ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su il Riformista
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Martedì 14 Ottobre 2003

 

REBUS. INTANTO MANTOVANO SPIEGA LA RIFORMA: GLI IMMIGRATI POTRANNO ANCHE CANDIDARSI

Ritorna la «pazza idea»: cancellare la Fiamma?


La «pazza idea» per ora circola più negli ambienti culturali (politologi, giornalisti, intellettuali d'area) che nel partito, dove se ne ode l'eco soltanto in lontananza, alimentando così più di un sospetto. L'oggetto è infatti l'ipotesi che il prossimo passo di Gianfranco Fini sarà quello di cancellare il cerchietto con la Fiamma e la sigla Msi dal simbolo di An. Come detto, i vari colonnelli tacciono. Un po' perché - dicono da via della Scrofa - «sono cose che decide solo il leader e nelle correnti a nessuno conviene avanzare ufficialmente la proposta». Ma soprattutto perché «non è il momento giusto: siamo già sovresposti, meglio soprassedere. E poi il partito è in piena evoluzione».

Capire dunque se la Fiamma verrà sostituita dal volto del vicepremier (ipotesi Lista Fini) o dal simbolo del Ppe, oppure da una terza alternativa, è per il momento difficile. Fatto sta che prima o poi accadrà, anche perché il «leader» è ben consapevole che per andare «oltre questa destra» e ottenere il completo sdoganamento (e essere definitivamente certo di potersi recare in Israele) dovrà passare per tale difficile e per molti versi dolorosa scelta (D'Alema fece un congresso per eliminare la falce e martello).

Molto dipende, secondo i rumours, da Donna Assunta Almirante. Se lei desse il via libera, le prevedibili polemiche verrebbero ammortizzate in partenza. E dopo la polemica con Fini su «An berlusconizzata», la vedova di Almirante ha molto apprezzato la proposta del voto agli immigrati. Chissà quindi se la diplomazia nera, già al lavoro, non riesca ora a strapparle il consenso sulla revisione del simbolo.

Vedremo. Intanto An bada al contingente. Oggi è prevista la riunione del gruppo di saggi (La Russa, Anedda, Nania, Mantica, Landi, Mantovano) che definirà i dettagli della proposta di legge per il voto agli immigrati. Poi, giovedì, il testo finirà al forum dei parlamentari di An. Venerdì, infine, il vicepremier presenterà il testo in Parlamento, quindi sia alla Camera sia al Senato. Con tutta probabilità, però, non verrà firmata da Fini, bensì (ma sono ipotesi) da Gian Paolo Landi di Chiavenna o Alfredo Mantovano, che più di altri ha dato fondamento legislativo alla proposta politica finiana. E proprio Mantovano anticipa al Riformista le linee guida del provvedimento. Innanzitutto una premessa, però: «Non capisco tutto questo clamore. Oggi gli immigrati già ottengono la cittadinanza, ma dopo non meno di dodici anni: dieci per ottenere il requisito fondante e due per completare l'iter. Fini punta semplicemente a ridurre i tempi, e sulla base di determinati requisiti». Quali? «Possesso della carta di soggiorno da un certo numero di anni (sei o otto, è ancora oggetto di discussione, ndr), remunerazione continuativa, richiesta del soggetto».

Quella appena descritta è però soltanto la prima ipotesi. L'altra prevede che dopo sei anni di carta di soggiorno si possa ottenere il diritto di voto per le amministrative, senza chiedere la cittadinanza, ma rispettando comunque i requisiti descritti. Né sarebbe scandaloso - aggiunge Mantovano - «pensare ai test eseguiti dalle municipalità, come in Svizzera o negli Usa, per verificare un minimo di conoscenza su storia, diritto e lingua italiana». Riguardo alla natura del provvedimento, si è deciso di procedere per via costituzionale, «per poi rinviare alla legge di attuazione la regolamentazione delle ipotesi suddette».

Rispetto alla proposta Prodi di far votare gli extracomunitari non solo per le amministrative, Mantovano è d'accordo: «Va da sé che se gli immigrati ottengono la cittadinanza, possono votare per tutto». Ma anche candidarsi? «Certo. A tal proposito ricordo che a Lecce, dove governiamo, l'amministrazione ha da tempo inserito in consiglio comunale il 41° membro, un extracomunitario senza diritto di voto ma solo perché la legge non lo consente». Insomma, «la sensibilità sul punto è già sviluppata, non c'è nessuna svolta di An».

Riguardo all'abolizione delle quote, Mantovano invita a «non confondere i due temi, l'uno costituzionale, l'altro no». Infatti, l'eventuale modifica del sistema d'ingresso degli immigrati «riguarda esclusivamente la Fini-Bossi». Secondo il sottosegretario «fissare preventivamente le quote d'ingresso ostacola il libero incontro fra domanda e offerta di lavoro. Lasciamo risolvere al mercato le sue esigenze». Bisogna poi considerare che «è in arrivo una direttiva Ue in tal senso», che confermerà «il buonsenso della proposta di Fini», mentre singolari sono le resistenze della Lega, visto che «a settembre Maroni ha suggerito la stessa soluzione». Per cui non è detto che il Carroccio «voti in blocco contro una tale ipotesi».

Parole, quelle di Mantovano, pronunciate senza accenni provocatori e che confermerebbero quindi la nuova strategia indicata da Fini alle correnti: evitare polemiche e andare piuttosto al sodo. Così è stato ieri anche per le faccende interne al partito, che ha scelto i nuovi quadri dirigenti. I ruoli vacanti più importanti, quelli di vice coordinatori nazionali, sono stati assegnati a Carmelo Briguglio (Destra sociale), Italo Bocchino (Destra protagonista) e Giovanni Collino (Nuova alleanza). Insomma, uno per ogni corrente del partito.


    

 

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