ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su La Naz. Il Gior. Il Rest. Mercoledì 20 marzo 2002

di Alessandro Farruggia

 

Scajola: «Atto gravissimo Lo Stato saprà reagire»


 

ROMA — «Il colpo di oggi è gravissimo e dobbiamo affrontarlo con il massimo impegno delle forze di polizia e della magistratura, ma anche con la consapevolezza della forza dello Stato e della capacità, sempre, di unione delle forze parlamentari e politiche». Misura una per una le parole il ministro dell'Interno Claudio Scajola che, affiancato dal capo della polizia, Gianni De Gennaro, si concede brevemente ai giornalisti prima di interrompere la sua visita negli Stati Uniti e di riprendere l'aereo che da Washington lo riporterà a Roma. «Riferirò alle Camere»

Si è già sentito più volte con il presidente Berlusconi, il vicepresidente Fini, il sottosegretario Mantovano, il capo della polizia di prevenzione Carlo De Stefano. Ha quindi già chiaro il quadro di quello che è successo. «Il pensiero certamente corre all'omicidio D'Antona — aggiunge il ministro — e alle indagini da tempo in corso che ci proccupavano perchè non avevano portato a identificare i responsabili del delitto. Certo, ogni caso fa storia a se', ma nulla è stato lasciato di intentato. Le indagini sono inziate immediatamente e con il massimo impegno e vanno avanti in maniera serrata. Il capo dell'antiterrorismo è già a Bologna con i suoi più stretti collaboratori. Domani mattina (oggi per chi legge, nda) riferirò alle 9,30 al Consiglio dei ministri, alle 10,30 alla Camera e alle 11 in Senato».

Mentre lui, poco dopo delle 23 ora italiana, si imbarca, il sottosegretario all'Interno con delega per la pubblica sicurezza, Alfredo Mantovano, presiede al Viminale una riunione con i capi del dipartimento di Pubblica sicurezza che proseguirà fino a dopo le una del mattino e che servirà a fornire un primo dettagliato quadro della situazione e a disporre le contromisure del caso. Anche relativamente allo spinoso tema delle scorte, del quale tutti i massimi vertici hanno discusso tra di loro immeditatamente dopo che si è diffusa la notizia, interrogandosi sul perchè il professor Biagi — da novembre — fosse senza protezione e innescando tra Roma e Bologna un balletto di verifiche serrate.

Tra di loro anche il vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini, che osservava: «Dalle notizie di cui dispongo si trattava di un servizio di tutela e non di scorta. Sono servizi decisi a livello di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza e questo spiega il fatto che per Biagi esistesse una tutela in alcune città, ma non a Bologna». Questo della scarsa protezione di cui godeva Biagi è probabilmente un tema del quale si dicuterà molto nelle prossime settimane, perchè allo stesso Viminale, nelle riunioni di ieri notte, si è ammesso che Biagi era un obiettivo ideale per i gruppi terroristici che tentano di inserirsi nel confronto sociale in quanto era a bassa protezione, ma colpirlo aveva un alto valore simbolico: quindi, con bassi rischi, garantiva un'enorme cassa di risonanza mediatica e politica. Il nodo delle scorte

L'aver deciso di non proteggerlo nella sua Bologna è stato un errore e tra le proccupazioni di ieri al Viminale quella di esaminare tutti i dossier delle personalità alle quali in questi mesi la scorta è stata ridotta o eliminata e che potrebbero essere obiettivi ideali per ulteriori attacchi terroristici.

Una eventualità che è stata praticamente azzerata dalle disposizioni che sono state già prese ieri e che verranno integrate oggi da nuove misure antiterrorismo, sia a livello centrale che a livello di comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza.

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