ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
(Sezione: PRIMA PAGINA   Pag.     )
Venerdì 27 Giugno 2003

di GIANNI DONNO

solo l'educazione mette un argine

QUESTIONE MORALE, PARTIRE DALLE FAMIGLIE


 

Il tema della «questione morale», riproposto da Alfredo Mantovano, rappresenta l'araba fenice della vita pubblica italiana e rischia di diventare, anche questa volta, un tormentone destinato, dopo qualche tempo, a spegnersi, senza lasciare alcuna traccia durevole.

Araba fenice, perché come il mitico uccello, la questione morale riappare e scompare periodicamente sotto diversi aspetti. Sin dall'Italia postunitaria essa si è proposta nella vita pubblica italiana in tempi e forme diverse: l'inchiesta Saredo sulla corruzione amministrativa a Napoli alla fine dell'Ottocento; il processo Ferri-Bettolo sulle commesse della marina militare alla metà degli anni Dieci; la denuncia del «minstro della mala vita» (Giolitti) da parte di Salvemini, sulle violenze e i brogli elettorali nel Sud, sino agli scandali del primo dopoguerra sul «pescecanismo» (arricchimento illecito con le commesse belliche), i silenzi della stampa fascista sulle torbide vicende del regime, emergenti dalle relazioni della polizia segreta; ed infine la sequela ininterrotta di scandali nel secondo dopoguerra (banane ed aerei, fondi neri e tangenti). Durante e dopo questi scandali il tormentone mass mediatico finiva per evidenziare del problema il solo aspetto giudiziario, con le distorsioni cui abbiamo assistito soprattutto negli ultimi anni: manipulitismo e giustizialismo da un lato; progressiva sfiducia dei cittadini nella magistratura, dall'altro. Addirittura Berlinguer della questione morale fece una strategia politica per il partito comunista.

Ma il vero problema della «questione morale» è proprio questo: essa è cosa ben diversa dalla questione giudiziaria e con essa non può essere confusa. La questione morale riguarda infatti forme di comportamento, attività, scelte, che non ricadono nella sfera giudiziaria, ma che hanno confini molto labili, che ciascuno potrebbe diversamente delineare, all'interno di quella che comunemente di definisce «moralità pubblica». Il problema, dunque, si complica: come si individuano i confini della «moralità pubblica»? Chi li stabilisce? E, subito dopo, cosa ancor più problematica, chi e in che modo li farebbe rispettare? Diciamo subito che questo obiettivo finale, cioè una sorta di Codice di comportamento pubblico, riconosciuto e condiviso, appare impossibile a raggiungersi in una democrazia liberale. Cercarono di giungere ad un'etica pubblica «nuova» e quindi all' «uomo nuovo» i regimi totalitari d'ogni colore, ma - come è noto - ciò si risolse in una contrazione o proprio annullamento della sfera delle libertà private e pubbliche.

E comunque, pur irresolvibile, il problema esiste e vale la pena di discuterne. La delineazione dei confini della moralità pubblica è la prima questione. Ma come «sanzionare» comportamenti moralmente riprovevoli? Tentativi in questa direzione vi sono stati, fuori dalla via giudiziaria: gli appelli alla parte «sana» dell'elettorato (ricordate i «napoletani onesti» di Bassolino?), le raccolte di firme, le mozioni di sfiducia, gli stessi girotondi, ed infine, addirittura, il «partito degli onesti». Armi rumorose, mass mediatiche, che, dopo il botto, non hanno mai portato ad un risultato durevole. Le democrazie liberali hanno già tentato di dare una risposta (al di fuori, ripetiamo, dell'intervento giudiziario) ed essa consiste nel voto elettorale Ma sappiamo tutti che questa risposta è stata e rimane insoddisfacente. E ciò in quanto parte consistente dell'elettorato non si pone il problema della moralità pubblica dei candidati. E quindi, perché votare un candidato sindaco, consigliere, rettore, onesto e specchiato, se da un sindaco, consigliere, rettore, traffichino e spregiudicato, si può ricavare un utile immediato e a breve, impensabile nel primo caso? Come si vede, la questione morale riguarda in primo luogo i cittadini! E' un grande problema culturale, che la politica da sola non potrà mai risolvere. Continui Mantovano nella sua battaglia, ma senza illusioni: solo la famiglia e la scuola sono i punti di partenza per l'affermazione progressiva di una «moralità pubblica».


 

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