ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Gazzeta del Sud Venerdì 12 aprile 2002

Luigina Pileggi

L'INTERVISTA A MANTOVANO

 

Resta essenziale l'aiuto dei cittadini


 

Alfredo Mantovano arriva a Lamezia avendo ben presenti le emergenze che, sul fronte dell'ordine pubblico, affliggono il suo territorio. Da sottosegretario agli Interni si accinge a presiedere il convegno organizzato dall'Amministrazione comunale su «Criminalità organizzata e ordine pubblico». Prima di farlo trova comunque tempo e modo per rispondere ad alcune domande. –

A Lamezia è riesplosa la guerra tra le cosche mafiose dopo un periodo di apparente tranquillità: come risponde lo Stato?
«La tranquillità nei fatti di sangue non sempre corrisponde ad un'assenza di criminalità. Gli omicidi fanno pensare, creano maggiore allarme. C'è comunque da registrare una presenza quantitativa delle forze di Polizia su questo territorio che è notevole: il rapporto tra militari e popolazione residente è certamente superiore alla media nazionale, per cui la risposta dello Stato da questo punto di vista c'è. Così come c'è in termini di indagini che sono in corso». –

Negli ultimi tempi però si sono intensificate le iniziative criminali...
«Intanto bisogna aspettare gli esiti del lavoro che le forze di Polizia, insieme all'autorità giudiziaria, stanno svolgendo. Credo, comunque, che la chiave di volta per avviare un percorso di recupero della legalità sia quella di una collaborazione sempre più stretta tra le forze dell'ordine, le Istituzioni presenti sul territorio ed i cittadini. Se il racket è così diffuso è anche perché i cittadini non lo denunciano: chi paga il pizzo non fa una scelta di buon senso, tutt'altro, perché lascia in libertà criminali, oltre ad assoggettare se stesso ad una ulteriore tassa, dalla quale non potrà liberarsi più tanto facilmente. Se in passato si poteva avere qualche remora derivante dal fatto che le risposte in termini di risarcimento arrivavano tardi o incompleti, oggi, a seguito della legge approvata nel '99 sul racket e sull'usura, questa ragione non ha più motivo di esistere, perché i risarcimenti in presenza di danni effettivamente documentati arrivano in tempi rapidissimi». –

Secondo lei, quindi, i cittadini devono concorrere a creare quelle condizioni di sicurezza?
«Si, la gestione della sicurezza appartiene in via prioritaria alle forze di Polizia e a chi le coordina, ma appartiene anche ai cittadini, i quali sono chiamati a denunciare fatti criminosi. La sicurezza è un bene di tutti, quindi, ciascuno deve recitare la sua parte. È chiaro che ci vuole la collaborazione di tutte le Istituzioni e, soprattutto, l'intensificazione di alcuni strumenti necessari per stroncare una criminalità particolarmente radicata».

– Ad esempio...
«Il sequestro e la confisca dei beni di origine illecita che rappresentano, per la macchina criminalità la benzina che consente di percorrere la strada. Ecco perché la collaborazione in loco è essenziale, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità». –

Gli interessi della criminalità, comunque, non si limitano solo al racket. Le forze dell'ordine, pur se numericamente superiori alla media nazionale, non riescono a far fronte al dilagante fenomeno delle infiltrazioni mafiose nel settore della pubblica amministrazione. Pensate ad interventi adeguati anche dal punto di vista qualitativo?
«È in corso da parte della Dia uno studio molto articolato e approfondito sulle connessione tra criminalità ed appalti, sulle interferenze della criminalità organizzata nell'utilizzo dei finanziamenti in corso per sostenere le opere pubbliche delle quali la Calabria ha assoluta necessità. Si tratta ovviamente di raggiungere il dovuto equilibrio tra un intervento istituzionale che non scoraggi questo tipo di investimenti e dell'altro quello di evitare che gli investimenti siano poi fruiti, sia pure in parte, dalle organizzazioni criminali».

 

vedi i precedenti interventi