ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su LA GAZETTA DEL MEZZOGIORNO sabato 12 gennaio 2002

Gianfranco Lattante


Atto d'accusa del Sottosegretario nel giorno dell'inaugurazione dell'anno giudiziario


Mantovano scuote il tribunale
«Quelle inammissibili e non occasionali inefficienze»


I pugni del Sottosegretario tornano scuotere il Tribunale. Sono le «scarcerazioni facili» a far perdere ancora una volta le staffe all'ex giudice che, stamane, diserterà la cerimonia d'inaugurazione dell'anno giudiziario: «Con comportamenti come questo c'è ben poco da festeggiare». Alfredo Mantovano ce l'ha con il gip Luigi Forleo che, due anni fa, da Brindisi era stato dirottato a Lecce per giudicare in abbreviato 43 imputati del clan Padovano-Giannelli-Scarlino: sono passati quindici mesi dalla sentenza di condanna di primo grado ed il gip non ha ancora depositato le motivazioni; il ritardo, inevitabilmente, ha aperto le porte del carcere agli imputati, che pure avevano rimediato condanne superiori ai due secoli per fatti di criminalità organizzata. «Ciò è avvenuto non per una diversa valutazione delle prove a loro carico - denuncia il sottosegretario all'Interno - nè perché ritenuti non più pericolosi, bensì perché il giudice dell'udienza preliminare che ha pronunciato la sentenza di condanna non ha depositato la relativa motivazione, facendo così inutilmente decorrere la durata massima della custodia cautelare».

Il dispositivo della sentenza è datato 4 ottobre 2000. «E' superfluo sottolineare la gravità delle conseguenze di questa omissione - aggiunge Mantovano - Anni di lavoro delle forze di polizia e della magistratura inquirente sono vanificati. Personaggi dei quali si presume la non colpevolezza fino alla definitività della condanna, ma che comunque sono stati ritenuti responsabili da un giudice di alcuni dei più efferati delitti consumati nel Basso Salento negli ultimi anni e che ora tornano ad incutere terrore nei luoghi di provenienza. Le nostre popolazioni sono disorientate e non comprendono come possa accadere tutto ciò».

Le parole di Mantovano sono misurate. Ma il loro peso specifico è notevole. «Sulle nostre forze dell'ordine, sottoposte ad un lavoro straordinario, viene aggiunto un insopportabile supplemento di fatica, derivante dalla necessità di controllare soggetti che avevano già assicurato alla giustizia. Benché il ministero dell'Interno stia gradualmente innalzando il livello di sicurezza in questa zona, come testimoniano i dati confortanti delle Questure del territorio della Corte d'Appello di Lecce, riesce difficile gestire un lavoro doppio, derivante da episodi come questo».

La denuncia di Mantovano giunge come una bomba alla vigilia dell'anno giudiziario. Il Sottosegretario l'ha affidata ad una lettera inviata al presidente della Corte d'Appello Umberto Pagano, in cui annuncia che questa mattina diserterà la cerimonia nell'Aula magna del Tribunale. «Per la prima volta dopo molti anni non sarò presente all'inagurazione dell'anno giudiziario - spiega Mantovano - Le ragioni sono strettamente connesse all'ordine pubblico nel Salento, quindi rientranti nella sfera della mia competenza istituzionale». Difficile che stamane il caso sollevato dal Sottosegretario non trovi eco nella relazione del Procuratore generale Alessandro Stasi sulla salute della giustizia ordinaria nel Salento.

Contro le scarcerazioni facili e disinvolte Mantovano era già intervenuto: «Nel mese di settembre ed in una sede istituzionale come il Parlamento, avevo segnalato al ministro della Giustizia (che sta esaminando il caso) un'altra omissione da parte di un gip di Lecce che non aveva adeguatamente motivato un'ordinanza di custodia cautelare, provocando così l'annullamento dell'ordinanza stessa e la scarcerazione di indagati di gravi delitti di mafia». Il Sottosegretario affonda il colpo, con un fendente diretto ai vertici del Palazzo di giustizia e anche all'Associazione nazionale magistrati: «Nè allora né oggi gli uffici direttivi del Tribunale o della Corte hanno assunto provvedimenti, né l'Anm ha ritenuto di stigmatizzare gli episodi: anzi a settembre l'Anm di Lecce addebitò a me una sorta di interferenza nell'attività giurisdizionale. Come magistrato (se pure in aspettativa) non posso non constatare con amarezza che la rivendicazione da parte della magistratura della capacità di curare sé stessa naufraga di fronte a certe clamorose, inammissibili e non occasionali manifestazioni di inefficienza, rispetto alle quali non segue alcuna dissociazione come corpo».

«Come ex magistrato di questo distretto - conclude Mantovano - ricordo che dieci anni fa la sconfitta della sacra corona unita è dipesa anche dall'assenza di comportamenti come questi. Per tali motivi ritengo che nell'aula della Corte d'Appello ci sia ben poco da celebrare».

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