ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL SUD
(Sezione:    e   Pag.     )
Martedì 21 ottobre 2003

Lorenzo Bianchi

Terrorismo L'imam di Carmagnola, Abdul Qader Mamour, a “Porta a Porta”: ritirate subito i soldati dall'Irak

«L'Italia è il paese più facile da colpire»



 

ROMA – «Non prendere le distanze dagli attentati dell'11 settembre è un obiettivo fiancheggiamento del terrorismo, di queste affermazioni l'imam dovrà rispondere all'autorità giudiziaria».

Il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, ha reagito con queste parole alle dichiarazioni dell'imam di Carmagnola, Abdul Qader Mamour. Durante “Porta a Porta” il conduttore delle preghiere nella comunità della cittadina in provincia di Torino ha sostenuto che il Corano invita a difendere l'Islam a ogni costo. Nel corso della stessa trasmissione Mamour ha affermato: «Le minacce di bin Laden nei confronti dell'Italia sono reali e l'Italia è il paese geograficamente più facile da colpire. Per evitare un bagno di sangue il governo italiano deve ritirare subito i suoi soldati dall'Irak».

Sulla concretezza della minaccia dei terroristi islamici le opinioni degli addetti ai lavori sono divergenti. Il presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti Enzo Bianco osserva che l'Italia «può essere colpita dal terrorismo di matrice islamica anche all'estero, nelle rappresentanze diplomatiche, negli interessi industriali, in posti di vacanza», ma precisa che «non c'è alcuna informazione specifica che riguardi l'Italia o gli italiani all'estero. Occorre – esorta – tenere alta la guardia visto che è la seconda volta che bin Laden fa riferimento al nostro paese». Mantovano sostiene che la vigilanza è al massimo livello sia per la repressione sia per la prevenzione: «La prima viene svolta con punte di eccellenza a Milano, dove si è consolidata un'esperienza specifica. I pm milanesi sono in contatto continuo con gli Usa e sono andati più di una volta a Guantanamo».

I tre marocchini arrestati. Lo spettro dell'estradizione in Marocco. Uno spettro tangibile: dovrà essere attentamente vagliato anche sotto il profilo delle convenzioni internazionali dalle Corti d'appello di Milano, di Brescia e di Firenze. Vagliato, dopo che con ogni probabilità i tre marocchini arrestati l'altro ieri dalle Digos di Varese, Cremona e Firenze, su richiesta delle autorità di Rabat, si opporranno al rientro in manette in un paese, il loro Paese, in cui vige per determinati reati la pena di morte. E i reati contestati sono seri: il coinvolgimento, secondo il Marocco, negli attentati del 16 maggio 2003 a Casablanca. Ieri Ouaziz Daoude e Mohamed Raouiane, due dei presunti fiancheggiatori di al Qaida, ricercati in Marocco per associazione terroristica e reperimento di finanziamenti per la «rete» di bin Laden, sono stati interrogati dai giudici di Varese e di Firenze. Mentre il terzo uomo, Mohammed Rafik (imam fino al momento delle manette della moschea di Cremona e già imam a Firenze, dove peraltro risiede la sua famiglia) sarà sentito oggi: ed è l'esponente più di spicco, già noto alla magistratura milanese che lo ha indagato nell'inchiesta sfociata con l'arresto del precedente imam di Cremona, Mourad Trabelsi, e del bibliotecario.

Le divisioni nell'Ulivo. Rutelli torna a mettere l'accento sul «fatto nuovo riguardo all'Irak: il superamento della dottrina del multilateralismo» dopo l'ultima risoluzione dell'Onu. «Ciò non significa – precisa – riconoscere le ragioni di una guerra sulla quale manteniamo il nostro giudizio negativo. Ma si è aperta una fase nuova e tocca a noi valorizzare questa novità». Critica, e con durezza, l'Udeur nei confronti di Verdi, Rifondazione, Pdci «e addirittura di una parte dei Ds». «Possiamo stare ancora nell'Ulivo?». È quanto si chiede il capogruppo dell'Udeur al Senato, Mauro Fabris, in un articolo che sarà pubblicato oggi sul quotidiano “Il Campanile”. «Il “niet” di parte della coalizione – scrive Fabris – circa l'opportunità di dare un diverso e nuovo mandato alla missione italiana in Irak dopo il voto unanime dell'Onu, pone una questione pregiudiziale sul futuro di questo centrosinistra.


    

 

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