ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Il Gazzettino
(Sezione:        Pag.     )
Mercoledì, 15 Giugno 2005

Andrea Bianchi

LA CRISI DI AN

 

 Gran lavoro alla Farnesina, Fini «ricuce» con i suoi colonnelli


 

Roma

NOSTRA REDAZIONE

Intensa attività diplomatica alla Farnesina. Dov'è la notizia? Nel fatto che gli interlocutori del ministro Gianfranco Fini (foto) sono i colonnelli del suo stesso partito, alcuni in rivolta dopo il flop del referendum. Il leader di An si prepara ad affrontare nell'ufficio politico di oggi la sfida del leader della Destra sociale, Gianni Alemanno, che si è dimesso dall'incarico di vicepresidente del partito, e di quanti (molti) non hanno digerito i tre sì annunciati e votati da Fini.

Il presidente di An, dopo aver certificato a botta calda che «non si dimetterà», si è dedicato ieri alla preparazione dell'appuntamento di questo pomeriggio incontrando i principali dirigenti del partito. Il colloquio più lungo (circa due ore) è stato quello con il ministro Alemanno, che si è dimesso per «aprire un dibattito» sulla linea politica di An e si appresterebbe a presentare un documento nella riunione di oggi. Ma Fini ha visto anche il ministro Francesco Storace (Destra sociale) e il vicepresidente in quota alla corrente di Nuova alleanza, Altero Matteoli. Con il vicepresidente vicario Ignazio La Russa, di Destra protagonista, c'è stata una lunga telefonata. Fini ha di fronte a sé due compiti principali. Nell'immediato rispondere alla sfida dei dimissionari (Alemanno, il sottosegretario Mantovano e quanti la pensano come loro). A breve termine valutare l'adesione o meno al progetto berlusconiano di partito unico, pur nella forma attenuata che il Cavaliere ha ipotizzato ieri.

Il malessere nel partito è e resta forte, anche se le conseguenze pratiche, per il momento, potrebbero essere limitate. «Io e Alemanno - spiega Mantovano - abbiamo posto un problema di merito e di metodo. Sono in discussione i contenuti, tutto il resto è consequenziale ma non marginale né secondario. Sarebbe riduttivo, però, discutere su chi lascia o chi entra nel partito». Al centro della discussione c'è «la coerenza politica, con atti concludenti, nella destra rispetto agli atti fondativi e all'opinione prevalente nel partito». Storace, con una punta d'ironia, definisce «educative» le dimissioni di Alemanno (Fini considerava «diseducativo» l'invito all'astensione). «Questo non significa - prosegue l'ex Governatore del Lazio - che bisogna aprire una disfida. Adesso sta a Fini e Alemanno, con quello che rappresentano entrambi, trovare una strada che consenta al partito di ripercorrere un percorso unitario». Il messaggio, tutto sommato, è di pace: «Nessuno - aggiunge Storace - può avere interesse ad un partito spaccato su una questione così importante, si sta lavorando per evitare una spaccatura». Mantiene alto il tono dello scontro il vicepresidente della Camera, Publio Fiori: «Dato che Fini non può abiurare - osserva - allora o Fini lascia An o An finisce di vivere, perché in fondo un'idea di An senza Fini non è pensabile». La soluzione potrebbe essere il partito unico o unitario? Teodoro Buontempo, che è contrario, propone addirittura «una scissione consensuale» tra i favorevoli al «contenitore» berlusconiano e i nostalgici del Msi o i fautori di una nuova destra «teo-con».

Lo spazio che i contestatori conquistano sui media non deve trarre in inganno. Fini ha comunque dalla sua la maggioranza del partito. La Russa invita tutti i dirigenti a «mostrare senso di responsabilità». Due finiani, come Berselli e Raisi, trovano «strumentale e inopportuna» la radicalizzazione del confronto.


    

 

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