ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su La Padania
(Sezione:        Pag.     )
mercoledì 15 giugno 2005

 

An in subbuglio

  

 Fini nel mirino, ma si aspetta luglio

Oggi ufficio di presidenza solo “interlocutorio”. Resa dei conti rinviata all’assemblea


 

Messi alle strette tutti (o quasi) frenano, ma non per questo fanno retromarcia. Certo, nonostante le plateali dimissioni da vice-coordinatore del partito di Gianni Alemanno, nessuno in Alleanza Nazionale se la sente di porre sul tappeto la questione di un cambio di leadership alla vigilia dell’ufficio di presidenza del partito. Ma tutti però ribadiscono che bisogna ampliare gli spazi di discussione e di condivisione delle scelte politiche negli organi dirigenti.

Insomma nel mirino c’è il metodo con cui Gianfranco Fini da troppo tempo sta facendo calare dall’alto (e in maniera spesso estemporanea) la posizione ufficiale di An su rilevanti temi sociali, etici o politici. Illuminante in questo senso l’opinione di Alfredo Mantovano. Uno che ci tiene a sottolineare come la coincidenza del suo strappo con quello del ministro delle Politiche Agricole non possa certo configurarsi come un’identità di posizioni politiche fra i due. E come quindi l’insofferenza per la carenza di democrazia interna sia diffusa e non etichettabile. «La libertà di coscienza che avrebbe in teoria assunto An sui referendum qualche tempo fa - nota il sottosegretario agli Interni - è stata in realtà formalizzata attraverso una nota dell’ufficio stampa della presidenza del partito. Qui non è dunque solo questione di uno specifico atteggiamento politico che tra l’altro dubito sarebbe emerso in questi termini da un confronto nella sedi competenti, ma piuttosto che l’argomento non è stato proprio discusso e deliberato dal partito».

In effetti la critica ad un modo verticistico, se non praticamente leaderistico, di stabilire la linea di An scorre trasversale a tutte le correnti. Quelle correnti che ufficialmente sarebbero già state azzerate con la creazione del nuovo ufficio di presidenza di An a seguito della battuta d’arresto alle elezioni regionali, ma che in realtà persistono. Tanto è vero che proprio ieri sera Destra Protagonista (di Gasparri e La Russa) si è riunita “informalmente” (questa la formula assolutoria di rito) per capire come arrivare alla riunione di oggi a via della Scrofa; e soprattutto come porsi fra una ventina di giorni in occasione dell’assemblea nazionale del partito.

Appuntamento, quello del 2-3 luglio prossimi, nel corso del quale potrebbero emergere più mozioni ufficiali (da discutere e quindi da votare) capaci di delimitare la libertà di movimento di Fini. Il quale ha forse enfatizzato troppo quel ruolo di guida carismatica che in fondo però tutti i colonnelli considerano irrinunciabile per dare visibilità e credibilità al partito. E forse« il punto è proprio questo. A parte infatti i “battitori liberi” che rappresentano quasi solo se stessi (Fiori, Fisichella, Buontempo, Selva), che minacciano esodi o intimano abiure, e che vagheggiano scissioni “alla fiamma” o imprecisati partiti cattolici, nessuno sembra avere la voglia e la forza per scalzare il vicepremier. Che intanto però parla a quattr’occhi con tutti i colonnelli dissidenti, ricevendoli ad uno ad uno alla Farnesina. Per Storace le dimissioni di Gianni Alemanno da vicepresidente di An «sono educative». Lo ha affermato il ministro della Sanità commentando la decisione del suo collega di dimettersi dal partito. Per quanto riguarda la situazione dentro il partito, Storace ha sottolineato che «bisogna fare uno sforzo di comprensione collettiva ed il primo a dover fare questo sforzo è Gianfranco Fini».

«Oggi siamo chiamati a compiere una svolta profonda. Non piccoli accordi nel chiuso di una stanza, ma una grande rifondazione del nostro partito, che ne rigeneri le motivazioni ideali e i meccanismi partecipativi: c'è bisogno di una “nuova Fiuggi”». E’ quanto scrive ilil grande accusatore di Fini, Gianni Alemanno, in un articolo che verrà pubblicato oggi sul Secolo d’Italia. Alemanno affronta la crisi che sta attraversando An partendo da una analisi della vicenda dei referendum, «una sfida che - scrive - all’inizio, come partito non come persone, abbiamo sottovalutato». «Di fronte a quesiti referendari - continua il ministro - che minavano una legge di questa importanza, tutto si poteva fare, meno che trincerarsi dietro la libertà di coscienza: sapevamo che non tutti nel vertice la vedevano allo stesso modo, ma invece di affrontare di petto il problema con un forte e profondo dibattito all’interno del partito, ci siamo nascosti dietro l’alibi di una non scelta». «Questa fuga dal ruolo alto della politica - si legge ancora nell’articolo - è stata la prima causa della lacerazione che si è prodotta tra un partito in larga maggioranza schierato per l'astensione e un vertice che si è diviso esprimendo altre posizioni». Da qui la proposta di Alemanno di una «grande rifondazione del partito», di «una nuova Fiuggi, un nuovo atto di nascita per un partito che ritorni ad aggregare nuove energie, dialogando con la società civile, con gli intellettuali, con i giovani».


    

 

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