ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA
(Sezione: Primo Piano   e   Pag.  5  )
Mercoledì 15 ottobre 2003

Dino Martirano

LA PROPOSTA / Lo stato maggiore del partito prepara il testo del ddl costituzionale. E la Consulta oggi inizia l’esame della legge Bossi-Fini

An rilancia: gli stranieri potranno anche essere eletti

 


ROMA - Se Gianfranco Fini annuncia che An non arretrerà di un millimetro sul voto agli immigrati, i suoi colonnelli riuniti a Montecitorio per scrivere il testo del ddl costituzionale lo seguono e, anzi, rilanciano con un’accelerazione. Lo straniero extracomunitario potrà dunque votare alle circoscrizionali e alle comunali ma, ed è questa la novità dell’ultim’ora anticipata da Domenico Nania, potrà anche essere eletto nei consigli. Invece gli extracomunitari, al pari dei comunitari, non potranno sedere sulle poltrone di sindaco e di vice sindaco. Lo stato maggiore di Fini - Ignazio La Russa, Alfredo Mantovano, Giampaolo Landi di Chiavenna, Gian Franco Anedda e Domenico Nania - ha dunque messo nero su bianco il testo del ddl che modifica l’articolo 48 della Costituzione e che domani verrà depositato in Parlamento. Il testo comprende un preambolo e un paio di articoli: il voto per gli extracomunitari si ancora alle regole già in vigore (decreto legislativo 197 del 1996) per i cittadini comunitari: «E dal primo maggio 2004 i Paesi dell’Unione saranno 25», ricorda Fini tanto per far capire, per esempio, quali saranno i rapporti numerici tra cittadini dell’Est Europa e africani.

Se lo vorranno, gli extracomunitari che risiedono da almeno sei anni in Italia potranno dunque chiedere di essere iscritti nelle liste elettorali: per farlo dovranno dimostrare di pagare le tasse (proporzionate a un reddito tale da garantire il mantenimento della famiglia), di avere un domicilio stabile, di non avere carichi pendenti e di non avere commesso reati gravi per i quali è previsto l’arresto. Ma la novità è anche un’altra: «Lo straniero che chiede di votare dovrà impegnarsi a rispettare i principi della nostra Costituzione sui diritti umani e civili, sulla libertà religiosa e altro ancora», spiega il responsabile Immigrazione di An Giampaolo Landi di Chiavenna.

Fini, che ieri ha incontrato il coordinatore Ignazio La Russa per mettere a punto gli ultimi dettagli, ha detto ai suoi che il nuovo ddl costituzionale deve essere inteso come la continuazione naturale del solco aperto dalla legge Fini-Bossi: «Al rigore deve poi corrispondere una politica di integrazione». Il caso, però, ci ha messo lo zampino. Proprio oggi inizia l’esame più difficile per la Fini-Bossi davanti alla Consulta che è chiamata a stabilire se la nuova legge sull’immigrazione rispetti o meno il dettato costituzionale. Le questioni di legittimità sollevate da vari tribunali sono ben 448. E si concentrano su tre aspetti repressivi della normativa varata a luglio del 2002 dalla maggioranza: l’arresto obbligatorio previsto per lo straniero che non rispetta l’ordine di allontanamento, l’espulsione dello straniero eseguibile prima della convalida dell’autorità giudiziaria, l’espulsione del detenuto straniero cui rimangono da scontare una pena non superiore ai due anni.

In altre parole, i giudici delle leggi stanno per passare al setaccio quegli snodi della Fini-Bossi che più hanno caratterizzato lo scontro tra maggioranza e opposizione nonché un acceso dibattito maturato all’interno della stessa Casa delle Libertà tra Udc e Lega.

A Palazzo della Consulta tutto si svolgerà a porte chiuse. Non essendosi costituite le parti, le questioni di legittimità costituzionale verranno discusse in camera di consiglio. Il presidente Riccardo Chieppa ha affidato le relazioni a tre giudici: Guido Neppi Modona, Carlo Mezzanotte e Giovanni Maria Flick. E le decisioni definitive potrebbero arrivare al massimo tra 60 giorni. Tutti i riflettori, comunque, sono puntati sulla questione che riguarda l’arresto obbligatorio dello straniero colto in flagrante nonostante penda su di lui l’ordine di abbandonare il territorio dello Stato. Il giudice a quo (in questo caso il tribunale di Torino) ha rilevato come la norma possa contrastare con almeno tre articoli della Costituzione: tra l’altro perché «l’istituto dell’arresto obbligatorio riguarda esclusivamente fattispecie criminose particolarmente gravi che "denotano spiccatissima pericolosità sociale"».


    

 

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