ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su IL MESSAGGERO
(Sezione:        Pag.     )
Luned́ 8 settembre 2003

 

Dopo l’allarme dei servizi segreti

Terrorismo islamico, il pm Dambruoso: serve un pool europeo


MILANO - Un organismo che serva a mantenere vivo e forte il coordinamento tra gli inquirenti di tutta Europa impegnati nella lotta al terrorismo islamico: che raccolga tutti i dati aggiornati delle indagini, spesso collegate, in corso nei Paesi europei, e favorisca la trasmissione degli atti da una nazione all'altra. La proposta viene lanciata dal pm Stefano Dambruoso, il magistrato milanese che indaga contro il terrorismo internazionale di matrice islamica, a pochi giorni da secondo anniversario della tragedia dell'11 settembre.
Dambruoso, anche alla luce del recente caso dello 'sceicco Abderrazak', coinvolto in una delle indagini milanesi ma arrestato e rilasciato in Germania nel giro di poco più di un mese per un'altra inchiesta, è convinto che una delle armi per stroncare il fenomeno sia una forte cooperazione internazionale.
Non pensa «a una superprocura che conduce le indagini», ma semplicemente a un organismo in grado di coordinarle, che dia la possibilità agli inquirenti di incontrarsi «almeno una volta al mese» per confrontarsi, e che «faccia pressione» per rendere più immediato lo scambio di documenti ed informazioni tra i vari paesi. «Sarà un punto di approdo - osserva - di un lavoro che passa attraverso l'acquisizione di un nuovo approccio investigativo».
Ma per arrivarci «è necessario attenuare le barriere formali ancora esistenti nella trasmissione di prove e atti da un Paese all'altro. Bisogna raggiungere, e ci arriveremo, il traguardo più difficile: lo spazio giuridico europeo». Per ora, però, solo qualche passo in avanti e niente di realmente concreto: «Nulla decolla perché deve cambiare la mentalità: ciascuno di noi è molto legato, anche se in buona fede, alle proprie indagini sulle quali mantiene il segreto», rileva il pm. E le legislazioni vanno armonizzate: «Non è possibile che ciò che è terrorismo in un Paese, pur nella stessa area europea, non lo sia in un altro. In questo modo - continua riferendosi nazioni dove estremisti hanno ricevuto asilo politico e circolano liberamente - ci sono scompensi che creano dei ”flussi”, un po’ come avviene con i paesi a regime fiscale più agevolato».
Su questa esigenza di coordinamento, Dambruoso è dunque sulla stessa linea di Tom Ridge, il responsabile della sicurezza interna degli Stati Uniti, che sabato, in un vertice col ministro dell'Interno Pisanu, ha auspicato una maggior collaborazione con l'Unione Europea nella lotta al terrorismo islamico.
«C'è un fenomeno - spiega - che secondo me è più preoccupante: abbiamo un frazionamento di gruppi locali che si ispirano ad Al Qaeda, che sono molto meno organizzati». Questo cosa comporta? «Prima c'era una struttura più facilmente controllabile dai capi ma anche da noi. Se scoprivi, almeno in Europa, persone inserite in un gruppo, seguendone i movimenti, riuscivi a risalire alle altre cellule, proprio perchè la struttura era associativa». Ora non è più così. Inoltre, se prima ci «potevamo aspettare fatti clamorosi» ora si teme l'iniziativa del singolo kamikaze.
Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano dice: «Le più recenti indagini delle forze di polizia e le indicazioni dei servizi di intelligence sullo scenario italiano non segnalano un mutamento in atto della situazione italiana. Il nostro Paese ha sempre avuto più che altro un ruolo di base logistica per i gruppi del terrorismo di matrice islamica, non di obiettivo di attentati».


    

 

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