ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MESAGGERO
(Sezione:    Pag.    )
Domenica 29 Dicembre 2002

di MARIO STANGANELLI

Dopo Matteoli e Storace anche Urso e Selva favorevoli alla clemenza. La Lega: troppo ottimisti alla Camera, al Senato faremo a pezzi il provvedimento

 

Indulto, An si divide sulla libertà di coscienza
Mantovano: la linea non muta, partito contrario. E il Senatùr: serve un nuovo patto sulla devolution


 

ROMA - In Parlamento sembra consolidarsi una maggioranza trasversale favorevole all’indulto. Il consenso è aumentato dopo i numerosi "casi di coscienza" di esponenti di An che, discostandosi dalla linea del partito, si sono dichiarati a favore di un provvedimento di clemenza. E se sull’indulto la maggioranza - con An e Lega nettamente contrari - non si presenta compatta all’appuntamento, anche sulle riforme sembra delinearsi qualche problema all’interno della Cdl. Per la ripresa di gennaio della discussione sui temi istituzionali, Umberto Bossi annuncia infatti il rilancio della sua proposta di devolution approvata dal Senato, aggiungendovi la proposta per la trasformazione del Senato in Camera delle Regioni e per la riforma della Corte Costituzionale.

In An, alle voci dissonanti di Alemanno, Matteoli e Storace si sono aggiunte quelle del viceministro per le Attività produttive, Adolfo Urso, e del presidente della commissione Esteri della Camera, Gustavo Selva. Il primo chiede che ai parlamentari del suo partito sia lasciata libertà di coscienza. Il secondo vede come «soluzione migliore» l’indultino che «non sarebbe buonismo o perdonismo gratuito, ma solo un’ultima prova di fiducia data dallo Stato».

Tuttavia, sia Urso che Selva, come gli altri esponenti di An favorevoli all’indulto, dovranno fare i conti con la linea ufficiale del partito sostanzialmente confermata da Alfredo Mantovano. Il sottosegretario all’Interno osserva infatti che, «dopo le assai chiare parole dette da Fini sull’argomento a "Porta a Porta", non è intervenuto alcun mutamento di linea, anche se nel partito stanno emergendo delle diversificazioni». Un partito di destra - secondo - «dovrebbe tener ferme alcune questioni di principio come quella che a un comportamento illegale debba seguire una sanzione. D’altra parte - aggiunge il sottosegretario - l’esperienza insegna che provvedimenti di indulto decongestionano l’affollamento delle carceri solo per qualche mese e poi tutto ritorna come prima». Quanto alla fronda che sull’argomento sembra crescere in An, Mantovano osserva che «un partito non è un reggimento di lancieri e su questioni che toccano le convinzioni intime di ciascuno ci possono essere diversificazioni e qualche caso di coscienza. Ma, per quanto riguarda le indicazioni del partito, è necessario distinguere tra la concessione di libertà di voto che svincolerebbe tutti nella scelta sull’indulto e l’ammissione di singoli casi di coscienza».

Fotografata così la situazione in Parlamento, sono i radicali, con il segretario Daniele Capezzone, a constatare che il fronte dei favorevoli alla clemenza dovrebbe avere una maggioranza dell’80 per cento delle Camere, e invitano di conseguenza a votare prima l’indulto, che richiede il quorum dei due terzi, e solo dopo l’indultino a maggioranza semplice. Ottimismo, questo, che viene però letto dal leghista Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, come «il prevalere di segni di follia da parte dei deputati. Alla Camera facciano quello che vogliono, ma l’indultino o l’indultone al Senato cercheremo di farlo a pezzi».

Ma anche sulle riforme le posizioni della Lega appaiono tutt’altro che ammorbidite. Un corsivo sulla "Padania" e una maxi-intervista di Francesco Speroni, braccio destro di Bossi al ministero delle Riforme, annunciano che sulla devolution occorrerà un nuovo accordo che la Lega proporrà alla maggioranza, basato sulla riforma in senso federalista del Senato e della composizione della Corte costituzionale. Alla Lega - dice Speroni - «basterebbe la devolution così com’è uscita dal Senato, anche perché la Camera delle Regioni, se si guarda agli altri Stati federali, non è un obbligo. Ma la maggioranza dovrà fare i conti anche con il programma della Lega, in cui sono previsti sia il Senato federale, sia una diversa composizione in senso regionalista della Consulta».


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