ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Il Secolo d'Italia
(Sezione:  Prima Pagina  e Pag.   14  )
Martedì 14 Gennaio 2003

 

 

 

Favara ha indicato il percorso giusto


 

Due dati colpiscono prima di altri nell'articolata relazione con la quale il procuratore generale della Cassazione ha aperto ieri l'anno giudiziario: il riferimento all'efficienza del sistema giudiziario, ma prima ancora il tratto equilibrato e oggettivo dell'intera riflessione. Parto da quest'ultimo, che non va visto evidentemente come un elemento caratteriale, e quindi soggettivo, ma che indica un metodo. Lo indica a tutti; e quindi andrebbe evitato l'atteggiamento simile al fedele che va a Messa, ascolta l'omelia e, di fronte alle esortazioni del parroco, guarda a chi gli siede al fianco, essendo certo che non riguardino lui. L'esame concreto e non urlato dei problemi che assillano il sistema giudiziario è il presupposto per la loro corretta impostazione, evitando quelle contrapposizioni frontali che spingono a soluzioni estreme, e quindi squilibrano il quadro. A fianco a questo, che potrebbe rinviare esclusivamente a un appello ai sentimenti di stampo buonista, e quindi inutile, vi è però la considerazione che il medesimo equilibrio è necessario per non continuare a percorrere una strada, avviata negli anni gloriosi dell'Ulivo, di riforme a toppe o su aspetti specifici.

Questo vale in particolare per il processo penale: qualche mese fa Alleanza Nazionale aveva proposto una sorta di moratoria su interventi di modifica "a pezzi", indicando come pregiudiziale l'approfondimento dell'impatto provocato dalle riforme succedutesi nel corso degli ultimi anni. Ieri il dott. Favara, in uno dei passaggi più significativi della relazione, ha descritto l'alterazione del codice di procedura penale derivata dalla dilatazione delle garanzie e del contraddittorio nella fase delle indagini (in sé inquisitoria), e la conseguente dilatazione dei tempi del processo; per concludere che qualsiasi riforma non deve trascurare il quadro di insieme.

Ma è sull'efficienza che si è concentrato gran parte del discorso del p.g.; l'efficienza chiama in causa il legislatore, cui compete una sorta di screening delle disposizioni che, senza alcun guadagno in termini di garanzie, si sono ridotte finora in perdite di tempo e di energie. Chiama in causa la razionalizzazione delle risorse, e quindi in particolare il lavoro che il ministero della Giustizia sta svolgendo in questa direzione. Chiama in causa gli uffici giudiziari, a cominciare dai loro dirigenti, cui il dott. Favara ricorda di dover essere non soltanto dei giuristi capaci, bensì anche, se non soprattutto, dei validi organizzatori; per continuare con ciascun magistrato, e con la necessità di pervenire a criteri uniformi di verifica del lavoro effettivamente svolto, e quindi - per adoperare un brutto termine - della produttività.

E' lecito immaginare che questa relazione sia letta come una sorta di programma di lavoro, con i dovuti adattamenti per ciascuno dei soggetti istituzionali coinvolti? La materia non manca, anche nelle parti che alcuni commenti politici hanno sottoposto a critica. E, proprio perché non manca, non dovrebbe cadere nel vuoto. Sulla separazione delle carriere, per es., vi è stata la difesa della specificità italiana che vede il giudice e il pubblico ministero nell'unico ordinamento giudiziario; ma essa si è accompagnata al richiamo a una netta distinzione di funzioni fra inquirenti e giudicanti. E non è questa la direzione (salvi tutti gli approfondimenti di dettaglio) del disegno di legge sull'ordinamento giudiziario in discussione al Senato?

Se poi si ci volesse interessare di questioni concrete emerse dalla relazione, merita approfondimento il dato generale del sensibile decremento complessivo dei reati nell'ultimo anno, esito di una politica di prevenzione che finalmente produce effetto; dato rispetto al quale va in controtendenza soltanto il forte incremento dei delitti riguardanti il traffico delle sostanze stupefacenti. La linea di intervento per una intensificazione delle strategie di contrasto su questo fronte è tracciata, e va percorsa, come la Destra italiana ha più volte indicato, senza cedimenti a ipotesi di legalizzazione. Sul contrasto all'immigrazione clandestina non manca l'apprezzamento del p.g. per le disposizioni introdotte con la legge Fini-Bossi, a cominciare dal rilascio dei rilievi fotodattiloscopici, in un quadro di generale preoccupazione per l'intensificazione della criminalità di origine straniera.

Per concludere, e senza riprendere ulteriori spunti, ciascuno dei quali meriterebbe una riflessione specifica: attraverso la relazione del dott. Favara la magistratura non appare un corpo che si contrappone ad altri, o addirittura una componente della lotta politica al governo in carica. E' una istituzione che descrive un quadro di difficoltà e si pone il problema di come affrontarle. Altri, a cominciare da alcuni esponenti dell'Anm, hanno scelto fino a pochi giorni fa strade alternative. Chiunque può valutare quali frutti produca la constante contrapposizione: l'essere andata pervicacemente allo sciopero ha consentito all'Anm a metà dello scorso anno di rompere ogni possibilità di dialogo con un governo che, attraverso il ministro della Giustizia, mostrava significative apertura in tema di ordinamento giudiziario. Il procuratore generale indica un percorso diverso, più serio e più impegnativo, nella prospettiva, in anni venturi, di allontanarsi con la sua relazione dalla figura del curatore fallimentare e di dilatare i pochi elementi positivi che la realtà pone a disposizione. La Destra italiana è pronta a fornire il suo contributo politico in questa direzione.


Alfredo Mantovano
www.mantovano.org

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