ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su LA STAMPA
(Sezione: Cronache italiane Pag. 10)
Sabato 1 giugmo 2002


IL SOTTOSEGRETARIO AGLI INTERNI: «POSSIBILI ACCORDI BILATERALI CON I PAESI A BASSO RISCHIO»

«Extracomunitari, impronte per tutti»
Mantovano: ma gli occidentali potrebbero essere esentati


MA le impronte digitali, alla fine, saranno prese proprio a tutti gli immigranti? Intorno a domande come questa si può dividere una classe dirigente politica, una terza liceo, un bar di paese. In dibattiti ancora conditi da poca realtà e molte supposizioni litigano gli amanti della libertà e coloro che pretendono soprattutto sicurezza. Tutti accomunati, però, dall´incertezza che avvolge la materia. Finora, infatti, nessuno ha fornito le due o tre spiegazioni indispensabili a comprendere i punti essenziali della legge. Pochi sanno, per esempio, che «le impronte verranno prese a tutti gli extracomunitari»: lo assicura il sottosegretario all´Interno Alfredo Mantovano, di Alleanza Nazionale, uno che ha lavorato molto a questo testo e lo conosce nei dettagli. Considerando come s´è delineato finora, tra emendamenti passati e modifiche bocciate, si può quindi rispondere alla prima domanda dicendo che no, la legge non discriminerà nessun extracomunitario perché sottoporrà tutti allo stesso controllo d´identità. Neanche gli italiani, in via di principio, dovrebbero essere esclusi? Mantovano ne conviene, e ricorda che i rilievi digitali e quelli dell´iride entreranno in funzione prestissimo anche per noi: basta aspettare la carta d´identità elettronica, tempo due-tre anni.

Qui però cominciano i problemi. La legge attuale prevede che le impronte vengano rilevate «a ogni extracomunitario che chiede il permesso di soggiorno per lavorare, che domanda il rinnovo del permesso, o che si trovi in condizione di incerta identità». Nelle prime due categorie finiscono quindi anche stranieri provenienti da opulente comunità occidentali, canadesi, australiani, svizzeri, americani, israeliani. Saranno prese le impronte ai manager californiani, ai designer giapponesi, agli informatici islandesi? È qui che la faccenda si fa delicata, e potrebbe gradualmente condurre a trattamenti diversi, poniamo, tra un maghrebino e un neozelandese. «In un momento successivo all´approvazione della legge, il governo potrebbe studiare delle intese bilaterali con alcuni paesi occidentali proprio per non danneggiare gli stranieri socialmente poco pericolosi». Il manager canadese, il broker svizzero, l´imprenditore vinicolo australiano recheranno magari altri problemi: non quelli di sicurezza. Per ora, stando alla legge, l´identificazione riguarda anche loro: il che, a detta di Palazzo Chigi, non crea conflitti con le norme sulla privacy.

All´inizio di maggio il Garante obiettò che la materia andava studiata con calma anche da questo punto di vista. La maggioranza, invece, pensa che le impronte non facciano a pugni con la riservatezza, «in fondo sono come un documento d´identità». Osserva che ormai vengono invocate un po´ ovunque in Europa. Ricorda che sul tema si stanno mobilitando la Spagna di Aznar o la Danimarca, dove la stretta è stata decisa ieri, ma anche Germania o Gran Bretagna, citatissime perché lì la trovata è caldeggiata da un socialista (Gerhard Schroeder) e un laburista (Tony Blair). Altrove, come spesso càpita, sono persino avanti: nel bene o, se credete, nel male. Andatevi a guardare le «tecniche di rilievo biometrico dell´identità» che circolano da anni in paesi tipo l´America o la democraticissima Olanda: X-Files, al confronto, è un filmetto. A Tampa, Florida, hanno piazzato delle telecamere (e fin qui nulla di nuovo) che però utilizzano un software, il Facelt, capace di leggere i volti dei passanti e trasformarli in una mappa con ottanta punti di riferimento controllabili alla bisogna. Quindici locali notturni olandesi - in uno era di casa Pim Fortuyn - sperimentano identificazione facciale, impronte e controllo della pupilla. Poi raccolgono i dati in una carta elettronica. No smart card? No party. È passato molto tempo da una grigia serata inglese, quando una polizia pre-tecnologica sperimentò le prime impronte e i giornali titolarono, entusiasti, sull´evento. Era Londra, 1901.

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