ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA
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Sabato 15 gennaio 2005

Lorenzo Fuccaro

 

 Berlusconi: sul referendum libertà di scelta

Da Prodi stessa linea «se non si trova un’intesa in Parlamento». I Verdi: no a inciuci. E l’Udc: meglio votare


 

ROMA - «Ho sempre lasciato libertà di coscienza. Ognuno deve decidere secondo i propri intendimenti e le proprie libertà religiose». Silvio Berlusconi dedica solo queste parole alla decisione della Consulta di dare via libera a quattro dei cinque quesiti referendari sulla procreazione medicalmente assistita. Decisione sul merito della quale il premier non «vuole esprimersi». È quindi evidente che da parte della maggioranza, che ha voluto la legge contro cui si battono i Radicali, non vi sarà alcun impegno a sostenere la campagna referendaria. D’altra parte il governo, e ciò era stato duramente stigmatizzato dai promotori, si era costituito presso la Corte costituzionale per opporsi alla consultazione. Adesso dopo l’intervento diretto di Berlusconi è facile prevedere che sarà davvero duro raggiungere il quorum, anche perché il leader del centrosinistra Romano Prodi ha una posizione assai simile. «Se il Parlamento, che è rappresentativo della volontà popolare - dice il Professore -, troverà un accordo sarà preferibile. Se invece si andrà a votare, ciascuno lo farà secondo coscienza». In pratica Prodi preferirebbe trovare un’intesa tra le forze politiche per evitare che la consultazione provochi il ripetersi di lacerazioni nel proprio campo com’era avvenuto al momento del varo della legge. Tuttavia, aggiunge il Professore, nel caso non ci si riesca sarà garantita la libertà di coscienza.

La convergenza (nei fatti) tra i leader dei due schieramenti lascia intendere che l’intera questione sarà rimandata al dopo referendum. È del tutto improbabile che da oggi al giorno in cui si andrà alle urne - altra incognita che provoca non pochi timori ai promotori - maggioranza e opposizioni si mettano d’accordo per cambiare la legge. Nessuno infatti, sia a destra sia a sinistra, è disposto a lavorare per modificarne il testo. Luca Volontè (Udc) sottolinea le difficoltà dell’impresa: «Meglio votare i referendum». Anche il Verde Alfonso Pecoraro Scanio esclude che si possa evitare il ricorso alla consultazione. «Nessun inciucio in Parlamento - tuona - per salvare una legge proibizionista che va abolita». In ogni caso, ammonisce Alfredo Mantovano (An), evitiamo che il confronto «diventi una guerra di religione tra la fede (oscurantista) e la scienza (sempre benefica)».

Al momento quindi il referendum è una prospettiva realistica. I Radicali però temono, come dice espressamente il segretario Daniele Capezzone, «la strategia del carciofo con la quale togliendo foglia dopo foglia si arriva a una leggina che magari lasci soltanto il quesito sulla fecondazione eterologa». E, soprattutto, sono allarmati, come paventa Marco Pannella, dalle eventuali sortite di quel «cattocomunista di Adriano Celentano che torna alla Rai ad aprile e non è nuovo a sparate clericali».

I dubbi, a questo punto, riguardano soprattutto la data in cui dovrà tenersi la consultazione. I referendari intravedono il rischio di «colpi di mano», come sarebbe quello di chiamare alle urne i cittadini il 12 giugno, quando ormai le scuole sono chiuse e almeno due milioni di persone sono lontane dalle città e proprio per questo non voteranno. I promotori e parte del centrosinistra vorrebbero che l’appuntamento fosse più ravvicinato. Giuseppe Fioroni (Margherita) sottolinea che sarebbe bene che vi fosse «almeno un intervallo di un mese rispetto alle Amministrative di aprile per evitare di mescolare il dibattito sulle Regionali con temi così importanti».


    

 

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