ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL FOGLIO QUOTIDIANO
(Sezione:  ANNO IX NUMERO 133    PAG III    )
SABATO 15 MAGGIO 2004

 

 

 

 Per Mantovano il vero scandalo è narcotizzare la passione di Berg

 


 

Nella censura praticata da gran parte dei mass media alle foto e al video dell’esecuzione di Nick Berg vi è qualcosa che va oltre l’antiamericanismo e l’impar condicio. Vi è qualcosa di analogo alle polemiche che hanno accompagnato la proiezione nei cinema di “The Passion of Christ”: come per questo, non più tardi di un mese fa, si è parlato di pornografia del sangue e di morbosi e inutili compiacimenti per la sofferenza (il settimanale più diffuso nelle parrocchie è andato in edicola con allegato il Vangelo, e con lo spot “quello vero, non quello di Mel Gibson”), così oggi si giunge a invocare la formale riprovazione dell’Ordine dei giornalisti per sanzionare lo sconfinamento che il Foglio e Libero avrebbero realizzato rispetto a non si sa quali regole.

E’ un filo rosso che non può liquidarsi come semplice idiozia. E’ la voluta rimozione di una dimensione che non riusciamo ad accettare fino in fondo, al punto che giriamo lo sguardo dall’altra parte, o preferiamo l’asettica sintesi scritta alle immagini, privandoci di una fonte di conoscenza che è reale, prima ancora che emozionale. E’ la deliberata scelta di una banalità quotidiana che svolge la funzione della marijuana: per qualche minuto acquieta e rilassa, poi si vedrà… E’ la programmata rinuncia a decisioni impegnative e conseguenti a quelle immagini: chi scorre le foto delle torture realizzate dai soldati americani si chiede come impedirne delle altre, ed esige comportamenti coerenti a regole che esistono, sono in vigore negli Stati Uniti e nel mondo occidentale, poiché rispondono a valori condivisi, non discussi di principio, e al più tragicamente violati; che queste regole non siano astratte e che la loro trasgressione non trovi giustificazione è confermato dal fatto che i processi contro i responsabili sono già iniziati. Chi segue i fotogrammi della macellazione di Berg, mentre sono pronunciate invocazioni religiose e minacce ai nemici, è portato a ricordare, alla ricerca di un perché, quante altre volte nella storia si sono realizzati rituali simili in base ai medesimi presupposti ideologico-religiosi, e si sente egualmente in dovere di chiedersi che cosa può fare per evitare che si ripetano e si diffondano. E poiché in tanti hanno scelto pregiudizialmente di non fare nulla, altrettanto pregiudizialmente rifiutano di vedere.

Ho assistito alla proiezione del film di Gibson con la mia famiglia il venerdì santo. Con tutta la famiglia, inclusa la terzogenita, Chiara, di dieci anni. Con mia moglie siamo stati a lungo incerti se portare anche lei al cinema. Alla fine, non è stata una scelta sciagurata: al termine della proiezione la bimba era turbata, come tutti, ma non sconvolta, perché aveva visto svolgersi nelle scene quel racconto che poco prima in una chiesa aveva ascoltato nel Vangelo della Passione. Non era meravigliata di fatti nuovi, era consapevole di averli colti in una dimensione visiva. Non c’è nessuno scandalo in questo. Lo scandalo è ignorare la profondità del male: quel male che 2.000 anni fa causò la flagellazione e la croce del Giusto e che oggi tronca il capo a un innocente. Lo scandalo è narcotizzare quel male con le droghe vere, o con quelle dell’informazione, o con entrambe, rinunciare a combattere quel male, tirare a campare il più possibile, sistemare con cura le sdraio sulla tolda del Titanic a pochi metri dall’iceberg fatale.

Perché se si ignora il male se ne ignora la radice, ma ci si priva, altrettanto volontariamente, di ogni via di riscatto. Chi ha visto “The Passion” con l’occhio del pregiudizio non ha colto gli attimi finali del film, quelli che con pochi intelligenti fotogrammi rendono bene l’idea della Resurrezione. Chi censura le immagini dello sgozzamento di Nick Berg è convinto che l’occidente sia finito, che non valga la pena resistere ai selvaggi, che Prinz Eugen era un illuso, che i martiri di Otranto avrebbero fatto bene ad abiurare. Viva la libertà di stampa. E di immagine.


Alfredo Mantovano
sottosegretario all’Interno

 

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