ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA/SETTE Giovedì 7 marzo 2002

di Vittorio Zincone

Mosche Bianche L'IRRESISTIBILE ASCESA DI ALFREDO MANTOVANO

 

E la sinistra scopre il buono del Polo


 

DOPO AVER SMORZATO IN TV I TONI ACCESI DEL GOVERNO SULL'ATTENTATO AL VIMINALE, S'È GUADAGNATO LA SIMPATIA DI MOLTI POLITICI DELL'OPPOSIZIONE (E NON SOLO). MA IL DIRETTO INTERESSATO, CHE AVEVA SFIDATO D'ALEMA NEL COLLEGIO DI GALLIPOLI, CHE COSA RISPONDE?

 

C'è un neo promosso «buono» nella Classe delle Libertà. È Alfredo Mantovano, sottosegretario leccese di An al ministero degli Interni. Sotto i riflettori roventi di Diario di guerra (e pace),la trasmissione tv (La7) con Giuliano Ferrara e Gad Lerner, Mantovano si è esibito sul tema «L'attentato al Viminale e i toni accesi del dibattito politico» ed è stato promosso a pieni voti da tutti i presenti: Lerner, che del Diario tiene le pagine di sinistra, ha proclamato «siamo felici di avere qui Mantovano, perchè ha senso delle istituzioni»; Paolo Mieli, direttori della Rcs in collegamento da Milano, si è complimentato per la pacatezza delle sue argomentazioni, Antonio Di Pietro, dopo aver inveito contro il capo del governo, si è arreso alle parole del sottosegretario («Sulle bombe ha ragione lui») e anche Massimo Brutti, vicepresidente dei senatori diessini, alla fine si è arreso alla serentià dei ragionamenti di Mantovano. Così, mentre Silvio Berlusconi parlando dell'attentato invita tutti ad abbassare i toni («Soprattutto quelli usati al Palavobis»), Umberto Bossi si allarma per «i servizi deviati dalla sinistra che tramano contro il governo» e Rocco Buttiglione sottolinea il legame tra «chi dà del fascita al governo e chi mette le bombe», Mantovano sceglie la strada oppposta: «Non c'è nessuna connessione», spiega, «tra le manifestazioni leggittime dell'opposizione e i due chili di polvere pirica esplosi dietro al ministero». Ora, quasi seccato per il polverone di opinioni buttate al vento, dice:«Bisognerebbe mettere una tassa sulle parole a vanvera. Entrerebbero molti soldi nelle casse dello Stato». Chiaro? Si tanto che il timbro definitivo sulla patente di «buono e bravo» arriva addirittura da Giovanni Pellegrino, senatore diesse ex presidente della Commissione stragi e conterraneo del sottosegretario di An: «Apprezzo molto», dice, «la cautela di Mantovano, mentre considero squallide e insensate molte esternazioni dei suoi colleghi di coalizione».

Che effetto fa all'ex giudice di Lecce essere visto come la moderata e corretta mosca bianca della Casa delle Liberta? «Spero solo di non passare per democristiano», sorride. E tra i più maglini sorge un sospetto: alle ultime elezioni politiche Mantovano si scontrò per un posto alla Camera con D'Alema nel collegio di Gallipoli. Il Polo era favorito, ma D'Alema vinse e Mantovano rimase fuori dal Parlamento con la convinzione che tra il Presidente della Quercia e Raffaele Fitto, presidente azzurro della Regione Puglia, ci fosse stato un inciucio.

Che stia già lavorando alla rivincita, corteggiando i voti di una certa sinistra?

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