ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su LA GAZZETTA DEL SUD Venerdì 29 marzo 2002

Lucio Tamburini

L'ULIVO CHIEDE AL GOVERNO DI RIFERIRE IN AULA

 

Nessun colpevole per la mancata scorta
Maroni critica Scajola, mentre il Viminale conclude la sua inchiesta


 

ROMA – Il governo è «grandemente preoccupato», dal momento che le rivendicazioni degli irriducibili confermano che «ci sono legami storici tra le vecchie e le nuove Br». La preoccupazione, insomma, è «costante di fronte all'esistenza di una struttura eversiva», anche se le informazioni in suo possesso «non ci danno motivi di preoccupazione superiore a quella che già abbiamo», precisa Silvio Berlusconi. Ma non si può mai dire. «Sappiamo come vanno queste cose – aggiunge il premier – non è che il ministro dell'Interno ha la sfera di cristallo, costituita dalle forze dell'ordine, che dà risultati certi...». La novità, insomma, sta nel fatto che i brigatisti in carcere l'hanno messo nero su bianco, ma il collegamento con quelli di fuori era già stato preso in considerazione, come sottolinea il sottosegretario al Viminale Afredo Mantovano. «E' in linea con le ipotesi formulate – afferma – dopo l'analisi del documento diffuso via Internet in seguito all'omicidio di Marco Biagi». Anzi, «la pista del terrorismo brigatista era la più accreditata, anche se ancora non si può dire niente su possibili complicità e legami tra chi ha ucciso Biagi e gli irriducibili chiusi in carcere». Gli inquirenti, invece, non hanno dubbi. «Ora sappiamo con certezza – affermano alla procura di Roma – che c'è un filo che lega gli omicidi D'Antona e Biagi». E intanto non si placano le polemiche sulla mancata protezione al professore bolognese. Il ministro Maroni ripete di aver chiesto la scorta per il suo collaboratore, smentendo il collega dell'Interno. «Oltre ad alcune sollecitazioni informali nei confronti della prefettura di Roma – precisa una nota del ministero del Welfare – richiese esplicitamente la protezione per Marco Biagi con una nota scritta del 29 agosto, inviata alla prefettura di Roma». Quel documento, si aggiunge, «è stato consegnato al Viminale in occasione dell'inchiesta disposta dal ministro Scajola». Poche parole che chiariscono però chi avrebbe potuto sulla base di elementi certi, rivedere le decisioni sulla tutela a Biagi e non lo avrebbe fatto. Si rasserena dunque la situazione per i prefetti di Bologna, Milano, Modena al centro delle polemiche subito dopo l'attentato e Roma, dove Emilio Del Mese ha preso il posto del prefetto Giuseppe Romano il primo ottobre 2001. E' a Romano, dunque, sostituito dopo il coinvolgimento nell'inchiesta sulle autodemolizioni a Napoli, che sarebbe arrivata la richiesta di Maroni. Così l'inchiesta condotta dal capo di Gabinetto di Scajola, Roberto Sorge, sembra non essere destinata a far cadere teste. Il ministro, una volta esaminato tutto l'incartamento redatto da Sorge, che ha svolto la sua inchiesta prima a Roma, poi a Milano, infine a Bologna dove ha incontrato anche i vertici della sicurezza di Modena, potrebbe, dunque, valutare la mancanza di responsabilità individuali o rilevarle in mancanze burocratiche assegnate a semplici funzionari. Non mancherà comunque il richiamo ad una rinnovata attenzione ad un settore delicato come quello della gestione delle scorte. I diessini vogliono sapere «chi mente» e presentano un'interrogazione per conoscere «come si siano effettivamente svolti i fatti relativi a questa gravissima vicenda che getta discredito sull'intero governo». «E' inammissibile che l'indagine disposta dal ministro Scajola si concluda senza rilevare alcuna omissione, senza indicare alcuna responsabilità, affermando che tutta la procedura si è svolta regolarmente», sostiene il senatore dei Ds Walter Vitali, l'ex sindaco di Bologna che insieme agli altri parlamentari bolognesi dell'Ulivo ha chiesto al governo di riferire a Camera e Senato sulla mancata protezione del giurista. Secondo Vitali, sarebbe «gravissimo» che il governo non sentisse il bisogno di riferire in Parlamento su questioni di tale rilevanza «che hanno profondamente scosso l'opinione pubblica». «Il dibattito è necessario anche per dire al Paese cosa si sta facendo per colpire i terroristi», sottolinea Vitali, ricordando che il consulente del ministro Maroni «si sentiva solo e aveva chiesto più volte il ripristino della scorta». Per Vitali «ci sono domande precise, che tutti si fanno, e a cui il ministro dell'Interno deve rispondere» e la risposta è «doverosa» innanzitutto per il rispetto dovuto alla memoria di Marco Biagi: «Solo la verità su quanto è successo – conclude – può consentire alle istituzioni democratiche di rafforzare la loro credibilità di fronte all'attacco dei terroristi, e allo Stato di adeguare i propri dispositivi di protezione di fronte alla grave minaccia in atto».

 

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