ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA
(Sezione: Cronaca di Milano      Pag.    )
Sabato 26 febbraio 2005

Biagio Marsiglia

 

 

 Banca «fantasma» chiusa per riciclaggio

Migliaia di euro inviati senza controlli dall’Italia al Marocco. Tra i clienti trafficanti di droga e terroristi


 

Una banca fantasma. Una banca totalmente abusiva e virtuale, capace però di raccogliere, nel corso degli ultimi sei anni, migliaia e migliaia di lire prima e di euro poi che dall’Italia, esentasse e senza controllo alcuno in materia di antiterrorismo e antiriciclaggio, volavano in Marocco, a Casablanca, nelle casse blindate della sede centrale della «Banque commerciale du Maroc». A scoprirla, dopo sei mesi di serratissime indagini partite inseguendo il flusso di denaro versato da un giovane marocchino trafficante di hashish, è stata la sezione verifiche speciali del primo gruppo del Nucleo regionale di polizia tributaria delle fiamme gialle milanesi.

Davvero inquietante, la scoperta. Anche perché, hanno già accertato gli uomini del colonnello Rosario Lorusso, a servirsi del sistema bancario occulto è certamente stato, oltre al trafficante di droga, un altro marocchino indagato per associazione terroristica internazionale dalla magistratura di Lecco.

Del resto il sistema ben collaudato, alimentato con versamenti in posta tramite bollettini prestampati, era stato costruito per essere totalmente al di fuori di qualunque monitoraggio e dunque del tutto sicuro anche per fare transitare dall’Italia all’estero capitali diretti ad organizzazioni terroristiche. A Milano la sede della banca fantasma, denominata Wafabank, è in via Abbadesse 44. Se non fossero arrivati i finanzieri di Fabio Filzi, l’istituto privo di qualunque permesso ad operare in Italia avrebbe ufficialmente acceso le insegne tra qualche giorno, al termine dei lavori di ristrutturazione.

I dieci promotori finanziari che operavano per la banca sono stati denunciati a piede libero, e le accuse da cui dovranno difendersi vanno dal riciclaggio alla raccolta abusiva del risparmio, dall’attività finanziaria abusiva alle mere violazioni tributarie. Ma di fatto l’inchiesta è solo all’inizio e, almeno fino a quando la Guardia di finanza non avrà tradotto le migliaia di carte scritte in arabo ora sequestrate, nessuno può prevedere gli scenari futuri possibili. Si lavora sull’attività del marocchino sospettato di essere un terrorista, si indaga sul narcotrafficante, ora uccel di bosco, e sono in corso accertamenti anche per valutare la vera ragione di alcune collaborazioni che «Wafabank» era incredibilmente riuscita a ottenere con alcuni tra i più importanti istituti di credito italiani, arrivati al punto di fare aprire un «corner» della banca marocchina all’interno di alcune loro filiali. Nell’operazione, ieri pubblicamente elogiata dal sottosegretario di An Alfredo Mantovano, le fiamme gialle milanesi hanno sequestrato venti conti correnti bancari e postali, oltre a 4 milioni di euro. Si calcola che nel solo 2003 la banca fantasma marocchina abbia raccolto addirittura 27 milioni di euro.

Semplice il meccanismo. Chi voleva spedire soldi in Marocco aggirando il sistema bancario nazionale versava in posta la somma tramite un bollettino postale intestato a «Wafabank». La matrice veniva poi portata dal cliente al promotore di fiducia. Nessun registro di tutto ciò, nessuna rete informatica, solo tanta fiducia, un fitto passaparola e le telefonate che il promotore faceva subito dall’Italia al Marocco per informare i colleghi della banca centrale che il signor x aveva appena versato la somma x.

A qual punto era la stessa banca virtuale, raggiunta una certa cifra, a far convogliare i soldi dalla posta italiana alla banca con sede a Casablanca. Qui, chi aveva ricevuto la telefonata dall’Italia provvedeva in tutta fretta a riassegnare ai vari clienti marocchini (molti in assoluta buona fede) le cifre di denaro arrivate in un unico cumulo.

Wafabank era pronta ad aprire uno sportello in tutte le principali città italiane, dal nord fino a Napoli. Ma è arrivata la guardia di finanza e il castello dedito al riciclaggio è crollato d’un colpo.


    

 

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