ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su LA SICILIA
(Sezione:     Pag.  3    )
Mercoledì 24 settembre 2003

Giorgio De Cristoforo

 

Droga, tempo di responsabilità



Non promette nulla di buono la violenta contrapposizione politica che s'è subito scatenata intorno all'annunciata nuova legge sulle tossicodipendenze. Di fronte a un problema così complesso, vera tragedia planetaria, c'è bisogno di ragionare, di capire, di assumere responsabilità anche scomode. Il manicheismo ideologico (i buoni e illuminati tutti e solo da una parte, i cattivi tutti e solo dall'altra) non serve a niente: produce guasti, frastorna e disorienta le menti e le coscienze, "droga" il dibattito, lascia intatta la tragedia che continua a consumarsi ogni giorno in tante famiglie, tante scuole, tante città. La stagione politica che l'Italia sta vivendo non è serena, e ogni tema diventa terreno di scontro soprattutto se il "bacino sociale" investito è così vasto. Ma la questione è troppo delicata e complessa perché si possa sentenziare sbrigativamente che questa che il governo si accinge a varare (entro il mese prossimo) e a fare approvare dal Parlamento (all'inizio dell'anno venturo) sarà una buona legge, come dicono i "governativi", o sarà soltanto un improduttivo strumento di repressione poliziesca, come dicono gli oppositori.

La repressione, certo, sarà inasprita, ma è demagogico dire che s'annuncia il carcere anche per i fumatori di spinello. Si annuncia, sì, la fine della tolleranza del consumo personale. Ma con sanzioni amministrative, temperate in caso di accettazione di programmi di recupero. E la pena detentiva minima prevista per il possesso di droga sarà abbassata, in modo da fare rientrare le condanne tra quelle (già adesso esistenti) per le quali non si andrà in carcere ma si potranno scontare misure alternative (affidamento a comunità terapeutica, lavori sociali). Niente carcere, insomma, per lo spinello. Ma neppure legalizzazione.

I risultati dell'esperienza liberalizzatrice degli ultimi dieci anni sono negativi - nella valutazione unanime che se ne sta facendo in questi giorni a Roma nella conferenza internazionale - sia in termini di statistiche sia sotto il profilo degli stili di vita e dei modelli sociali. Non ci sono droghe "buone" e droghe "cattive". Anche le droghe leggere (non tanto: uno spinello di oggi contiene dieci volte il cannabinoide di quelli degli anni '80- '90) sono devastanti, con effetti a lunga distanza: sfasciano il cervello, lo "bucano" (l'ecstasy produce danni simili al morbo di Alzheimer). Nessuna legalizzazione, dicono gli esperti; nessuna legittimazione. Ma reprimere soltanto non basta. È giusto aspettare di vedere il testo completo dell'annunciata legge per valutare senza "pre-giudizi" e "pre-concetti". Intanto cerchiamo di fare qualche ragionamento. A noi, peraltro, non pare che le linee-guida siano così demoniache: prevenire, recuperare, reprimere. Sono linee-guida e obiettivi ripetutamente indicati dalla Chiesa cattolica, anche con interventi dello stesso Papa. Tre azioni che nelle intenzioni dichiarate dal governo (Fini e il sottosegretario Mantovano alla conferenza internazionale sulla prevenzione della tossicodipendenza) non vanno lette in ordine cronologico né in graduatoria di importanza, ma andranno condotte contemporaneamente e con pari impegno. Su questa parità e contemporaneità aspettiamo di vedere cosa il governo concretamente proporrà in tema di prevenzione. Le campagne fatte finora hanno avuto scarsi risultati; spesso sono state retoriche, vuote di messaggi, quasi stereotipi adempimenti. Ai giovani bisogna mandare comunicazione efficace, e proporre valori. Non è facile, certo. Occorre riformare strutture sanitarie (Sert) e sociali (consultori), coinvolgere le famiglie, la scuola, le altre agenzie educative, l'organizzazione sportiva: tutta la società; Si può farlo, probabilmente, se alcuni valori di riferimento diventano certezze: la pericolosità delle droghe, ad esempio, di tutte le droghe; la non legittimabilità di scelte personali di autodistruzione; la deplorazione sociale di modelli e stili di vita negativi; la rivalutazione della cultura della solidarietà.

Per fare questo occorre assai più che una legge, per quanto buona possa essere. Occorrono anche risorse enormi, che oggi lo Stato non ha. Ma qualcosa va fatto contro questa tragedia incalzante (è già spaventosa la cifra di sedicimila morti per droga dal '90 a oggi; ma sono molti di più e incalcolabili quanti vivono portandosi dentro danni irreparabili).

Saranno limitazioni di libertà? In qualche misura, sì, anche. Ma, rifletteteci, alcune limitazioni di libertà esistono già, con grande consenso sociale: si pensi all'ormai diffusa "ghettizzazione" dei fumatori da parte dei non fumatori. Ma un altro esempio è forse più efficace. chi va in motocicletta senza casco mette a repentaglio la propria vita o la propria incolumità (invalidità). Al motociclista il legislatore - con largo consenso di opinione pubblica - impone di difendersi dal rischio, e sanziona chi non usa il casco. Perché non dev'essere sanzionabile chi si uccide o si rende invalido usando droga?
> Un criminologo ha detto: «La legislazione di una generazione diventa la morale della generazione seguente». Ribaltando Marx, un'ultima domanda sulla quale riflettere e ragionare: l'oppio può essere la religione della prossima generazione?


    

 

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