ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Il Resto del Carlino Martedì 21 maggio 2002

di Silvia Mastrantonio


 

La dolce vita dei pentiti Vivevano nel lusso


ROMA — Alberghi di lusso per la permanenza e per le vacanze, macchine blindate, lavori per l'intero clan familiare. E soldi. Accettati per compensare i danni subiti o rifiutati. Un caso: il «no» a 130 mila euro di integrazione al contributo e un compenso annuo di 28 mila euro. Il rischio

C'è questo e molto altro nelle carte, sottoposte a segreto, che raccontano la storia di 3 testimoni di giustizia in sciopero della fame, da qualche giorno, per protestare contro i programmi di protezione. Fino al punto di violare la stessa legge che ne protegge l'incolumità e guadagnarsi, con tanto di parere favorevole della Direzione nazionale antimafia, la revoca di ogni forma di tutela. E' la storia dei fratelli Giuseppe e Domenico Verbaro e di Giuseppe Carini, tutti e tre testimoni di giustizia che adesso dovranno vedersela da soli nonostante il loro contributo fornito ad indagini importanti. La decisione è stata presa ieri dalla Commissione di protezione per i pentiti e il sottosegretario Alfredo Mantovano ne ha spiegato la ratio: «Sono stati estromessi per l'atteggiamento di costante e violenta ostilità nei confronti del personale destinato alla loro protezione e per le ripetute richieste di entrambi di esosi benefici in denaro, di alloggi in alberghi di lusso». Non solo. I tre in questione, per il sottosegretario, hanno tenuto comportamenti che «hanno compromesso ogni possibilità di protezione utilizzando spesso le proprie generalità invece di quelle di copertura, hanno inscenato proteste». Insomma hanno fatto tutto quello che non avrebbero mai dovuto fare, compreso il rilasciare interviste ad emittenti locali fino a consentire a chiunque di individuare la località dove risiedevano. Quasi volessero essere protetti anche «contro» se stessi. O almeno questa è la spiegazione che dà la Commissione che, ricordano gli addetti ai lavori, da quando ha iniziato a lavorare, nell'ottobre scorso, ha aumentato il numero di protezioni e ha fatto salire anche le cosiddette «vocazioni» alla collaborazione. Il gran rifiuto

Perché se tre protestano e restano senza mangiare altri 70 vivono la loro condizione di testimoni di giustizia non senza problemi ma con serenità, sulla base di quei patti che hanno accettato all'inizio del loro difficile percorso. Con loro, affidati ai programmi di protezione, ci sono oltre 1.100 collaboratori di giustizia. Il tutto a formare, famiglie comprese, un universo di circa 5 mila anime per le quali lo Stato si batte con l'obiettivo di un completo reinserimento socio-economico. E' il lavoro della Commissione in base alla legge 45/2001. Legge che i tre contestatori, fanno sapere dal Ministero, hanno violato apertamente fino a costringere l'organismo stesso ad estrometterli dai programmi. Qualche altro dato. I fratelli Verbaro hanno usufruito di un contributo del commissario antiracket e antiusura pari a 655 milioni di lire. Carini, fuoriuscito dal programma nel '99, aveva ottenuto un contributo finanziario di circa 90 milioni per reinserirsi. Successivamente gli è stata proposta l'integrazione di 130 mila euro e un lavoro da 28 mila euro l'anno. La proposta, però, è stata rifiutata. Oggi i tre raccontano di aver chiesto solo di poter tornare a casa dalle loro famiglie — rivelano al Ministero — ma le carte segrete dicono ben altro. Ed è lì, nei pochi elementi forniti dal sottosegretario Mantovano, che va cercata la ragione della drastica decisione di ieri.

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