ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO
(Sezione:   Pag.     )
Domenica 26 Gennaio 2003

di CRISTIANA MANGANI

I giudici: capovolti la visione solidaristica della Turco-Napolitano e lo spirito di Schengen. La Caritas: trascurata l’integrazione

«La Bossi-Fini è una legge repressiva»

La Cassazione critica le norme sui clandestini. Il governo: invasione di campo

 

ROMA — «Repressiva e non solidaristica». La Corte di cassazione “boccia" la legge Bossi-Fini sull’immigrazione nel respingere il ricorso presentato da un albanese. I magistrati di piazza Cavour ritengono che la normativa 189 del 2002 varata dal governo ha «capovolto» la «visione solidaristica» presente nella Turco-Napolitano (n.40 del 1998, emanata dal governo di centrosinistra) adottando una impostazione «esclusivamente repressiva». In questo modo - aumentando la funzione di sicurezza e di ordine pubblico - ha compiuto una «unilaterale lettura della normativa europea», dall’accordo di Schengen al trattato di Amsterdam, alle proposte del Consiglio Ue.

Nella sentenza i giudici della terza sezione penale fanno un «primo raffronto» tra la normativa del '98 e quella del 2002. Premettendo che già la legge Turco-Napolitano aveva «ulteriormente marcato» rispetto alla precedente (n.943 del 1986), le «finalità di ordine pubblico, sicurezza e razionalizzazione, controllo e regolamentazione della presenza e dell'attività dei cosiddetti extracomunitari», pure questi obiettivi venivano «filtrati» attraverso «i principi di pari opportunità e trattamento, di regolazione del mercato del lavoro al di fuori degli schemi della pubblica sicurezza, di generale impegno degli Stati aderenti alle Convenzioni internazionali». Tutto ciò veniva attuato senza «perdere di vista il legame esistente fra immigrazione, povertà o indigenza e cosiddetto lavoro nero, e i principi solidaristici espressi nella nostra Costituzione».

Fatte queste considerazioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un albanese accusato di aver favorito l'ingresso clandestino di una giovane connazionale, al fine di sfruttarne la prostituzione. L'uomo sosteneva che le disposizioni che puniscono chi agevola l'ingresso senza documenti di extracomunitari, sono rivolte esclusivamente verso gli scafisti, sia nella Turco-Napolitano che nella Bossi-Fini. Ma la Cassazione ha detto tutto l’opposto, perché in sostanza la legge punisce «il compimento di atti che, in qualsiasi modo, agevolino l'ingresso irregolare, potendo tale fatto essere commesso anche da chi si trova in posizione di clandestino».

Le motivazioni del verdetto hanno fatto esplodere mille polemiche riaccendendo lo scontro politico in tema di immigrazione. «È un giudizio più politico che tecnico», sostiene Mario Landolfi, portavoce di Alleanza nazionale. Sono «parole sante» ribatte Livia Turco, responsabile per i Ds dei temi del Welfare e firmataria della legge precedente. «Grazie alla legge Bossi-Fini - sottolinea Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno con delega all’immigrazione - si sta realizzando una regolarizzazione che punta a dare lavoro e sistemazione a 700 mila extracomunitari». Il sottosegretario aggiunge: «Fermo restando che uno sfruttatore di minorenni deve essere messo in carcere senza tanti giri di parole non si capisce quale attinenza abbia questa considerazione della Suprema Corte». Per Alessandro Cè, capogruppo della Lega Nord alla Camera: «È una strana e inaccettabile invasione di campo nei confronti della politica. È una valutazione di tipo politico e non di legittimità, quale competerebbe alla Cassazione». Rilancia la Turco: la legge non è solo repressiva ma è anche, «inefficace. Lo dice l'aumento della clandestinità e lo dicono i magistrati che hanno difficoltà ad applicarla perché di dubbia interpretazione». E una ragione - osserva l'ex ministro del centro sinistra - c'è: «la cultura che ha animato quel testo non è quella della regolarizzazione del problema dell'immigrazione, non il principio dell'efficacia ma della battaglia ideologica e propagandistica».

Per la Caritas Italiana, parla don Giancarlo Perone, responsabile dell'immigrazione: «Siamo completamente d'accordo con la Cassazione. Lo abbiamo detto subito che la Bossi-Fini non aiuta la solidarietà e l'integrazione della persona immigrata. La legge tratta l'immigrazione come un fenomeno da cui difendersi invece che affrontare come migliorare l'accoglimento e l’integrazione».

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