appurare la probabilità di malformazioni nei nascituri, al fine di riesumare gli orrori di una "rupe tarpea" in ambiente sterile e tecnologico. In questa linea mortale si colloca la disinvolta utilizzazione di embrioni per esperimenti genetici e la sempre più violenta pressione per arrivare al riconoscimento giuridico dell'eutanasia, non come rifiuto di accanimento terapeutico, ma come disponibilità della vita umana da parte dei singoli, nella prospettiva che un basso livello di efficienza ed integrità fisica renda sostanzialmente la vita immeritevole di essere vissuta. In questo contesto la presenza dei portatori di handicap costituisce una nota stonata, che si può armonizzare solo con una visione del mondo che sappia trascendere la materialità e la fisicità. Anche per questo è importante creare spazi aperti ai portatori di handicap, che possono portare un contributo prezioso alla comunità e ai quali non si può e non si deve far pagare il prezzo di ubriacature ideologiche, che tentano ancora di sdoganare un decrepito materialismo con il pretesto di casi pietosi da affrontare (e soprattutto da eliminare). In questa prospettiva credo sia importante individuare delle modalità di accesso che si fondino su specifiche capacità piuttosto che su forme di assistenzialismo, che rendono più difficile l'integrazione e sottolineano, anziché superare, presunte differenze qualitative.

Le nuove generazioni sono sicuramente più aperte a recepire messaggi non stereotipati: per favorire una reale cultura delle diversità, non pensa si dovrebbe cominciare ad insegnare nelle scuole di ogni ordine e grado il contatto diretto con l'handicap?
R: Sinceramente non sono convinto che sia necessario e nemmeno opportuno un insegnamento in questo senso, sarebbe come dedicare tempo alla dimostrazione che anche le persone di colore hanno l'anima o che le donne hanno una dignità pari a quella degli uomini. Il problema è molto più profondo e deve essere affrontato nelle sue cause vere; problemi come quelli che ho citato nascono solo dove non c'è un vero rispetto della dignità della persona, nella sua integrità e a prescindere dalle circostanze, ed il riconoscimento della vita come un dono ricevuto, del quale nessuno ha diritto di disporre a piacimento.

Si fa un gran discutere di beneficenza e solidarietà, alla quale prestano il volto personaggi applauditi e famosi. In nome del buon cuore e della carità umana, per questa o quella causa, sono state intraprese vere e proprie maratone televisive che hanno fruttato decine e decine di miliardi sotto l'egida del no profit. Non le sembra, gentile onorevole Mantovano, che tali iniziative di carità televisiva siano lesive della dignità umana?
Non posso che risponderle da cattolico, osservando che la filantropia senza perché finisce spesso per non essere né rispettosa dei beneficati, né efficace. Senza tener conto dell'amore di e per Dio non c'è vero amore per il prossimo. In questa prospettiva credo che sia importante trovare un equilibrio che abbia rispetto di tutti, che non speculi sulle difficoltà altrui e che però non sia neppure alla incondizionata ricerca del sensazionale, magari con un secondo (o primo?) fine di incremento dello share.

In Italia i disabili sono circa 4.500.000 e se a questi si sommano i parenti che vivono direttamente o indirettamente i loro problemi, la cifra si può tranquillamente aggirare sui 15/17 milioni di cittadini. Per queste persone non esiste alcuna forma politica di rappresentanza. Di conseguenza, sta per essere ultimato un progetto, che vede coinvolti in prima persona portatori di handicap. L'obbiettivo: il bisogno di favorire l'impegno politico dei disabili, (oggi esclusi), là dove vengono promulgate le leggi. La partecipazione attiva dei cittadini portatori di handicap all'interno dei diversi schieramenti politici rappresenta un passo fondamentale per raggiungere l'integrazione sociale e la presenza di disabili in Parlamento permetterebbe di confrontarsi con i problemi reali di questa categoria e di valutare quindi secondo una logica più consapevole ed efficace i relativi provvedimenti normativi. Quella è il suo parere in merito a questa iniziativa?
Credo che si tratti di una naturale evoluzione del nostro ordinamento, che si avvia verso una forma di rappresentanza più diretta e meno astratta. Potrebbe essere interessante immaginare anche soluzioni integrate, che prevedano una sorta di "patto" relativo alle problematiche dei portatori di handicap, proponendo ai candidati un preciso programma in merito, da sviluppare nel corso del loro mandato.


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