ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
(Sezione:  IN PRIMO     PIANO   Pag.    3 )
Martedì 5 Luglio 2005

Bepi Martellotta

AN / Intervista al sottosegretario Alfredo Mantovano

  

«Sanati i rapporti con Fini ora decida lui sulla Puglia»



 

BARI - Tra qualche giorno si saprà chi coordinerà il partito in Puglia: «l’ultima parola spetta al presidente Fini». Il sottosegretario Alfredo Mantovano, che a Fini rimise il mandato di coordinatore regionale di An, si ritiene soddisfatto dell’esito con cui l’assemblea ha messo fine agli scontri nel partito. E sull’immediato futuro di An in Puglia chiarisce: «Ho ritenuto doveroso presentare le dimissioni, dopo aver ricevuto un incarico fiduciario, quando mi sono trovato su posizioni diverse dal leader: non mi sentivo di rappresentarlo».

Ora,però, il rischio di «cadere in contraddizione» è passato: l’assemblea ha riunito (o quasi) tutte le «anime » di An e dunque... Sottosegretario, risolti tutti i problemi dentro An?
«Le questioni di merito sollevate da me, Alemanno e altri hanno trovato una soluzione per ora sulla carta, l’ordine del giorno approvato all’unanimità. Lì si riaffermano dei punti fermi da cui ripartire: mi sembra sia stato rimosso il problema principale».

Dunque, tornerà lei alla guida di An in Puglia?
«Spetta al presidente del partito decidere»

Anche in Puglia servirà «ricomporre i pezzi».
«Durante il mio mandato ho girato molto, ho trovato una grande voglia di fare politica partendo dai principi, senza per questo negare gli interessi territoriali. Questa grande passione deve essere rispettata ».

I tempi, però, sono cambiati: ora c’è un governo di sinistra.
«Mi pare che già dai primi passi in consiglio regionale, il gruppo di An stia dimostrando vivacità nel proporre ipotesi alternative rispetto alla giunta Vendola, ad esempio sulle questioni immigrazione e centri di permanenza. Mi sembra un buon inizio».

A livello nazionale, invece, non tutti sono convinti del buon esito dell’assemblea.
«Abbiamo messo in atto un’iniziativa, il cui obiettivo era impedire che non venisse discussa la questione dell’identità, e cioé la fedeltà ai principi fondativi del partito, in primis la difesa della vita. La vicenda referendaria sulla procreazione ha generato estrema confusione e divergenze tra la posizione del leader e quella di gran parte del partito. Il nostro documento è stato sostenuto da 200 firme: abbiamo posto un problema di chiarificazione dei principi che la relazione iniziale di Fini sembrava escludere, come se si volesse archiviare la pagina referendaria. Fini ha, invece, riconosciuto l’errore referendum e l’ordine del giorno conclusivo, approvato all’unanimità, ribadisce l’impegno politico a ritenere la legge 40 non modificabile».

Lo scontro tra le correnti, però, è stato aspro.
«Si può anche discutere su una degenerazione correntista del partito, ma negli ultimi mesi si era parlato poco di passaggi politici significativi: il risultato delle regionali e il referendum. Era inevitabile che si arrivasse ad un confronto aspro: da parte nostra non vi è stata alcuna impuntatura sull’organigramma del partito. Ad esempio, nessuno ha mosso rilievi su Matteoli a capo dell’organizzazione ».

I passi successivi?
«Utilizzare i 10 mesi di legislatura che restano per realizzare traguardi concreti: il disegno di legge sulla droga, votato all’unanimità in Consiglio dei ministri, l’attenzione agli anziani e ai poveri, la questione sicurezza».

E con la coalizione?
«Su questi obiettivi si possono mantenere saldi i rapporti. L’ipotesi del soggetto unitario sta tramontando, ma un conto è entrarci come "azienda in fase di liquidazione", un conto è entrarci come partito che ha recuperato una sua identità.L’obiettivo, ora, è arrivare ad un programma condiviso, che diventi il "biglietto da visita" della Cdl per la sfida elettorale».

Poli Bortone accusa An di aver dimenticato il Sud.
«Senza alcuna polemica, condivido la sua preoccupazione sulle sorti del Sud: se fosse intervenuta non avrebbe mancato di sottolinearla, peccato che non l’abbia fatto.Era inevitabile che un’assemblea si occupasse più del ricompattamento sull’identità ».


    

 

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