ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA
(Sezione: CRONACHE    Pag. 15    )
Venerdì 25 ottobre 2002

Giuliano Gallo ggallo@corriere.it

Intervento a un convegno di An: nessuna beneficenza, puntiamo sull’integrazione

Fini: immigrati, denunciate chi non vi mette in regola

Il vicepremier: legge dura contro i padroni con lavoratori in nero


 

ROMA - Il piccolo colpo di teatro arriva alla fine, quando già la platea ha cominciato a svuotarsi: «Lo so che quello che sto per dire potrà suscitare polemiche, ma lo voglio dire lo stesso: invito i lavoratori extracomunitari che lavorano in nero, gli sfruttati, a chiedere ai loro datori di lavoro di metterli in regola. E se non lo fanno, li invito a denunciarli». Applausi. Gianfranco Fini presenta la «sua» legge sull’immigrazione (Bossi non verrà mai citato da nessuno, neanche per sbaglio) a Roma ad un convegno promosso da An, al quale hanno preso parte anche immigrati di ogni parte del mondo. E molti di loro salgono sul podio a porre domande sulla legge, a presentare le loro paure, i loro dubbi. Non sempre accolti con benevolenza, per la verità. A chi lamentava la difficoltà di essere commerciante straniero, dal pubblico qualcuno aveva urlato «vai a casa!», all’avvocato penalista somalo che raccontava scandalizzato di aver dovuto dare le sue impronte digitali («come uno dei miei clienti») aveva risposto un coro beffardo di «uh, uh, uh». Ma per il vice presidente del consiglio (e per il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano, definito da Fini lo «zio» della legge) la Fini-Bossi è in realtà una legge seria, onesta e rigorosa.

Perché, spiega Fini, si basa sul tentativo di conciliare legalità e solidarietà. E servirà soprattutto a reprimere ogni rigurgito di xenofobia. «E’ un dovere morale evitare con tutte le forze che possano nascere fenomeni di xenofobia e di razzismo, infezioni dello spirito che disonorano un popolo come quello italiano, che ha grandi e antiche tradizioni di accoglienza». Ma attenzione, avverte il presidente di Alleanza Nazionale, «solidarietà non vuol dire carità. La carità la fa chi vuole farla, per suoi motivi. Lo Stato non può essere caritatevole, mentre ha il dovere di essere solidale. E il governo non può essere il buon samaritano. E solidarietà vuol dire integrazione: non conosco una solidarietà che metta gli immigrati in un ghetto».

A chi, come la Caritas, lo accusa di voler mercificare l’immigrazione, trasformando uomini in braccia, e di aver partorito una legge che estirpa l’identità dell’immigrato, Fini risponde con uno scatto di orgoglio: «Il più sacrosanto diritto di un uomo è quello di lavorare, con la mente o con le braccia. E con questa legge noi vogliamo elevare l’immigrato al livello di dignità più alto». Certo, «non tutti quelli che bussano alla porta possono entrare». Ma questa, ribadisce il vice premier, «non è una legge cattiva contro chi non ha lavoro. E’ molto più cattiva con i padroni che vogliono solo lavoratori in nero. Quei padroni non sono dei benefattori, sono degli sfruttatori. E prima o poi dovranno fare i conti con lo Stato: quando avremo incrociato i dati e scopriremo che hanno assunto degli altri clandestini, passeranno dei guai».

Ma la realtà è per il momento diversa: la questura di Lucca ha espulso un clandestino rumeno dopo che, assieme ad un suo connazionale, aveva denunciato alla guardia di finanza i suoi datori di lavoro, che avevano smesso di pagarlo dopo la richiesta di essere messo in regola. La denuncia è della Cgil, che aveva assistito i due rumeni nel loro percorso verso la normalità. I due, raccontano i sindacati, dopo la denuncia erano anche stati aggrediti da connazionali che pretendevano di far prostituire la moglie di uno di loro.


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