ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su il Giornale
(Sezione: Il fatto     Pag.    6)
Martedì 19 luglio 2005

Gianni Pennacchi

 

 «Partito unitario ora o mai più» Anche Casini vuol fare in fretta

 


 

da Roma

Al grido di «partito unitario subito», hic et nunc «o mai più», ecco muovere al contrattacco nella Cdl gli «uniati»: quasi un ultimatum, certamente una sferzata ai più tiepidi e a quanti s'erano rassegnati al rinvio del progetto di casa comune dopo le elezioni. «Con Casini si è registrata un'ampia convergenza», ha detto Marcello Pera a conclusione della performance. Più che una «convergenza», quella che s'è palesata ieri tra i due presidenti delle Camere al convegno organizzato dalla Fondazione Magna Carta sembra in verità un combinato disposto, una manovra congiunta per rivitalizzare un tormentone e trarre dalle secche l'alleanza di governo. E ad applaudire i due autorevoli campioni della riscossa unitaria c'era il fior fiore degli «uniati» che han ripreso vigore, dopo le delusioni incassate di recente: Ferdinando Adornato e Adolfo Urso, Fabrizio Cicchitto e Alfredo Mantovano, Gustavo Selva ed Elio Vito. C'era pure il governatore Roberto Formigoni, anch'egli entusiasta nel perorare «un partito nuovo dei moderati italiani» da fare «subito, per presentarlo alle elezioni politiche del 2006» ovviamente accompagnato da «una riforma della legge elettorale in senso proporzionale». E c'era pure Marco Follini, a ricordare che il «partito unico non c'è» - il tema sta relegato «ormai nelle pagine interne dei giornali» - però assecondando l'amico e mentore Pierferdinando, perché «ci può essere un grande partito moderato: ma o si fa o si lascia perdere».

E Casini muove proprio da Follini, spiegando che sì, quella di «partito unico» è una definizione «sbagliata», non esiste oggi né ci sarà mai, però quello di «un partito dei moderati è un tema per l'oggi e non per il domani: meglio farlo subito, altrimenti meglio non parlarne più». Un'ora dopo, nell'intervento conclusivo, il presidente del Senato gli ha fatto eco ammonendo che «non c'è più tempo da perdere né da aspettare, non servono reticenze, rinvii o astuzie: il partito unitario lo si fa oggi, non domani o dopo le elezioni quando non serve più». Chiamatela «convergenza», ma è totale e d'acciaio. Anche sulla legge elettorale, che ovviamente va cambiata adesso perché «in tutti i Paesi del mondo si discute di legge elettorale un anno prima delle elezioni politiche», insegna il presidente della Camera senza timore di ammettere: «Sì, sono deluso del maggioritario». Così Pera, che spiega come il maggioritario «è andato storto rispetto agli ideali e alle aspettative», dunque attenti: la legge elettorale in vigore è «un ostacolo alla formazione di un partito di coalizione».

I toni sono da estremo appello. «Se non è possibile farlo oggi non parliamone più», dice Casini. «Se nessun altro vuole, lo faremo in due», risponde Pera guardandolo, «e lo chiameremo partito gemellare». Ambedue affannandosi a ribadire che «il problema non è la leadership». Già, che ne pensa Silvio Berlusconi? Il premier è atteso domani a un altro convegno, sullo stesso tema ma allargato agli orizzonti europei, e forse risponderà. Nel frattempo Casini non risparmia le autocritiche alla Cdl che suonano frecciate all'indirizzo di Berlusconi: bravo il premier contro l'evasione fiscale, ma «meglio se l'avesse fatto prima»; e per la riforma costituzionale voluta dalla Lega, non era «più saggio pensare a un'assemblea costituente»? Lascia quasi intendere che sia possibile ancora far marcia indietro: del resto l'assemblea costituente «che nella prossima legislatura avrebbe dovuto occuparsi» della Grande riforma federale, andrebbe anch'essa eletta «proporzionalmente».

Casini alza con forza e decisione, mentre Pera gli sostiene il braccio, la bandiera di un partito dei moderati «di massa, popolare, riformatore, cattolico e liberale». La «piattaforma culturale» c'è - Pera conferma - ed è «un fatto politico» la disponibilità di An e Udc. Che vogliamo fare, «la figura della montagna che partorisce il topolino?». Bisogna «dare un minimo di speranza ai moderati italiani, oggi in gran parte delusi», esorta il presidente della Camera. Ma oggi, o «non parliamone più». E in serata Casini approfitta di un incontro pubblico a Bologna per chiarire che la sua candidatura a premier «non è nel novero delle possibilità né delle disponibilità».


    

 

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