ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL FOGLIO
(Sezione:ANNO X NUMERO 155 PAG I - IL FOGLIO QUOTIDIANO)
SABATO 2 LUGLIO 2005

(ag)

Invettiva di fine legislatura

 

 Follini sfiducia il Cav. ma resta sovrano del piccolo regno dell’Udc

Il segretario centrista riapre la corsa alla guida della Cdl. Nessuna opposizione (finora) da Giovanardi e Buttiglione


 

Follini destabilizza. Quella di Marco Follini, più che la relazione d’apertura di un congresso nazionale, è sembrata a molti un’invettiva di fine legislatura contro Silvio Berlusconi. Una coda dell’ultima verifica di maggioranza, oppure l’inaugurazione della prossima. Per gli ospiti di centrosinistra, la prima giornata del congresso dell’Udc è coincisa addirittura con “una mozione di sfiducia”. E’ del resto comprensibile che il Cav., a poche ore dalla propria autocandidatura per le politiche del 2006 – annunciata nel silenzio assenso degli alleati – non abbia gradito la richiesta folliniana di un cambio di leadership nel centrodestra, un ricambio all’insegna del ritorno al proporzionale e da agevolare con elezioni primarie. Ma se due proclami così contraddittori non allontanano la cattiva impressione di una maggioranza prigioniera del suo fare e disfare quotidiano, non è sfuggito il fatto che questa cattiva impressione coinvolge pure Follini.

Al Cav. non sarà facile mandar giù anche i passaggi sul bilancio magro del governo, sul bisogno di nuovi patti sociali praticabili dopo aver sconfessato “illusionismi fiscali” e mediatici; e i riferimenti un po’ obliqui alla Rai e al Corriere della Sera. Inevitabile, ai piani alti di Forza Italia, che si guardi di traverso l’ingratitudine di un segretario di partito che poteva affontare la sua giornata congressuale libero dal fastidio del partito unico – congelato alla vigilia dal Cav. – e ha voluto invece presentarsi con il registro da “formica pensosa” (la formica è l’insetto totemico di Follini, contrapposto al “cicaleggiare” del Cav., e “Formiche” è anche il nome che Follini ha dato al mensile che promana dalla segreteria dell’Udc).

All’esterno, il messaggio del segretario udc giunge come l’annuncio di una competizione al centro del centrodestra declamata con la coloritura enfatica che si usa ai congressi, per quanto colorato possa apparire Follini. Il segnale arriva come un esercizio ripetitivo ma non per questo meno funesto. Sottoscrivibile dal sodale Casini, allarmante per Gianfranco Fini, in vista della competizione per il dopo Cav. All’interno dell’Udc, Follini domina. Lo scontento della minoranza di Carlo Giovanardi e Rocco Buttiglione rimane sotto traccia (salvo ripensamenti improbabili), ridotto a un borbottio impercettibile proveniente dalle seconde file. Se al tavolo del congresso arriverà una mozione rimarcabile oltre a quella di Follini, sarà presentata da Bruno Tabacci. Chiederà, a scapito del presidente e ministro Buttiglione, l’incompatibilità tra cariche di governo e di partito. Così, nel giorno in cui rinnova la sfiducia nel berlusconismo monocratico, Follini si conferma sovrano nel piccolo regno centrista della Cdl.

Oggi tocca a Fini. “L’assemblea nazionale di An si aprirà litigiosamente, come ai tempi del Msi, e si concluderà domenica con un’inevitabile pace fredda”. Ieri alcuni ex missini erano pronti a sottoscrivere questa previsione di un loro collega. Non tutti però. Il presidente Gianfranco Fini, accerchiato dalla Destra sociale (Gianni Alemanno e Francesco Storace) e pressato dalla Destra protagonista (Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa), ha scelto la via isolazionista ma tratterà con i ribelli.

Nominerà Altero Matteoli coordinatore e vuole fare in modo che questa carica non sia incompatibile con il ministero da lui guidato (Ambiente). La volontà di Fini è quella di affidare a Matteoli la megamacchina organizzativa del partito in previsione delle politiche. E non è poco, visto che nel compito rientra la stesura delle liste elettorali. E’ probabile che Fini prometta di recepire le richieste di democrazia interna e assicuri un dibattito approfondito nell’assise programmatica prevista per l’autunno. Cercherebbe così di guadagnare una tregua verniciabile di ritrovata unità. L’avvicinarsi dell’appuntamento con le urne, poi – ragiona Fini – suggerirà a ognuno una maggiore cautela. Oltretutto i ribelli non sembrano intenzionati a ribellersi fino in fondo, né dovrebbero presentare un documento comune. Quello social-cattolico di Alemanno, scritto da Alfredo Mantovano, sposterà il confronto sul piano culturale e rappresenta il punto di partenza per una opposizione “ideologica” tutta da verificare. Dipenderà anche da Storace, dal quale gli alemanniani si aspettano un “bel colpo di teatro” nel caso in cui Fini faccia il duro. Ma nessuno è pronto a giurarci. Semmai l’atteggiamento di La Russa e Gasparri fa pensare che l’ibernazione politica di An sia al momento la prospettiva più credibile.



 

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