ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su il Riformista
(Sezione:        Pag.    6 )
Venerdì 1 aprile 2005

Vittorio Pezzuto

CONVERSAZIOINE. IL SOTTOSEGRETARIO MANTOVANO DIFENDE LA LEGGE FINI.

  

 Spinello e cocaina, il pericolo è lo stesso


 

«Se noi di An avessimo davvero voluto una legge-manifesto da agitare come una bandiera in campagna elettorale non avremmo lavorato per tre anni all'elaborazione di un testo di ben 106 articoli. E soprattutto ci saremmo risparmiati di coinvolgere e consulatre le associazioni di volontariato, i Sert, le comunità di recupero». Il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano difende puntigliosamnte il dl Fini sulla droga e si dichiara piuttosto soddisfatto per il lavoaro fin qui svolto dalle commissioni Giustizia e salute di palazzo Madama. «Nessuno potrà lanciare accuse di supeficialità al legislatore sono state fatte più di 50 audizoni in sede di discussionee generale nessuno è ricorso a slogan, affermazioni demagogiche o ostruzionismi». Col rusultato che la legge che sta prendendo forma «non è nè proibizionista nè antiproibizionista. È vero che punisce in maniera più rigorosa la detenzione e il consumo delle sostanze proibite ma non si esaurisce certo in una serie di divieti. Ad esempio attribuisce grande impotanza alla prevenzione e introduce una notevole elasticità nel momento della pena, finalizzandola al recupero del tossicodipendente».

Sarà pure, ma resta il fatto che per la prima volta vengono equiparate sostanze tra loro diversissime. «Trovo assolutamente impossibile e fuorviante stabilire per legge una linea di confine tra droghe e droghe, leggere e pesanti che siano. Se ci mettiamo a operare una disitnzione di diritto positivo e non di natura perdiamo di vista la necessità di contrastare con ogni mezzo la loro diffusione. Pensiamo ad esempio alla composiszione molecolare della droghe sintetiche: cambiano così spesso che in sede giudiziaria diventerbbe quasi impossibile decidere caso per caso».

Mantovano respinge come semplicistica la tesi che sia proprio il regime proibizionista, costringendo spesso il tossicodipenendente a trasformarsi in delinquente ad avere favorito la nascita e la perplessità delle narcomafie. «Lo Stato sta combattendo con notevole efficacia i grandi trafficanti, oppure non credo che in questo modo vengano risolti tutti gli aspetti del fenomeno. Occorre da un lato conconvincere i cittadini che qualsiasi droga fa male, dall'altro offrire concrete possibilità di disintossicazione e reinserimento sociale. È vero che quando i problemi nascono esclusivamente dal divieto di uan sostanza la strategia più comunemente adottata consiste nella legalizzazione del suo consumo. Osservo però - anche sulla base delle sperimentazioni decise da alcuni paesi (e non è un caso che questi stiano precipitosamente tornando sui loro passi) - che nessuna legalizzazione può essere totale: si rendono sempre necessari limiti di età e di quantità. Col risultato che alla criminalità non resta altro che inserirsi un centimentro oltre questi, ad esmpio concentrando i propri sforzi nella diffusone della droga tra i minorenni. Prendiamo ad esempio il caso delle sigarette.Nel nostro paese la vendita di tabacchi è assolutamente lecita, eppure il contrabbando è assistito e ha prosperato a lungo fino a quando lo Stato, tra il 1999 e il 2001, non ha finalmente deciso di contrastarlo con energia».

Mantovano contesta soprattutto la diffusa convinzione che gli spinlli siano innocui. «Sono stato a lungo giudice penale e ho potuto constatare come nel tempo sia enormente aumentata la quantità di tetraidrocannabinolo (il principio attivo della cannabis) risocntrata nelle perizie sulle sigarette di marijuana: dallo 0.5-1,5 per cento di dieci anni fa si è passati all'attuale 15-20 per cento di Tbc. Vorrei proprio capire come uno spinello del genere possa essere considerato meno pericoloso di una sniffata di cocaina. E infatti esiste ormai una rilevante casistica di atti criminosi commessi in seguito alla loro assunzione. Ad esempio sarei precocupato se mia figlia si recasse a scuola su un pulmanino guidato da un autista che fuma hasish e marijuana. Preocupato per l'autista, oltre che per mia figlia. Insomma, i tossicodipendenti devono finalmente capire di avere precise responsbilità anche nei confronti dell'intero corpo sociale. Esattamente come quanti non indossano il casco in moto e in caso di incidente costringono la collettività all'intervento di ambulanza, medici e infermieri».

E allora, seguendo fino in fondo questa logica, perchè non trattare i fumatori di tabacco esattamente come i consumatori di cannabis? «Sono due fenomeni completamente diversi. Non credo che vi sia un solo medico di disposto a sotenere che gli effetti della nicotonina siano paragonabili a quelli della marijuana». Giusto, nel nostro paese ogni anno muoiono cerca 90mila persone a causa dei danni provocati dal fumo, mentre non risultano decessi imputabili agli spinelli. «Via, non si tratta di questo. La verità è che il fenomeno del tabagismo è enormemente più esteso e appartiene ad abitudini consolidale che per rfortuna iniziano a modificarsi. Il consumo di canabis è invece più circoscritto e siamo convinti che le misusre contenute in questo disegno di legge potranno ottenere in tempi rapidi risultati ancora più significativi».

Sarà dura andarlo a spiegare ai tanti iscritti e militanti di AN che di tanto in tanto amano farsi una canna in santa pace. «È vero, ci sono e ne conosco diversi. Ma un partito politico, pur tenendo conto degli orientamenti della prorpia base, deve sapersi assumere le proprie responsabilità e operare scelte conspevoli. Sono convinto che i vantaggi di sostenere una seria politica di lotta alla droga supereranno di gran lunga gli eventuali malumori di alcuni nostri elettori. Come ci insegna Geroge Bush, essere coerenti con i prorpio principi a medio termime è sempre uan strategia vicnete in termini di consenso».


    

 

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