ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su LA STAMPA
(Sezione: Cronache   Italiane     Pag.   14  )
Martedì 21 Ottobre 2003

r. cri.

LE INCHIESTE SUL TERRORISMO ISLAMICO

 

L’imam in diretta tv «Bin Laden ha ragione»

Il governo lo denuncia Cinque indagati in Veneto per associazione sovversiva


 

ROMA
«Le minacce di Bin Laden nei confronti dell’Italia sono reali, è il Paese geograficamente più facile da colpire». Lo ha detto l’imam di Carmagnola, Abdulkadir Tall Mamour, a «Porta a porta». «Per evitare un bagno di sangue - ha spiegato l’imam, commentando l’ultimo messaggio di Bin Laden - il governo italiano deve ritirare subito i soldati dall’Iraq. Non sono andati lì per uccidere ma per un’operazione umanitaria, però l’Italia è tra i pochi Paesi che appoggiano senza riserve Bush e dunque le minacce di Bin Laden vanno prese sul serio». Alla domanda se ritiene giusti gli attentati dell’11 settembre, l’imam ha spiegato che il Corano invita a difendere l’Islam a ogni costo.

Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, ha subito dichiarato che «di queste affermazioni l’imam dovrà rispondere all’autorità giudiziaria: non prendere le distanze dagli attentati dell’11 settembre è un obiettivo fiancheggiamento del terrorismo». Ma non sono solo i proclami dell’imam piemontese a preoccupare. In attesa di comparire davanti al gip, nella cella nel carcere di Cremona, Mohammed Rafik, 38 anni, prega. È l’immagine emblematica dell’ultimo personaggio di spicco della moschea cremonese a finire in galera, perchè sospettato di terrorismo. Da 5 anni, da quando scattò l’operazione Atlante che portò all’arresto di presunti estremisti islamici, la moschea di Cremona è al centro di inchieste della magistratura ed è oggetto di perquisizioni.

Gli ultimi tre imam del Centro culturale islamico di Cremona sono finiti nel mirino degli inquirenti. Ahmed El Bouhali sarebbe morto in Afghanistan combattendo contro gli americani alla fine del 2001. Mourad Trabelsi, che prese il suo posto, è in carcere a San Vittore perchè si ritiene che raccogliesse fondi per l’invio di volontari islamici nel Kurdistan iracheno, e perchè aveva passaporti falsificati. L’anno scorso era già stato indagato nell’inchiesta bresciana, che aveva portato a perquisire anche Mohammed Rafik, allora a Firenze. E Rafik, dopo l’arresto di Trabelsi, era diventato il capo spirituale della moschea cremonese. Le inchieste, dunque, portano tutte a Cremona e lì infatti Rafik è stato arrestato in esecuzione del mandato di cattura internazionale spiccato dalle autorità marocchine: lo ritengono responsabile degli attentati avvenuti in maggio a Casablanca. Rafik diventa così, nella considerazione degli inquirenti, un esponente di rilievo del terrorismo legato ad Al Qaeda, in particolare a due gruppi: uno di estrazione marocchina (nucleo salafita), l’altro di origine curda algerina (Ansar Al Islam). I contatti con quest’ultimo gruppo sono provati dalle intercettazioni telefoniche e ambientali. Quella di Cremona è dunque una moschea che fa discutere.

Ieri il deputato leghista Andrea Gibelli ha scritto una lettera al ministro dell’Interno, Pisanu, per chiedergli se non ritiene opportuno chiuderla. Gibelli ha chiesto spiegazioni anche sulla presenza di una scuola coranica: i bambini islamici verrebbero portati dai genitori per studiare il Corano e l’arabo, eludendo l’obbligo scolastico del Paese che li ospita. Ma la chiusura della moschea di Cremona è un’ipotesi «irrealistica», ha sottolineato il sindaco Paolo Bodini: ha detto che sono state trovate solo piccole irregolarità che non autorizzano provvedimenti drastici contro gli inquilini.

Intanto nel carcere fiorentino di Sollicciano Ouaziz Daoud, 41 anni, marocchino, uno dei tre arrestati per gli attentati di Casablanca (un altro è stato effettuato nel Varesotto), si dice estraneo alle accuse: non conoscerebbe gli altri due musulmani e non frequentarebbe la comunità islamica. È in Italia da molti anni: la sua prima regolarizzazione risale al ‘91. Vive a Scandicci, alle porte di Firenze, insieme con la moglie e i due figli piccoli. Entro 96 ore dal fermo si deve tenere la convalida, ma ancora non c’è stata alcuna comunicazione al suo legale. Sono incentrati sulla traduzione dall’arabo e sull’approfondimento dei contenuti gli accertamenti sui documenti sequestrati a 5 extracomunitari, indagati dalla procura di Venezia per associazione sovversiva e associazione per delinquere. I cinque - tra i 30 e i 40 anni, residenti nel Trevigiano - sono coinvolti nell’indagine condotta dal pm Nordio sull’affiliazione al gruppo salafita per la predicazione e il combattimento. Frequentano l’Istituto centrale islamico di Motta di Livenza.


    

 

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